La Posta formalizza la trasformazione dei due uffici in filiali con partenariato. Il Municipio ricorre a PostCom ma è pronto ad aprire le ex case comunali
La Posta ha formalizzato nelle scorse settimane al Municipio di Bellinzona la decisione di chiudere gli attuali uffici postali di Claro e Camorino, come già preannunciato nei mesi scorsi in occasione di incontri pubblici organizzati con la popolazione dei due quartieri (a Claro, dove si sono attivati l'associazione di quartiere e alcuni consiglieri comunali, era anche stata lanciata una petizione che ha raccolto 2'400 firme). L’opzione prevista dopo la chiusura è la trasformazione in “filiali in partenariato”. Solitamente si tratta di filiali postali inserite in esercizi commerciali già presenti sul territorio, mentre nei due casi specifici la soluzione che si prospetta come piano B – grazie all’interessamento e disponibilità del Municipio cittadino – è l’inserimento degli sportelli gialli nei rispettivi sportelli di quartiere multifunzionali ricavati nelle ex case comunali. Municipio che dal canto suo, come da prassi in questi casi, ha nel frattempo interposto due ricorsi all'autorità di vigilanza della Confederazione sul mercato postale (PostCom) opponendosi alla chiusura. Passo, questo, pure annunciato durante le serate informative. L’optimum, per l’Esecutivo, sarebbe infatti quello di vedere confermati i due uffici postali così come sono oggi; in alternativa, come detto, la Città si dice pronta a fare la sua parte.
Pendenti attualmente sono anche i ricorsi interposti lo scorso autunno, sempre alla PostCom, dai Municipi di Cadenazzo e Lumino contro le rispettive decisioni di chiusura. Intanto il 2 settembre, ricordiamo, a Lavorgo (quartiere di Faido, la cui autorità non ha ricorso preferendo una soluzione alternativa) verrà istituito il servizio a domicilio. Mentre a metà novembre ad Airolo la Posta traslocherà nel poco distante stabile della stazione ferroviaria, dove occuperà locali appositamente rinnovati in base ai moderni standard. Lo stabile attuale, progettato dall’architetto Rino Tami, nei mesi scorsi era stato adocchiato dall’Università della Svizzera italiana che intenderebbe inserirvi una propria ‘filiale’ attiva nello studio dell’economia alpina.