Dopo il taglio di personale deciso nel 2022, la società farmaceutica ristruttura ancora e introduce un piano sociale per i lavoratori lasciati a casa
Sono una quarantina i licenziamenti decisi dalla Helsinn di Pazzallo. Lo ha reso noto il sindacato Ocst, che è stato coinvolto dalla direzione della nota società farmaceutica con sede nel quartiere cittadino di Pazzallo, nella procedura di consultazione dei collaboratori prevista dalla legge. Il ridimensionamento dell’organico dell’azienda era stato annunciato lo scorso mese di agosto. Già allora, erano emerse le cause di questo provvedimento, ossia il rendimento economico ritenuto insufficiente dalla direzione del gruppo, che ha pertanto rivisto il proprio modello, gli investimenti, le priorità, nell’ottica di ottimizzare attività e costi.
La direzione dell’azienda, nei mesi scorsi, aveva comunicato ai dipendenti che la procedura era solo all’inizio di una prima fase di riflessione che prevedeva il coinvolgimento degli impiegati. Procedura che è stata rispettata, come conferma la nota stampa diffusa dall’Ocst mettendo in evidenza, che la società “già nel 2022 aveva dato seguito a un processo di ristrutturazione aziendale. Lo scorso settembre la direzione ha di nuovo previsto un piano di ridimensionamento e, nel rispetto delle procedure legali, ha avviato l’iter di comunicazione, consultazione del personale e informazione della Sezione del lavoro”. Come nel 2022, anche quest’anno, continua la nota sindacale, “sono stati preannunciati una sessantina di esuberi e, allora come oggi, l’impatto effettivo è stato alla fine mitigato: l’azienda ha comunque proceduto a notificare una quarantina di disdette”.
Nel frattempo, sono però state adottate una serie di misure alternative al licenziamento, tra le quali, spiccano i pre-pensionamenti, i cambi di ruolo e, quando possibile, la diminuzione degli orari di lavoro. L’Ocst, sottolinea che, “inoltre, alle persone in uscita, sono state concesse indennità ulteriori rispetto a quanto previsto in caso di disdetta e la possibilità di beneficiare di un servizio di outplacement (attività di ricollocamento, ndr). In altre parole, è stato attuato quello che sin dall’inizio Ocst chiedeva, ossia un piano sociale”. Il sindacato ha preso atto di quanto “fatto dalla Helsinn, delle motivazioni che hanno spinto l’azienda ad attuare un progetto di riduzione, del rispetto delle norme, dello sforzo di comunicare e dei tentativi di coinvolgere il personale implicato. Rimane l’amarezza per la perdita d’impiego subita da diversi collaboratori, sebbene si possa guardare con un certo ottimismo l’attuale mercato del lavoro nel settore farmaceutico e il possibile riassorbimento di parte del personale coinvolto”.
Tuttavia, evidenzia ancora l'Ocst, “oltre alle spiacevoli conseguenze poste a carico dei collaboratori, questa ristrutturazione manifesta ancora una volta la difficoltà ad affrontare, in caso di crisi aziendali, la dimensione collettiva e quindi – in un certo modo – la pretesa a voler gestire individualmente ogni negoziazione”. Il sindacato fa sapere che “la nostra ‘ostinazione’ non è di natura ideologica, non ci interessa difendere un principio astratto di giustizia sociale, ma al contrario è una constatazione molto concreta. Il caso Helsinn – al netto di tutto quanto messo a disposizione dall’azienda – fa emergere una leggerezza nella procedura prevista in caso di licenziamento collettivo. Sebbene la Legge imponga un coinvolgimento dei lavoratori (per i licenziamenti collettivi sono regolati dagli articoli 335d-335g del Codice delle obbligazioni), è evidente che, in assenza di una rappresentanza del personale, il confronto tra datore di lavoro e singolo collaboratore pone un problema oggettivo di equilibrio: il rapporto di forza – anche in considerazione del delicato momento – è tremendamente sbilanciato a favore dell’impresa”.
Dal punto di vista sindacale, è andata meglio rispetto alla ristrutturazione dell’anno scorso, la direzione della azienda biofarmaceutica globale che ha una forte attenzione alle terapie di supporto all’oncologia e alle malattie rare, «perlomeno ci ha segnalato la ristrutturazione prima e qualcosa in più ha fatto – ci conferma Paolo Coppi dell'Ocst –. Però, alla luce di quanto capitato in Helsinn e in altri casi, quando la procedura impone il coinvolgimento dei lavoratori, se il personale non è costituito in commissione, i dipendenti vengono convocati dalla direzione uno alla volta e si trovano in una posizione sfavorevole. Perché, per quanto il datore di lavoro possa essere gentile nel licenziamento, il dipendente è in una situazione emotiva di estremo svantaggio e questo limita la possibilità di individuare opzioni praticabili al posto della disdetta».
C’è dunque il rischio che il personale non venga realmente coinvolto. Per questa ragione, il sindacato non esita a rilevare che però “nell’ambito di una crisi aziendale, impedire un livello collegiale di confronto non fa che confermare la linea implicitamente imposta dall’azienda e rischia di non prendere in considerazione soluzioni veramente alternative. Questo accade anche quando il datore di lavoro pensa di approcciare la situazione nel migliore dei modi. Valutando comunque positivamente – rispetto al caso Helsinn – parte dei risultati ottenuti e la garanzia che la fase di ristrutturazione sia ormai archiviata, Ocst mette l’accento sull’importanza fondamentale della dimensione collettiva: senza la procedura prevista dalla legge si rivelerebbe una farsa. Non vi sarebbe alcuna consultazione effettiva e pertanto verrebbe meno il rispetto dei collaboratori”.
Settimana scorsa, al Cdt, Riccardo Braglia, il presidente esecutivo di Helsinn, confermando l’accordo di finanziamento firmato con BancaStato al posto di una precedente linea di credito di un fondo statunitense, aveva fatto sapere che i dipendenti che hanno perso il lavoro sono stati quasi tutti ricollocati in aziende farmaceutiche ticinesi o nel resto della Svizzera.