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Dalla paura nei rifugi alla motivazione negli spogliatoi dei Gdt

L’impegno della società turrita ha portato a offrire a giovani hockeisti ucraini l’opportunità di venire in Svizzera e giocare a Bellinzona

Alcuni scatti dell’allenamento di venerdì scorso al Centro sportivo
(Ti-Press/Golay)
3 ottobre 2022
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Difficile restare indifferenti osservando l’allenamento della squadra U15 dei Giovani discatori della Turrita. Insieme ai coetanei ticinesi, sul ghiaccio del Centro sportivo di Bellinzona sfrecciano anche i ragazzi ucraini fuggiti dalla guerra, accolti nelle scorse settimane nella Svizzera italiana e alloggiati insieme alle loro famiglie a Roveredo presso la Casa di cura Immacolata dove – come riferito sull’edizione di sabato – grazie alla collaborazione tra Cantone, Regione Moesa, Comune di Roveredo e Istituto scolastico, da lunedì scorso hanno iniziato le lezioni di matematica e italiano. A bordo pista, unitamente al loro maestro Romano Losa e al capo dello Stato maggiore di condotta Regione Moesa Moreno Monticelli, il direttore sportivo dei Gdt Nicola Pini osserva soddisfatto il risultato di un’iniziativa di solidarietà resa possibile in particolare dai contatti dell’allenatore professionista Dimitri Tsygurov. «A metà luglio ho sentito un mio vecchio amico con cui ho giocato in Russia ai tempi dell’Unione sovietica, il quale è nello staff tecnico di questa sorta di selezione di giovani talenti creata un anno fa nella zona di Kiev con l’intento di rilanciare il movimento hockeistico ucraino – racconta il 55enne nato in Russia ma da decenni in Ticino dove in passato ha allenato tra le fila dell’Ambrì Piotta e del Lugano –. Ovviamente – prosegue Tsygurov – una volta scoppiata la guerra non hanno più potuto allenarsi. Alcuni ragazzi sono stati a lungo nei rifugi sotterranei, a causa di quello che succedeva fuori».

La forza dello sport

La società bellinzonese si è inizialmente rivolta ai servizi ticinesi per la ricerca di un alloggio dove poter ospitare i giovani e le loro famiglie (una quarantina le persone attualmente alloggiate in Mesolcina). «Ci è stato detto che in Ticino non c’era più spazio, e ci siamo quindi rivolti al Canton Grigioni, che tramite i propri uffici ha indicato la disponibilità per la soluzione poi attuata a Roveredo», spiega Pini. Dei tredici ucraini arrivati tra metà agosto e metà settembre (altri due arriveranno nei prossimi giorni), alcuni sono stati inseriti nella squadra U13, mentre i più grandicelli nelle due compagini U15. «Il livello è buono – sottolinea il direttore sportivo –, tant’è che due di loro sono già saliti in Leventina per svolgere allenamenti con l’Ambrì Piotta». Il loro inserimento nelle squadre giovanili è stato agevolato dal fatto che di fronte al conflitto scoppiato lo scorso febbraio, la Federazione considera di fatto gli ucraini che arrivano sul territorio nazionale per giocare a hockey come se fossero svizzeri (anche nelle giovanili c’è un massimo di giocatori con cittadinanza straniera da schierare). In questo modo possono anche scendere in pista per la partite di campionato. «Poter venire qui con la possibilità di giocare a hockey è per loro il massimo, anche per le famiglie. In queste settimane abbiamo avuto la bella conferma che lo sport aiuta moltissimo in simili situazioni: si sono integrati molto bene, e anche noi ticinesi abbiamo già imparato alcuni aspetti della loro cultura. È un’esperienza positiva per tutti, sia per i nostri giovani, sia per noi allenatori».

‘Speriamo che possano tornare a casa il prima possibile’

Oltre a organizzare il trasporto da e per Roveredo, i Gdt propongono anche allenamenti pomeridiani unicamente per i ragazzi ucraini affidati a Nenad Ilic e Tsygurov, figura chiave anche per quanto riguarda la lingua. «Ma i ragazzi riescono a comunicare fra loro, con un po’ di inglese e qualche parola in italiano che gli ucraini hanno già imparato. Credo che siamo uno dei pochi club che ha avuto l’occasione di aprire le porte a un gruppo così ampio. Ragazzi determinati a dare una mano alle nostre squadre. Ovviamente l’auspicio è che la guerra finisca presto e possano tornare a casa – conclude Tsygurov –, ma nel frattempo siamo felici e fieri di offrire loro questa possibilità».

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