laR+ Sportellate

Le battaglie mai finite dei nativi americani

La nazionale di lacrosse degli irochesi – che furono gli inventori di questo sport – rischia di non poter prender parte alle Olimpiadi del 2028

19 ottobre 2023
|

Non molti giorni fa avevo accennato al fatto che lo sport del lacrosse fosse stato inventato da quelli che impropriamente chiamiamo indiani d’America, i cui discendenti ancora oggi sono fra i migliori interpreti della disciplina, tanto da avere dal lontano 1983 una propria nazionale – quella irochese – che prende regolarmente parte alle maggiori competizioni sfidando le rappresentative di Usa, Canada e di tutti gli altri Paesi in cui questo gioco ha attecchito. E ora si è avuta conferma che lo sport in questione sarà presente ai Giochi di Los Angeles del 2028. La domanda sorge spontanea: la selezione irochese – che è terza nel ranking mondiale – potrà partecipare alle Olimpiadi con una sua bandiera e un suo inno nazionale?

La risposta è molto semplice: allo stato attuale delle cose, no, perché il Cio ammette alle sue competizioni solo chi è provvisto di un proprio comitato olimpico nazionale, che i nativi americani non posseggono perché, salvo rarissime eccezioni come la Palestina, ad averne uno sono soltanto gli Stati veri e propri.

Un problema che agli irochesi si era già presentato nel 2022, in occasione dei World Games svoltisi a Birmingham, in Alabama, dai quali erano stati inizialmente esclusi pur essendo arrivati terzi agli ultimi Mondiali. Il motivo? La manifestazione era legata al Cio che, come detto, ha le sue regole. Al posto della rappresentativa ‘pellerossa’ furono invitati gli irlandesi, che però declinarono. Quel ticket appartiene agli irochesi – dissero –, e addirittura lanciarono una petizione per il reintegro dei Natives che, grazie alle 50mila firme racimolate un po’ ovunque nel mondo, infine fu accolta, anche grazie ai Comitati olimpici canadese e statunitense, che dichiararono di non avere nulla in contrario a quello strappo alla regola.

Gli irochesi, chiamati anche haudenosaunee – una confederazione formata dalle popolazioni mohawk, onondaga, oneida, tuscarora, seneca e cayuga che vivono a cavallo di Usa e Canada – come detto, s’inventarono almeno 500 anni fa il lacrosse, che in origine si chiamava ‘piccola guerra’, essendo usato non solo a scopo agonistico, ma pure per dirimere – senza l’uso di armi – contenziosi minori dentro il clan o fra una tribù e l’altra. Ed è quantomeno curioso che, se non cambierà nulla, a mancare nel torneo più prestigioso, quello a cinque cerchi, sia proprio chi questo sport l’ha ideato.

La soluzione? Mettere insieme al più presto un Comitato olimpico irochese. Impresa tutt’altro che semplice, visto che il Cio permette che ciò avvenga solo se chi ne fa richiesta è un Paese riconosciuto da almeno la metà dei membri delle Nazioni Unite: utopia pura.

Lyle Thompson, figura di spicco del lacrosse, ha recentemente dichiarato che lui e la sua gente sono pronti a combattere per la loro sovranità al cospetto del Comitato olimpico internazionale. ‘Possediamo la nostra terra – ha detto – le nostre proprie leggi, i nostri capi e i nostri rappresentanti politici, e dunque vogliamo giocare e sfilare a Los Angeles con la nostra bandiera. Non solo per gli haudenosaunee, ma per tutti gli altri popoli indigeni. Vogliamo essere riconosciuti per ciò che siamo e per ciò che siamo sempre stati’. Una battaglia che mi sento di condividere, per quanto il mio parere conti meno di nulla.

La speranza è che il Cio, alla fine, accolga la richiesta dei nativi nordamericani a prescindere dalle regole fin qui vigenti, e che provveda dunque a fare un’eccezione. Il rischio, nel caso la postulazione irochese andasse a buon fine, è che ciò possa costituire uno scomodo precedente: a fare lo stesso tipo di richiesta, infatti, in futuro potrebbero essere gruppi interessati – più che a competere ai massimi livelli in un determinato sport – soltanto alla valenza politica che un eventuale riconoscimento olimpico si porterebbe appresso, specie se l’unico obiettivo è quello di ottenere l’indipendenza dallo Stato a cui appartengono e da cui vorrebbero affrancarsi.