Dopo quattro successi di fila i bianconeri incassano a Langnau la loro seconda sconfitta della stagione. ‘Eravamo in controllo, avremmo dovuto chiudere’
Chissà cosa passa per la testa di Luca Gianinazzi a meno di quattro minuti dal sessantesimo, quando vede Radim Zohorna accasciarsi al suolo davanti alla porta avversaria, colpito dall’incolpevole Joly, oltretutto. Dopo che qualche ora prima lo stesso coach bianconero aveva saputo che non avrebbe potuto contare per altri tre mesi su Thürkauf (il quale però, almeno, non dovrà farsi operare al ginocchio, e questa è già una buona notizia) e per un paio di settimane neppure su Schlegel, confrontato con un guaio muscolare a una gamba. Per fortuna di Gianinazzi, e non solo sua, un paio di cambi dopo Zohorna è però nuovamente in piedi, al centro di una linea che avrà cambiato fisionomia due volte in corso d’opera. Infatti, dopo aver buttato all’aria quasi tutte le linee dopo la vittoria di sabato sul Kloten – con un’unica eccezione, quella dello scatenato Fazzini –, a Langnau nel finale di partita il tecnico ticinese ridisegna il terzetto del ventottenne ceco e del topscorer Carr, con Marco Müller che prende il posto di un evanescente Reichle, probabile tentativo per dare più peso offensivo a una linea che, da sola, potrebbe dare la seconda svolta a una partita che in partenza sembrava aver subito preso una piega favorevole ai ticinesi. Infatti, non passano neppure sei minuti e il Lugano è già avanti di un gol, rete attribuita a Marc Arcobello ma di cui buona parte del merito va ascritta a Nick Meile, ventenne sbarcato un paio di settimane fa da Berna e che sul ghiaccio di Langnau è al suo debutto nelle retrovie, vista l’assenza dell’ammalato Guerra. E il giovane difensore numero 48 si fa subito notare, recuperando il suo primo disco al primissimo shift e poi scaricando in porta il suo primo puck, per un tiro appoggio che – appunto – si trasforma nel più invitante degli assist per lo scafato sniper americano.
E chissà come sarebbe andata a finire, se quella giravolta del funambolico Joly, che piazza d’istinto il disco nel ‘sette’ in avvio di tempo centrale, si fosse effettivamente trasformata nel raddoppio. Invece, quelli del Langnau s’accorgono che qualcosa non quadra, e le immagini tivù danno loro ragione: gli arbitri che lì per lì avevano concesso la rete, davanti allo schermo sono costretti ad annullare, poiché in precedenza c’era stato un tocco di Zohorna con la mano in favore dello stesso Joly. Tutta l’importanza di quella rete negata la si avvertirà venticinque minuti dopo, al 47’21’’, quando gli uomini di Paterlini pareggeranno i conti, grazie a un gol arrivato assolutamente dal nulla, al termine di una ripartenza nata dallo scivolone di un Sekac apparso nell’occasione parecchio attivo. A quel punto, la partita è più incerta che mai, e tutti sanno che basterebbe un episodio per deciderla: purtroppo per il Lugano, quell’episodio arriva all’1’35’’ del prolungamento, quando Pesonen e Saarijärvi beneficiano di un po’ troppo di spazio in entrata di terzo, e il siluro del difensore finlandese col vizio del gol (non a caso, è lui il topscorer dei Tigrotti) fulmina il povero Van Pottelberghe per il definitivo 2-1. «È un peccato che sia finita così – dice Marco Müller ai microfoni di Rsi –. Abbiamo controllato la situazione per gran parte del match, ma credo ci sia mancato quel 5-10% di sforzo in più per chiudere: così il Langnau è rimasto in vita e ha sfruttato un’occasione per rientrare. Il 2-0 di Joly? Sicuramente ci avrebbe aiutati, ma sta a noi giocatori insistere e cercare nuovamente la seconda rete, invece abbiamo perso il ‘momentum’, commettendo alcuni errori che hanno reso la vita più facile agli avversari».