Nicola Mona: 'Fermare il campionato per un paio di mesi sperando che poi la situazione sarebbe migliorata era un'idea, ma non la più plausibile'
La notte porta consiglio. Ma stavolta i contorni del quadro disegnato ieri dal nuovo giro di vite deciso dal Consiglio federale in materia di manifestazioni sportive non si sono fatti più chiari dopo averci dormito su. Anzi, all’indomani delle decisioni del Governo, adesso per i dirigenti dei vari club di hockey (e non solo per loro) è tempo di rimboccarsi ulteriormente le maniche per mettersi al lavoro. Lavoro che, invero, i Ceo dei club di Lega Nazionale hanno già iniziato a sbrogliare ieri, in occasione di una videoconferenza, al termine della quale sono giunti alla decisione di andare avanti con il campionato almeno fino al 1° dicembre (compreso), per poi fare nuovamente il punto alla situazione.
«Da già complicata, dopo le ultimi decisioni del Consiglio federale, la situazione dell’hockey, e dello sport in generale, si è fatta, se possibile, ancora più delicata - commenta Nicola Mona, direttore generale dell’Ambrì Piotta -. E in una situazione così, è inevitabile che ogni società pensi prima di tutto alla sua sopravvivenza. È inevitabile, e in fondo anche giusto che sia così: siamo tutti sulla stessa barca, e tutti siamo messi così male che occorre prima di tutto trovare il modo per scongiurare il peggiore degli scenari. È in quest’ottica che, subito dopo le comunicazioni da Berna, tutti i Ceo delle società di National League si sono consultati in una videoconferenza. Ognuno ha portato le sue idee e fatto le sue proposte circa il prosieguo della stagione». Dalla consultazione, come detto, si è così arrivati alla decisione di andare avanti fino a inizio dicembre, per poi fare nuovamente il punto alla situazione. «Una scelta non scontata, ma, a maggioranza, che è stata ritenuta quella al momento più appropriata fra le opzioni sul tavolo. O, meglio, la… meno peggio. Scartata in partenza l’eventualità di chiudere qui tutto, c’era ad esempio chi avrebbe visto di buon occhio uno stop momentaneo dei campionati per poi riprenderli in gennaio o febbraio, ma alla fine delle discussioni tutti hanno comunque propeso per andare avanti a titolo provvisorio per un altro mese prima».
Quanto deciso mercoledì dal Consiglio federale in materia di manifestazioni sportive, considerato il sensibile aumento del numero di contagi, era comunque in fondo prevedibile… «Sebbene nei nostri incubi peggiori avevamo già visto profilarsi un simile scenario, per tutti noi si è comunque trattato di una doccia fredda, gelata: era uno scenario possibile, temuto, e che, ahimé, si è avverato».
Il lavoro dei Ceo non si è comunque esaurito prendendo la decisione di andare avanti per un altro mese. Anzi, da fare ce n’è ancora parecchio altro... «A questo punto per noi si aprono diversi fronti di lavoro. Visto che i parametri sono cambiati, ora ogni club adesso dovrà (ri)fare i propri conti. È vero che uno scenario con zero spettatori l’avevamo già preso in considerazione negli scorsi mesi, ma allora non erano stati contemplati tutti quegli investimenti che poi ogni società ha dovuto fare per ottemperare ai piani di sicurezza. Siamo in una fase un po’ ibrida, con da una parte i costi generati da questi adattamenti fatti per garantirci un minimo di spettatori, e dall’altra la consapevolezza che nonostante ciò le partite si giocheranno senza pubblico… Ognuno dovrà rivedere i propri conti, rifare le previsioni e vedere dove quelle lo porteranno. Come Lega, invece, nelle prossime settimane si tratterà di lavorare sul fronte dei contatti con le autorità politiche, in particolare per quel che concerne gli aiuti federali alle società sportive. Sia in termini di prestiti (rimborsabili o, come ci auguriamo, a fondo perso), sia in termini di orario ridotto, perché anche quest’ultimo è un tema che torna d’attualità, anche perché in questa fase i contratti a tempo determinato non sono più autorizzati ad accedere all’orario ridotto, come invece era stato il caso nel primo lockdown. Il potervi fare capo anche adesso sarebbe sicuramente un salvagente, seppure piccolo per far fronte a tutta la tempesta. E cercheremo anche di far riconoscere il diritto di accedere al lavoro ridotto anche i giocatori, visto che sì dovranno continuare a giocare, ma nell’impossibilità di ‘vendere’ il loro prodotto a chi ne fruisce, ossia il pubblico».
Come mai la decisione di fare nuovamente il punto alla situazione il 2° dicembre? «Il giorno prima si completeranno i quarti di finale di Coppa Svizzera, e quello ci è sembrato il momento ideale per rivalutare la situazione in base anche all’evoluzione dell’emergenza sanitaria. E fino a quella data, come dicevo, porteremo avanti un lavoro praticamente quotidiano sui diversi fronti. Come quello dei prestiti: dovremo valutare l’eventualità di accedere ai prestiti che erano stati concessi (75 milioni per quest’anno e altrettanti per quello seguente), lavorando al tempo stesso per far sì che gli stessi possano essere eventualmente convertiti in contributi a fondo perso. Prestiti a cui ora come ora non abbiamo ancora fatto capo, ma che se del caso vanno sollecitati entro fine anno per la parte relativa al 2020».
Cosa sarà delle tribune provvisorie installate in tutto lo stadio? «Dal profilo pratico, l’attuale struttura della Valascia non cambierà, da un lato la speranza che prima o poi si torni a una certa normalità c’è sempre, e dall’altro perché, comunque, questo comporterebbe ulteriori spese».