Una doppietta del difensore manda la Nazionale di Montella ai quarti: 2-1 e brivido finale con Günok che nega il pareggio a Baumgartner allo scadere
Aveva segnato solo due gol con la maglia della Nazionale, uno a Gibilterra e un altro alle Far Oer; ieri Merih Demiral, professione difensore, ha spedito con una doppietta la sua Turchia ai quarti di finale dell’Europeo, dove troverà l’Olanda. Da lì uscirà la seconda semifinalista dal lato del tabellone della Svizzera, che in caso di successo sugli inglesi avrebbe un confronto alla sua portata sulla strada che riporta a Berlino, dove Xhaka e compagni hanno eliminato l’Italia.
La Turchia ci è arrivata però col fiatone, nonostante il doppio vantaggio, in una partita in cui nei tre minuti iniziali era già successo di più che in tutta Francia-Belgio: una prima incursione in area degli austriaci interrotta da un’uscita di Günok, il parapiglia che ha portato al gol del vantaggio di Demiral (dopo soli 58 secondi), un quasi-gol di Baumgartner e due corner consecutivi con la palla che danza davanti alla riga fino alla deviazione – altrettanto decisiva, ma questa volta difensiva – di Demiral.
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Il secondo gol di Demiral
Entrambe le squadre avevano dovuto rinunciare ai loro capitani, Alaba e Calhanoglu: gli austriaci fin dall’inizio del torneo (per infortunio), i turchi per via di un’ammonizione (e conseguente squalifica) rimediata dal suo regista nell’ultima gara del girone.
L’Austria, andata subito sotto, preme, ma perde efficacia col passare dei minuti, mentre si fanno notare giovani (Baris Yilmaz, del Galatasaray, classe 2000, nel mirino – si dice – di Tottenham e Manchester United) e giovanissimi turchi (il predestinato Arda Güler, già del Real Madrid, classe 2005): Güler cerca il gol da centrocampo, ma la mira è sballata, mentre Yilmaz fa venire il mal di testa al suo marcatore Mwene (poi sostituito all’intervallo). Solo quasi allo scadere del tempo, quando perfino gli scatenati tifosi turchi (in nettissima maggioranza a Lipsia) riposano la voce e inizia a piovere con insistenza, l’Austria ci riprova con Baumgartner.
Nella ripresa il gioco fluido mostrato fin qui dall’Austria (prima nel girone di Olanda e Francia, entrambe qualificate ai quarti) si vede solo a sprazzi, limitato dall’aggressività dei turchi. Se attacca lo si può capire anche a occhi chiusi: più si alza il volume dei fischi dei turchi, più gli austriaci sono vicini alla porta di Günok.
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La delusione degli austriaci a fine gara
Al 59’ arriva il bis di Demiral, con un colpo di testa su calcio d’angolo. Ma l’Austria ha la forza di raddrizzare la gara sei minuti dopo con il subentrato Gregoritsch, lasciato tutto solo sul secondo palo su un corner da destra. Muscolare, brava a recuperare la palla, ma poi imprecisa nel gestirlo, la Turchia a un certo punto si trova stretta nella sua trequarti, affidandosi – per respirare – quasi esclusivamente a Baris Yilmaz, su cui gli austriaci - che l’hanno capito – ormai raddoppiano, triplicano e poi ripartono per sbattere più o meno sempre contro Demiral.
Sembra finita, ma Yilmaz – sempre lui – fallisce in contropiede il colpo del ko. Sul ribaltamento di fronte, svetta Baumgartner di testa, sembra imparabile, ma Günok ci arriva, salvando la festa a sé stesso, a Demiral e a uno stadio che per un paio di secondi era rimasto ammutolito.
Il tempo di riprendere fiato e si torna a urlare più forte di prima. Il sogno ora è arrivare in finale, trovare la Germania, batterla. Svizzera permettendo.
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La gioia dei turchi sotto la loro curva
Marcel Sabitzer o Arda Güler? Ralf Rangnick o Vincenzo Montella? Wolfgang Amadeus Mozart o Mustafa Kemal Atatürk, il suonatore di musiche ottomane con il saz (con la z) o il tizio male in arnese con un flauto da recita scolastica che si esercita con un valzer? Lipsia nel giorno di Austria-Turchia sembra una di quelle aste del fantacalcio finite troppo tardi, troppo male e con troppe birre, sconfinate in uno sketch alla Monty Python. Mozart spunta alla fermata della Strassenbahn. Anzi, due Mozart. Stessa parrucca, stesso abito che sembra rubato dal set di “Amadeus” e una sola differenza, uno ha al braccio una fascia da capitano con i colori della bandiera austriaca. L’altro no. Ma le differenze sono due: quello con la fascia si fa fotografare, l’altro fa il timido, e dire che se ti vesti come Mozart per strada è difficile passare inosservato.
R. Scarcella
Capitan Mozart
Sul binario della stazione di Düsseldorf da dove ero partito, c’era invece un olandese che avrebbe potuto essere il perfetto capostazione di un film Disney in stile “Pomi d’ottone e manici si scopa” (dove tra l’altro si gioca una partita di calcio): cappello arancione, maglia della Nazionale, una specie di tasca con la bandiera del suo Paese e una giacca - arancione anche quella - che pare fabbricata dentro un cliché, con su disegnati zoccoli, tulipani, mucche, formaggi, birre, mulini a vento e la scritta tricolore Holland, alla faccia di chi si ostina a chiamarli Paesi Bassi, come vorrebbe la diplomazia, ma non la storia del calcio. Lui, che si chiama Rutger, e viene da Venlo, proprio al confine con la Germania, è diretto a Monaco, dove c’è Olanda-Romania. Le nostre strade si separano a Francoforte, dove il treno per Lipsia ha iniziato a riempirsi di austriaci. I miei vicini di posto bevono Stiegl, birra autarchica con sopra disegnati i calciatori della loro Nazionale.
E i turchi? Sono già in giro per Lipsia, con le loro bandiere, a comprare altre bandiere e qualsiasi cosa ricordi il loro Paese. Vanno a ruba anche le sciarpe con scritto per metà Austria e metà Turchia, anzi da una parte Österreich e Türkei, dall’altra Avusturya (quante cose s’imparano) e Türkyie. I colori sono gli stessi, bianco e rosso. A tal punto che quando nella grande piazza del mercato – quella invasa pochi giorni fa dai tifosi croati, eliminati da Zaccagni eliminato dalla Svizzera – inizia una partita tra i tifosi delle due squadre è difficile capire chi sta con chi. Tempo di fare un gol a testa e la polizia ferma tutto. Non si sa mai.
R. Scarcella
Un tifoso olandese diretto a Monaco
Tra la gente spicca un gruppo in cui un ragazzo indossa a mo’ di mantello una bandiera con il volto di Atatürk, il padre della patria, figura talmente amata da essere contesa tra le tre grandi squadre del calcio turco: Besiktas, Galatasaray e Fenerbahce. Tutti e tre i club hanno una sezione del loro sito dedicata a lui e tutte cercano di tirarlo dalla propria parte, anche se pare preferisse il Fenerbahce. L’amico del ragazzo con Atatürk sulla schiena, lo indica e si limita a dirmi: “Lo conosci? Lui è il migliore”. Una volta allo stadio, il più ammirato – va detto – non è Atatürk, ma un tifoso scozzese con maglia gialla della sua Nazionale e kilt d’ordinanza che tira fuori, chissà come, cori da curva dalla sua cornamusa.
R. Scarcella
I tifosi turchi e il mito di Atatürk