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Georgia on my mind

L'entusiasmante calcio di Kvaratskhelia e compagni, fatto di dribbling, giocate ultratecniche e ripartenze fulminee è contagioso. E può far innamorare

28 giugno 2024
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Innamorarsi a Gelsenkirchen, che non sembra proprio il luogo adatto. Eppure è successo. Indossava una maglia rossa, i pantaloncini neri, i calzettoni ton sur ton e faceva cose che ormai non fa quasi più nessuno su un campo di calcio. Ed era bellissima. Si chiama Georgia, e ora chi se la toglie più dalla testa.

Avevo iniziato ad adocchiarla nella sua gara d’esordio dell’Europeo, contro la Turchia, forse la più spettacolare di tutta la fase a gironi. Si erano presi a pugni come quei pugili suonati che nelle ultime riprese non hanno più la forza di alzare la guardia e fanno a chi mena di più. Un paragone magari poco romantico, ma qui siamo pur sempre nella Ruhr.

La Turchia, che era favorita, alla fine aveva vinto 3-1, meritando. Ma la Georgia aveva mostrato qualcosa di diverso, quasi inedito per chi per la prima volta partecipava a un Europeo: sfrontatezza, innanzitutto. E poi ti dava un senso di libertà. Non che non sia una squadra organizzata, ormai lo sono (quasi) tutte. Ma ogni volta che avanzava non sembrava un’azione d’attacco, sembrava un assalto di cavalleria.

Dopo il pareggio 1-1 con i cechi erano però con le spalle al muro. E, messe alle strette, squadre così, che coi calcoli si trovano a disagio perché c’è qualcosa che gli monta dentro, danno il meglio. Certo, li ha aiutati anche il fatto che l’avversario Portogallo – già qualificato – ha tolto otto titolari, e che uno degli otto sostituti gli ha regalato la palla perfetta per il loro gioco dopo un minuto, ma poi le cose te le devi andare a prendere. E loro lo hanno fatto con questo stile da assalto alla diligenza.

La corsa coi calzettoni abbassati di Kvarastkhelia, gli strappi del numero 10 Chakvetadze, le giocate ultratecniche di Mikautadze, le grandi parate di Mamardashvili, che ha queste braccia lunghe da portiere dei cartoni animati: c’è qualcosa in quel mix che ne fa una squadra di irregolari.

Non è e non sarà la più forte del torneo, ma è la più entusiasmante (insieme alle due ali della Spagna). E in un calcio spesso compassato, in cui (molto a torto e un po’ a ragione) si critica un approccio troppo cervellotico e pensato degli allenatori, che fa del campo di calcio una scacchiera e del gioco un sistema chiuso, talvolta claustrofobico, pare che la Georgia abbia scelto una strada opposta: una decisione non solo filosofica, ma figlia delle caratteristiche dei suoi giocatori migliori.

C’è una statistica, che misura la velocità con cui le 24 squadre dell’Europeo arrivano in porta: si chiama “Directness”. Nonostante un talento complessivo della rosa non eccezionale, la Georgia in quella statistica è quarta. Ed è prima per dribbling tentati. E il dribbling, da sempre, è l’atto più sovversivo – tra quelli permessi dalle regole – del calcio.

Già invaghito della Georgia, con il Portogallo ci sono stati due momenti che hanno portato all’innamoramento: quando, ormai sul 2-0, Kvara si è portato a spasso per il campo 5-6 portoghesi, senza nemmeno avanzare, come se la porta non contasse più. E poco dopo, quando Mikautadze, al limite dell’area, fa passare la palla sotto la suola con un numero da vecchio calcio di strada e inventa un assist facendo tunnel a un difensore. Quella giocata mi ha ricordato un altro amore pallonaro, Adel Taarabt, talento marocchino mai sbocciato del tutto e ormai perduto nel campionato degli Emirati. Ogni tanto, in cerca di bellezza, vado a frugare tra le sue giocate nei video di YouTube, meglio ancora di notte, quasi fosse un atto clandestino. Quando è così è amore.

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