Kvaratskhelia e compagni ci hanno ricordato come libertà, leggerezza e capacità di assecondare il talento siano importanti nel calcio, ma non solo
Io li ho visti da vicino i tifosi georgiani agli Europei, li ho visti esultare e ridere e piangere, li ho fotografati, ci ho viaggiato accanto. Avevano tutti quella stessa espressione felice, incredula e insieme commossa che ti immagini sulle facce di quelli che a sessant’anni o giù di lì prendono e vanno a vedere per la prima volta il mare.
Da quello stesso mare – che non avevano mai frequentato, essendosi qualificati per la prima volta a un Europeo – i giocatori della Georgia potevano farsi spaventare, decidendo intanto di immergere prima un piede per vedere com’era l’acqua o farsi dare un salvagente, e invece hanno deciso di buttarsi e vedere l’effetto che fa. Naufragar gli è stato infine dolce in questo mare tedesco increspato dalle ondate di calcio spagnolo. E pazienza che sia finita 4-1 per gli altri e che a un certo punto sembrava potessero prenderne otto. I georgiani ci hanno dato una lezione di leggerezza e libertà, di cui tutti dovremmo fare tesoro, specialmente l’Italia, che con la Spagna aveva perso solo 1-0, ma mostrando la stessa vitalità di un punching ball, rinunciando non solo a giocare, ma – ed è pure peggio – a darsi un’anima, un motivo per resistere che andasse al di là, appunto, del resistere fine a sé stesso.
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Kvaratskhelia in fuga dagli spagnoli
La Georgia ha fatto l’opposto: ugualmente sconfitta, ma senza rimpianti, felice e più applaudita dei vincitori. I fanatici del risultato a tutti i costi, del “quanti trofei hai vinto?”, nel calcio e nella vita, avranno fatto fatica a capirla. Poveri loro.
Entrare in sintonia con questa banda di matti è stato uno di quei bei viaggi che vale sempre la pena fare anche se non ti portano da nessuna parte. Tra tunnel in difesa in serie, un numero insensato di dribbling, tiri da centrocampo dopo un gol subito o come soluzione alternativa a un portiere fuori dai pali, come all’oratorio, ed esultanze di gruppo dopo un corner concesso, i georgiani ci hanno ricordato che tutto si può fare, basta volerlo e accettarne le conseguenze.
Certo, l’allenatore – il francese Sagnol – non è così matto. Anzi. Ha semplicemente assecondato l’indole dei suoi giocatori migliori: la star Kvarastkhelia, ma anche Mikautadze e Chakvetadze – bravi nell’uno contro uno e capaci di soluzioni estemporanee, in cui tecnica e istinto vanno a braccetto – hanno trascinato la squadra in una trance collettiva in cui tutto pareva possibile. E per un bel po’ lo è anche stato. La prima mezz’ora con la Spagna è stata un concentrato di talento e abnegazione che ha fatto sì che anche i meno dotati provassero cose che forse non avrebbero dovuto provare, riuscendo.
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Mikautadze festeggia dopo il gol del 2-0 al Portogallo
Andati in vantaggio su una ripartenza fulminea in campo largo, diventata la loro firma, i georgiani hanno trovato un equilibrio tra strenua difesa e ricerca della giocata spettacolare che stava innervosendo gli spagnoli ed esaltando il pubblico. Poi al 39’ si infortuna Kiteishvili e la Spagna fa furbescamente girare il pallone finché lui, zoppicante, non si ferma, aprendo uno spazio per Rodri: è l’1-1 a pochi minuti dalla fine del primo tempo. Che lì potesse finire anche altro era ormai chiaro a tutti. Però la Georgia non si è snaturata, ha sfiorato il vantaggio e poi cercato sul finale il gol del 2-4 infischiandosene della possibilità, così facendo, di prenderne cinque.
È la seconda volta che in questa rubrica finiamo col parlare della Georgia: anche se già eliminati non escluderei una terza o una nuova rubrica solo su di loro per vedere se rimangono così, a ricordarci le infinite possibilità del fare le cose restando sé stessi. Chi è d’accordo alzi la mano. Anzi, faccia un tunnel.
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Il gol del vantaggio georgiano contro la Spagna