Il compito richiede più persone di bilancia che di spada. La nomina di Pedrazzini suona rassicurante.
La Radiotelevisione svizzera è un po’ più di lingua italiana, con la nomina di Luigi Pedrazzini a vicepresidente del Consiglio d’amministrazione della Ssr?
In parte certamente sì: per quanto legata alle dimissioni dell’attuale vicepresidente, il romando Jean-François Roth, questa nomina è indubbiamente un segnale importante per la minoranza italofona. Se in altri settori quella solidarietà su cui si basa il federalismo elvetico viene sempre più spesso messa in discussione, rimane centrale alla Ssr, e questa è certamente una buona notizia. Pensando alla chiave di riparto – quella che, in poche parole, ci permette di dare il 4 per cento dei proventi del canone e ricevere oltre il 20 per cento delle risorse, con tutte le conseguenze occupazionali del caso –, al sostegno diretto e indiretto che arriva a molte realtà culturali della Svizzera italiana, al futuro digitale di Rsi La2, è una rassicurazione sapere che la voce di Luigi Pedrazzini è apprezzata e stimata tanto da meritarsi la vicepresidenza. A Berna: in Ticino, come sappiamo, la rappresentatività della Corsi, la Società cooperativa per la Rsi, è almeno a livello politico messa in discussione, ma questo è un altro discorso.
Se Pedrazzini siede nel Consiglio di amministrazione della Ssr in qualità di presidente della Corsi, non va dimenticato che su quella poltrona è chiamato a ragionare, e a prendere decisioni, in ottica nazionale e non regionale, come lo stesso Pedrazzini ha tenuto a precisare nell’intervista al nostro giornale. Insomma ci si può aspettare un occhio attento alla realtà della Svizzera italiana, non un occhio di riguardo e certamente anche per Comano arriveranno scelte sofferte e impopolari, come del resto sono già arrivate in passato.
Perché, e scusate se ribadiamo l’ovvio, l’attuale sfida per la Ssr non è tanto la costruzione di un consenso condiviso sul servizio pubblico finanziato dal canone, quanto la rivoluzione digitale, con i nuovi media che non solo portano il pubblico altrove, ma soprattutto portano altrove la pubblicità (che, a livello nazionale, costituisce una parte importante delle entrare della Ssr). In parole povere: tutti noi, giovani e meno giovani, stiamo sempre meno davanti alla tv e sempre più con lo smartphone in mano, profilati da colossi come Google e Facebook che grazie ai nostri dati fagocitano il mercato pubblicitario. Per la Radiotelevisione svizzera – ma in generale per tutti gli operatori, giornali compresi – questo significa trovare un modo per essere presenti nei nuovi media evitando di regalare introiti pubblicitari alle multinazionali del digitale. E a questo compito già arduo, si unisce la necessità di non trascurare l’ancora importante pubblico “tradizionale” (e abbiamo visto le reazioni se, in un momento come il ballottaggio per gli Stati, viene meno la diretta televisiva) e di venire incontro alle richieste della politica. Il compito, come si vede, richiede più persone di bilancia che di spada: anche per questo la nomina di Luigi Pedrazzini a vicepresidente del Cda della Ssr suona rassicurante.