laR+ IL COMMENTO

Addio all’impero del gas russo

La politica di Vladimir Putin è riuscita nell’ardua impresa di farsi cacciare fuori dai Ventisette. Mosca perderà così 5 miliardi di dollari l’anno

In sintesi:
  • Colpire il portafoglio di Putin sembra essere l’unica strategia per portarlo a più miti consigli
  • Ecco perché Kiev e l’Unione europea gli chiudono il rubinetto 
(Keystone)
4 gennaio 2025
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Era una gallina dalle uova d’oro; un pozzo di ricchezze senza fondo; un abbraccio geopolitico con vantaggi comuni incommensurabili. La Russia dà di fatto l’addio al mercato europeo del gas, di cui, nei bei tempi andati, deteneva una quota vicina al 45% del volume totale. Le rimane un ramo secondario del TurkStream che fornisce gas solo a Serbia e a Ungheria.

La politica di Vladimir Putin è riuscita nell’ardua impresa di farsi cacciare fuori dai Ventisette. Riuscirci non era facile, ma l’attuale dirigenza del Cremlino ha veramente dato il meglio di sé stessa. In campo energetico questo per Mosca è un disastro paragonabile per gravità a quello siriano sul terreno geopolitico, dove Putin ha perso un alleato che, dai primi anni Settanta, garantiva al Paese una rilevante presenza in Medio Oriente.

La recente visita a sorpresa al Cremlino del premier slovacco Fico è apparsa fuori dalla presente epoca, contrassegnata da un terribile conflitto combattuto dopo decenni nel Vecchio continente. Come l’ungherese Orbán, qualche leader Ue crede ancora che si possa fare da soli, seguire una propria linea in contrasto con quella comunitaria concordata e, nella fattispecie di Fico, precipitarsi a Mosca per mettersi d’accordo separatamente alle spalle della Commissione e del Consiglio europeo. Come se queste ultime istituzioni menzionate non abbiano osservato preoccupate negli ultimi anni le posizioni assunte da Slovacchia e da Ungheria sulla questione ucraina. E la prosecuzione dell’utilizzo delle materie prime come arma politica.

Adesso i nodi sono arrivati al pettine sia per Bratislava che per Budapest. Gli smarcamenti dovranno essere spiegati e avranno – si può star certi – un costo politico ed economico. Cosa è successo? Kiev non ha rinnovato il contratto di transito del gas russo attraverso il suo territorio scaduto alle ore 8 di Mosca del primo gennaio. Per quasi tre anni ha fatto finta di nulla, come se non si combattesse in casa propria, cedendo alle pressioni esterne. Ma adesso basta! Mosca perderà così 5 miliardi di dollari l’anno, Kiev 800 milioni in royalty.

L’Ucraina, a detta di Zelensky, era pronta a compensare finanziariamente la Slovacchia per la perdita dell’energia a buon mercato in cambio di una mano sull’adesione rapida ai Ventisette e alla Nato. A Bratislava è stato anche proposto di collegarsi alla condotta che dalla Polonia, dal mar Baltico, porta il gas liquefatto (Lng), principalmente americano, verso sud. No. Fico è voluto andare lo stesso al Cremlino, ma la sua visita disperata è stata un fiasco. Al momento è difficile per Mosca trovare soluzioni senza un’intesa con Kiev. Nel 2024 gli approvvigionamenti russi all’Europa sono crollati all’8% del volume totale. E nel 2025 si scriverà probabilmente una cifra poco sopra lo zero.

Quale lezione trarre? Per anni gli europei hanno tentato di far capire alla monopolista “Gazprom” che gli affari li si fa con chi si ha piacere di farli e non solo se c’è un vantaggio economico o finanziario. Mosca ha sempre creduto di poter trovare tra i Ventisette qualcuno che fosse disponibile a scendere con lei a compromessi. Colpire il portafoglio di Putin sembra essere l’unica strategia per portarlo a più miti consigli. Ecco perché Kiev e l’Ue gli chiudono il rubinetto del gas.