laR+ IL COMMENTO

La pesante eredità di Gerhard Pfister

Lo zughese lascerà a giugno la presidenza del Centro. Chi gli succederà avrà l’improbo compito di consolidare un partito che conosce una fragile crescita

In sintesi:
  • Un elettorato viepiù aconfessionale e volatile, meno vincolato ai partiti: Pfister ha avuto il merito di cogliere appieno questi mutamenti strutturali della società
  • Il Centro continua ad avere un ruolo chiave in Parlamento. Ma il cammino verso il secondo seggio in Consiglio federale appare in salita
Lascerà la presidenza dell’Alleanza del Centro in giugno, dopo più di nove anni
(Keystone)
8 gennaio 2025
|

In un anno privo di scadenze politiche di rilievo; prima di un denso 2026 (il dibattito parlamentare sui ‘Bilaterali III’, le votazioni popolari sulle iniziative Udc: immigrazione, neutralità e canone radiotelevisivo); quando resterà tutto il tempo per preparare le prossime elezioni federali, tra due anni abbondanti; e mentre si infittiscono le speculazioni su un possibile ritiro anzitempo della ‘sua’ consigliera federale Viola Amherd (in tandem con il liberale-radicale Ignazio Cassis?).

Quello scelto da Gerhard Pfister per cedere le redini del Centro (giugno 2025) è “il giusto momento – per il partito e per me stesso”, ha dichiarato in un’intervista al ‘Tages-Anzeiger’ il presidente della formazione nata nel 2020 dalla fusione tra lo storico Ppd e la ‘meteora’ Pbd. Non sarebbe la prima volta che il 62enne ci vede giusto. Anche quando le cose sembrano mettersi male.

Così era successo con la sua prima ‘missione’ alla testa del Ppd, preso in consegna nel 2016 da Christophe Darbellay. L’astratto ‘dibattito sui valori’ da lui voluto per cercare di rafforzarne l’identità cristiana si rivelò un flop. L’ultradecennale erosione di consensi proseguì, e il partito (che nel 2003 aveva perso il suo secondo seggio in Consiglio federale) riuscì solo a non scendere più in basso (11,4% alle Federali del 2019). Pfister non esitò a dare una decisa sterzata, riposizionando con fermezza il Ppd su una linea ‘socialconservatrice’. Oggi il consigliere nazionale zughese può a giusta ragione rivendicare per il suo Centro – partito “profilato sui temi del ceto medio, del potere d’acquisto” (sempre Pfister sul ‘Tagi’) – il ruolo di “voce sociale in campo borghese”, su un terreno che Udc e Plr disertano.

Un elettorato viepiù aconfessionale e volatile, meno vincolato ai partiti: Pfister ha avuto il merito di cogliere appieno questi mutamenti strutturali della società. Ha convinto i suoi della necessità di abbandonare la ‘C’ nelle denominazioni tedesca (Cvp) e francese (Pdc) del partito, che ‘spaventava’ i votanti potenzialmente ‘centristi’ che non si identificavano con il cattolicesimo. Ha anche fortemente voluto la fusione con il Pbd, che per anni aveva fatto proseliti nelle terre protestanti. Ha così creato le premesse per una crescita del partito al di fuori dei tradizionali bastioni cattolici, in particolare tra l’elettorato urbano dei Cantoni dell’Altopiano. Un nuovo, promettente bacino di voti nel quale pescare con pochi temi, scelti con oculatezza: i costi della salute, le rendite Avs per i coniugi, la fine della ‘penalizzazione’ fiscale delle coppie sposate.

Acuto stratega, abile a provocare la polemica sulla piattaforma X salvo poi scendere a miti consigli in Parlamento, Gerhard Pfister (con la fedelissima Gianna Luzio al suo fianco, a capo di un segretariato centrale reso in questi anni più professionale ed efficiente), non ha avuto vita facile con i suoi parlamentari a Berna. Regolari le dissonanze, a volte sfociate in aperte frizioni tra la maggioranza del gruppo al Nazionale, più incline al compromesso con la sinistra, e un drappello di ‘senatori’ conservatori.

Resta il fatto che il Centro continua ad avere un ruolo chiave in Parlamento: in entrambe le Camere (anche al Consiglio degli Stati, dove nel 2023 ha rafforzato la sua posizione di primo partito) è in grado di far pendere la bilancia sia da una parte (a sinistra) che dall’altra (a destra). Sarà in grado chi succederà a Pfister di consolidarne la crescita, permettendogli di recuperare già nel 2027 il secondo seggio in Consiglio federale e dotandolo di maggior forza d’urto nelle votazioni popolari? L’impresa appare molto ardua.