Lo scorso 9 febbraio i nostri quotidiani hanno riportato la notizia di una condanna a un autore di reati a danno di 3 donne anziane ticinesi. Si è trattato della famosa truffa del falso nipote, che ha fruttato al malvivente somme che si aggirano complessivamente sui 200’000 franchi. La pena inflitta al truffatore di origine polacca (tralasciando l’espulsione dalla Svizzera per 8 anni) è di 24 mesi di carcere, dei quali però ben 18 sono sospesi condizionalmente per 3 anni. Trovo sconcertante la lievità di questa condanna: i risparmi di una vita sono spazzati via per un eccesso di generosità e buona fede, lasciando nelle persone anziane truffate un forte senso di smarrimento, e forse vergogna per essere cadute nella trappola del furbissimo truffatore, che ha fatto leva sul sentimento e sul senso dell’altruismo innato, che dà per scontata la condivisione famigliare immediata in momenti di difficoltà. Possiamo facilmente immaginare che ci siano persone derubate con la stessa modalità, che però non abbiano avuto il coraggio di denunciare, sentendosi "colpevoli" di essersi lasciate raggirare. Vorrei esprimere solidarietà, anche nei loro confronti. Alle tre vittime citate sopra andrebbe comunicato tutto il nostro sdegno per la leggerezza della pena inflitta a chi le ha danneggiate, economicamente e moralmente. Una simile condanna fasulla può sicuramente diventare un incentivo interessante per futuri truffatori e mi domando se in ambito giudiziario questi dubbi siano presi in considerazione.