Quanto accaduto a Fiorenzo Dadò, presidente cantonale del Centro, merita una condanna a prescindere dagli steccati partitici.
È molto importante far conoscere alla popolazione quanto accaduto e aprire un dibattito pubblico su questo fatto, sintomo del decadimento nel quale la politica (e non solo) è caduta dopo anni in cui gli argomenti e le proposte concrete hanno ceduto il passo agli attacchi personali. Screditare la persona, o peggio ancora minacciarla, cercando di intimorirla per ottenere il suo silenzio o un cambiamento di comportamento, è la scorciatoia che ha sostituito il dibattito costruttivo, pensato, fatto di contro-argomentazioni volte alla ricerca della miglior soluzione possibile, nel bene di tutti. E siccome la politica è uno dei tasselli che regge la nostra democrazia, fungendo anche da esempio comportamentale attraverso i suoi rappresentanti, ecco che l’aggressione fisica e verbale si espande a macchia d’olio in tutti gli ambiti della nostra società: pensiamo ai funzionari pubblici (ricordo l’aggressione contro la funzionaria dell’Arp di Bellinzona), ai poliziotti (sistematicamente aggrediti fisicamente e verbalmente), agli arbitri di calcio che ogni domenica si portano a casa gli auguri peggiori. Tutto ciò è sintomo di un profondo disagio. Per questo motivo ritengo che Fiorenzo Dadò abbia fatto bene a denunciare pubblicamente l’accaduto, ricevendo il sostegno quasi incondizionato della maggioranza dei rappresentanti politici del nostro Cantone e di una grossa fetta della popolazione.
Resta però il rammarico nell’osservare che dinanzi a un attacco così grave alcuni abbiano cercato di giustificare l’ingiustificabile, alimentando ulteriormente il sentimento negativo legato a questo vile gesto. Mentre altri hanno preferito restare pubblicamente in silenzio.
La libertà di espressione personale e la libertà di informazione da parte dei media devono continuare a essere principi rispettati da tutti, ancorché ancorati alla nostra Costituzione federale, e difesi con decisione. A rischio vi è la nostra democrazia. Come ha ben titolato Edy Salmina – avvocato penalista, già deputato in Gran Consiglio – il suo articolo apparso su queste colonne il 25 aprile: “Chi tace, acconsente”.