‘Atto intimidatorio molto grave, il tutto già nelle mani della Procura’, scrive il parlamentare autore dell'interpellanza sull'incidente occorso a Gobbi
Un proiettile e una lettera con minacce "molto pesanti": il tutto recapitatogli ieri dalla posta al suo domicilio. È l'atto intimidatorio, in perfetto stile mafioso verrebbe da dire, subito dal presidente e deputato del Centro Fiorenzo Dadò. Un atto da ricondurre quasi certamente al clima creatosi intorno al caso sollevato da Dadò con l’interpellanza depositata nelle scorse settimane e i relativi quesiti al governo sull'incidente stradale che ha coinvolto il consigliere di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, incidente sul quale sta indagando il Ministero pubblico. È lo stesso Dadò a dare notizia, con una nota alle redazioni, dell'atto intimidatorio di cui è stato vittima. "Il tutto ovviamente è già nelle mani della Procura", fa sapere il parlamentare.
"Si tratta di un atto intimidatorio molto grave, promosso da qualcuno che evidentemente non condivide la necessità di fare chiarezza su un fatto noto oramai a tutti. Questa volta – scrive Dadò – viene toccata pesantemente la mia persona e la mia famiglia, la prossima volta, avanti di questo passo, potrebbe toccare a qualcuno d’altro. È proprio per combattere questo pericoloso modo di pensare e di agire che azioni come le mie, volte a determinare la verità e soprattutto a preservare la fiducia che ogni singolo cittadino di questo Cantone deve poter conservare nei confronti delle autorità e dei rappresentanti dello Stato, devono poter essere fatte senza alcuna paura. Non bisogna assolutamente tacere di fronte al dubbio di presunte ingiustizie. È un principio che deve valere per tutti. Ogni cittadino libero e onesto di questo Cantone deve poter confidare nella certezza del diritto, confidando che le Autorità siano dalla sua parte, che le Istituzioni siano lì per garantire giustizia, in egual misura per tutti". Continua il deputato e presidente del Centro, "il rischio che stiamo correndo è l’insinuarsi anche alle nostre latitudini di comportamenti omertosi e malavitosi che nulla hanno a che vedere con la nostra tradizione culturale ticinese e la fierezza svizzera. Infatti il radicamento e la forza di modi di agire come questi, che usano l’arma dell’intimidazione e della minaccia, si basano sull’omertà, sulla mancanza di fiducia nello Stato, sulla percezione della debolezza di esso".
La fiducia della popolazione nei confronti delle Istituzioni e dei suoi rappresentanti, sottolinea Dadò, "è un bene collettivo prioritario e rappresenta senza alcun dubbio il principale fondamento del nostro Stato di diritto. Come tale, questo valore va promosso e preservato con convinzione, indipendentemente dagli interessi dei singoli o di una cerchia ristretta di persone. Per questo è necessario continuare a trovare il coraggio di parlare e di porre domande a testa alta di fronte al dubbio che la Legge potrebbe non essere uguale per tutti".