Il dibattito attorno all’agenda scolastica è diventato ideologico e polarizzante, come purtroppo capita quasi tutti gli anni. A questo giro è il turno dell’identità di genere, in passato lo è stato il terrorismo sul clima e il trasporto casa-scuola con un lupo al guinzaglio. E altro ancora. Con le critiche che sempre fioccano – talune giustificate, altre pretestuose – mi chiedo come sia possibile che Decs e Dss continuino quasi imperterriti a promuovere lo stesso approccio, a mio parere sbagliato. A meno che lo facciano volutamente, con l’intento di scatenare polemiche per far parlare dei temi in gioco. Sarebbe desolante, ma non mi sorprenderei più di nulla.
Mi permetto di fornire alcune mie considerazioni.
Innanzitutto mi chiedo: è così essenziale che lo Stato – visti i risultati – impieghi tempo e soldi per preparare un’agenda illustrata e commentata agli allievi? Sugli effettivi utilizzi e benefici ho qualche dubbio. Non sarebbe meglio elaborarne una più sobria, senza tanti tentativi di approfondire temi generali? A scuola, e non solo, vi sono molte altre occasioni e modalità per trattare questi argomenti. Lo si fa, e ci mancherebbe. L’agenda lasciamola piuttosto alla sua funzionalità e semmai – come lo è stato per tutti – alla creatività personale dello studente.
Inoltre: l’agenda è pensata per gli allievi dalla quinta elementare alla quarta media. I destinatari, dunque, passano dai 10 ai 15 anni, un lasso di tempo in cui competenze, esperienze, emozioni e bisogni cambiano drasticamente. Come si può non capire che questa differenza d’età dev’essere considerata e i contenuti, di conseguenza, adattati? Si parla tanto – spesso acriticamente e a vanvera – di differenziazione e di insegnamento personalizzato, e poi succedono queste cose.
All’inizio parlavo di approccio errato nell’elaborazione e diffusione dell’agenda. Immaginate il disorientamento di docenti, direttori, allievi stessi e genitori venendo a conoscenza attraverso i media (sic!) dei contenuti dell’agenda, solo qualche giorno prima dell’inizio della scuola. Se Decs e Dss decidono ogni anno un tema da approfondire con l’agenda, lo facciano con serietà, tempismo e coinvolgimento affinché chi sarà confrontato con questo strumento durante l’anno scolastico possa prepararsi adeguatamente. Basterebbe presentare e condividere in anticipo contenuti e obiettivi con direttori e docenti, anche per permettere – se ritenuto necessario – di procedere a dei corsi di formazione ad hoc o almeno per programmare l’anno scolastico con cognizione di causa. L’approccio, deficitario, fin qui messo in atto non può che creare incomprensioni, arrischiando di banalizzare i temi scelti (che meritano invece ben altro) e – soprattutto – innescare polemiche. Prevenire è più intelligente che curare male, come avviene in questi giorni.
La scuola, a mio avviso, è in grado di affrontare il tema dell’attuale agenda ma deve poterlo fare con serenità e senza mediatizzazioni scomposte. Quando parlo di scuola non mi riferisco unicamente ai docenti, ma a tutta una rete di professionisti che entrano in gioco, puntualmente, nel momento in cui si manifestano certe situazioni. Atteggiamenti chiave saranno l’ascolto e l’attenzione alle esigenze che nascono all’interno delle classi, accogliendo con rispetto e considerazione ognuna di esse. E mettendo in gioco, puntualmente, le scelte pedagogico-didattiche ritenute più idonee. Senza alcuna ideologia o (pre)giudizio.
Infine, auspico che il pessimo esempio che stiamo vivendo in questi giorni convinca davvero Decs e Dss a cambiare modalità operativa sul tema dell’agenda. Ne va, anche, della loro autorevolezza. Perché questi modi d’agire non fanno altro che stimolare reazioni scomposte, divisive e polarizzanti, che non sono appropriate per affrontare i temi (seri) che si vorrebbero trattare con l’agenda. La scuola e il mondo dell’educazione in generale hanno bisogno di ben altro.