Nelle vicende che, negli ultimi mesi, hanno visto protagonista la città di Lugano, abbiamo assistito a un fenomeno emblematico: l’appello alla democrazia, quando il Municipio vuole scaricare le proprie responsabilità sul Consiglio comunale; il rifiuto al dialogo con la scusa della propaganda elettorale, quando non sa come difendersi dalle critiche (come se passare per “quelli contro lo stadio” portasse voti). Quando le discussioni sui grandi progetti si fermano con insistenza sui dettagli è un brutto segno. Di solito succede perché neanche chi li propone li capisce e, di conseguenza, non convince.
È quanto avviene da qualche mese con il Pse, da decenni con l’aeroporto. Dopo anni di studio sul Pse, dopo anni di controversie sull’aeroporto, siamo sempre daccapo. In verità, una discussione sui principi non c’è mai stata, non sono state considerate alternative serie e la partecipazione non ha potuto arricchire la ricerca di soluzioni. La bulimia edificatoria prevista al Pse, al Campo Marzio o in Stazione sono visioni per un futuro del passato, per quel futuro di crescita infinita che ci si immaginava un tempo, ma che oggi è superato dai fatti: dalla crisi ambientale, dalla crisi economica e da quella demografica.
Una politica che sa leggere il presente non propone sempre più cemento per poi interrogarsi sull’identità urbana, ma creerebbe più parchi, più viali alberati, avrebbe il coraggio di radere al suolo qualche mostro urbano per creare piazze alberate. Una politica saggia penserebbe a come ripopolare il centro di piccoli commerci e di alloggi accessibili, a come valorizzare il proprio lago. Per fare una politica saggia non ci vogliono per forza tanti soldi, ci vuole molta visione e un po’ di coraggio.