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Bertoli: ‘L’iniziativa Udc sulle stime? Ambiguità democratica’

Il già consigliere di Stato boccia su tutta la linea la proposta dei partiti borghesi: ‘Marcata distanza tra quanto promesso e quanto previsto davvero’

Il dibattito è lanciato
(Ti-Press)
9 gennaio 2025
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Archiviato con un doppio no popolare il capitolo votazioni federali su sublocazione e disdette per gli inquilini, affrontata la questione del valore locativo, un altro grande tema che riguarda la casa si dipana all'orizzonte. L'iniziativa popolare costituzionale elaborata ‘Sì alla neutralizzazione dell'aumento dei valori di stima’, lanciata dall'Udc. Iniziativa sulla quale prende posizione il già consigliere di Stato Manuele Bertoli, che a colloquio con ‘laRegione’ è schietto: «Come in altre occasioni, si ripropone un'importante ambiguità democratica vista la marcata distanza tra quanto promesso e quanto previsto davvero».

Si spieghi meglio.

Cominciamo dal rilevare che i promotori dell’iniziativa hanno legittimamente chiesto al parlamento di occuparsi di questo atto, perché i termini per trattarlo sarebbero in scadenza. Ricordo che l’iniziativa chiede di aggiungere nella Costituzione cantonale un nuovo articolo 34quater del seguente tenore: “La revisione generale ricorrente dei valori di stima immobiliare non può comportare nel complesso un aumento automatico del gettito dei tributi pubblici, né una riduzione automatica delle prestazioni, degli aiuti e dei sussidi erogati nell'ambito del perseguimento degli obiettivi sociali”.

E dove starebbe l'ambiguità?

La promessa è quella di una revisione dei valori di stima che non abbia nessun effetto fiscale imposta sulla sostanza, imposte immobiliari, imposta minima e imposte di successione e donazione (qui l’imposta sul reddito e il valore locativo non c’entrano) e nessun effetto sociale (sussidi di cassa malati, aiuti allo studio, rette in casa anziani ecc.), ma il testo dell’iniziativa dice altro. Dice che in occasione delle revisioni generali dei valori di stima immobiliare, che in base alla legge attualmente vigente si devono tenere ogni 20 anni, non si può accettare che l’aumento di tali valori generi automaticamente un aumento del carico fiscale per i proprietari di immobili, rispettivamente la perdita automatica di prestazioni, aiuti o sussidi di natura sociale. Si parla di evitare un aumento automatico delle imposte, non di evitare un aumento delle imposte tout court, di evitare una riduzione automatica delle prestazioni sociali, non di evitare una riduzione di tali prestazioni tout court. Secondo questa norma, in occasione delle revisioni generali delle stime immobiliari bisognerebbe affrontare il tema dell’effetto automatico di tali revisioni sul carico fiscale, rispettivamente sui i diritti a prestazioni e aiuti dei proprietari immobiliari, ma in nessun modo l’iniziativa propugna il principio secondo il quale l’onere fiscale dei proprietari immobiliari dopo la revisione delle stime non debba superare quello precedente alla stima, come non afferma il principio secondo cui i diritti sociali di queste stesse persone debbano rimanere almeno pari a quelli precedenti. L’uso dell’aggettivo “automatico” modifica significativamente il senso dell’iniziativa, mette l’accento decisivo sulla procedura e non sul risultato atteso, allontanandola di molto dalla narrazione proposta a suo sostegno. Perché una cosa è dire che la revisione delle stime non può comportare un aumento dell’onere fiscale (lo stesso vale a contrario per il beneficio di prestazioni), altra è dire che non deve comportare un aumento automatico di tale onere, lasciando quindi la possibilità che, senza automatismo, l’effetto possa essere una riduzione, una sostanziale parità o anche un aumento non automatico.

Ma quindi c'è un errore di fondo secondo lei o si tratta solo di strategia?

Gli iniziativisti non avevano grande margine di manovra. Usando il concetto di “aumento/riduzione automatico/a” e non quello di “aumento/riduzione hanno evitato di finire diritti contro il muro dell’incostituzionalità, che li avrebbe fermati qualora avessero proposto di stabilire nella pietra, da qui all’eternità, un certo livello di oneri fiscali e diritti sociali per i soli proprietari immobiliari e non per gli altri contribuenti/beneficiari. Per non finire fuori strada non hanno potuto evitare di mettere moltissima acqua nel loro vino, limitandosi a porre il solo problema dell’automatismo procedurale e rinunciando di fatto al risultato concreto della neutralizzazione delle stime, che però figura, senza poi essere sostanziato, nel titolo dell’atto popolare. Su questo tema nei prossimi mesi ne sentiremo delle belle, perché per mascherare la macroscopica ambiguità democratica tra narrazioni proposte e realtà dei fatti, frizzi, lazzi e anche un po’ di fango non mancheranno. In passato è stato così, per esempio con le ambiguità proposte e poi puntualmente concretizzatesi con “Prima i nostri”, e non c’è ragione che qui le cose vadano differentemente.

Comunque sia non è peregrino dire che quello delle stime immobiliari sia un grande problema...

Certo, il tema di fondo rimane serio. Il problema delle stime immobiliari nasce da un’enorme disparità di trattamento iniziale, siccome chi ha 100mila franchi in banca paga le imposte e ha o non ha diritti sociali in base a questo valore, mentre chi ha un immobile che vale 100mila franchi sul mercato, ma se lo vede stimato solo 40mila franchi, paga le imposte e si vede riconosciuti o negati diritti sociali sulla sola base del valore di stima. Nel nostro Cantone la distanza tra i valori di stima e i valori veri degli immobili, pur volendo usare criteri prudenziali per le stime ufficiali è siderale: si parla di un valore effettivo lordo (quindi senza deduzione dei carichi ipotecari) superiore di ben il 130% rispetto a quello di stima ufficiale, 166 miliardi invece di 71,4 miliardi e 93,8 miliardi invece di 40,8 miliardi per i soli contribuenti con domicilio fiscale in Ticino, cosa che pone giganteschi problemi di parità di trattamento fiscale e sociale tra sostanza immobiliare e mobiliare. Un problema che già dieci anni fa aveva ben evidenziato anche il prof. Locher. La questione è complicata dal fatto che, in nome di questa medesima parità, l’onere fiscale e il diritto alle prestazioni sociali non possono essere definiti in base a parametri diversi: per esempio 10% per gli averi mobiliari, 15%, o 5% per quelli immobiliari. Non potendo differenziare le aliquote, e ci mancherebbe, si è giocato da decenni con le stime dei valori degli immobili, fingendo che per questa parte della sostanza i metri fossero lunghi meno di 50 centimetri, facendo sparire con un colpo di bacchetta magica valori immobiliari per miliardi e distorcendo così la realtà.

Ma bocciando senza appello la proposta in campo, quale potrebbe essere una possibile soluzione a un problema presente anche secondo lei?

La soluzione di questo pasticcio potrebbe essere quella di riportare i valori di stima immobiliare a un livello adeguato, per esempio a quello assicurativo, più realistico, riducendo al contempo le aliquote fiscali, rispettivamente rivedendo quelle sociali: il 10% su 40mila franchi è pari al 4% su 100mila. Ma siccome ciò non potrebbe non coinvolgere anche gli altri contribuenti, rispettivamente beneficiari di prestazioni sociali, quelli che di immobiliare non hanno nulla o hanno poco, l’effetto finanziario sarebbe insostenibile. Per le sole proprietà inerenti l’alloggio primario si possono, e si devono, prevedere dei forfait d’esonero, in nome del principio costituzionale dell’accesso alla proprietà della casa primaria, ma questo non può riguardare il resto dei beni immobiliari come case secondarie, case a reddito, immobili artigianali, terreni eccetera...

Questa iniziativa insomma non le va proprio giù.

Si presenta con un testo inefficace, è un petardo fradicio che non risolve nessun problema. Ma il rompicapo su come proporre una revisione delle stime giusta, che rimetta ordine nella valutazione della sostanza dei contribuenti, senza trattare gli uni da privilegiati e gli altri da cittadini di serie B, e che al contempo non si traduca in un salasso insostenibile per chi pur ha beneficiato per anni di una sistematica e pingue sottovalutazione della propria sostanza immobiliare, rimane serio e urgente, visto che nel 2025 scadono i 20 anni dall’ultima revisione truffa dei valori immobiliari ufficiali. Continuare a rinviarlo, come sembrano volere in molti, non risolve nulla. L’unica soluzione ragionevole è una revisione delle stime corretta e al contempo un adeguamento dei parametri fiscali e sociali che considerino sia la situazione dei contribuenti (tutti), sia quella dei beneficiari di prestazioni (tutti), sia quella delle casse cantonali e comunali, un’ipotesi nella quale è inimmaginabile che i proprietari di immobili di un valore medio-alto non si vedano azzerati gli ingiustificati privilegi ai quali si sono ormai abituati da decenni. Ma per lavorare seriamente al tema e far uscire gentilmente l’elefante dalla stanza ci vorrebbe capacità di oggettività e capacità di voler trovare una soluzione giusta e solida che tenga conto di tutti gli interessi in gioco, requisiti che per il momento mi sembrano troppo poco presenti sulla scena politica.