Favorire la ‘svolta ambulatoriale’, senza che i premi di cassa malati aumentino ancor di più: è la scommessa di Efas. Si vota il 24: istruzioni per l’uso
Di cosa parliamo?
Di come e da chi vengono finanziate le prestazioni sanitarie. Parliamo di esami, terapie, farmaci, cure e interventi chirurgici dispensati ambulatorialmente (negli studi di medici e terapisti, nonché in ospedale senza pernottamento), in ambito stazionario (con pernottamento in ospedale), in case di cura e a domicilio. Queste prestazioni sono finanziate dalle casse malati (tramite i premi, che sono pro capite, ossia indipendenti dal reddito) e dai cantoni (tramite le imposte, che sono proporzionali al reddito, quindi più ‘sociali’ dei premi), oltre che dagli assicurati stessi di tasca propria (franchigia, partecipazione del 10% ai costi, contributo ai costi delle prestazioni di cura nelle case anziani e a domicilio). Il nocciolo della questione è: in futuro, quanto verrà finanziato dalle casse malati e quanto invece dai cantoni?
Perché il tema ci interessa?
Perché i premi di cassa malati hanno subito un’impennata negli ultimi tre anni (+21% circa sul piano nazionale, +30% circa in Ticino), erodendo sempre di più il reddito disponibile di molti assicurati. La frustrazione è palpabile tra la popolazione. Le misure adottate sin qui dalla Confederazione per arginare la crescita della spesa sanitaria non hanno dato i frutti sperati. Da più parti si invocano riforme incisive: non per abbassare i costi della salute (impossibile, visto che la popolazione invecchia e la medicina continua a fare progressi), bensì per frenarne l’incremento. Il progetto sul quale si vota modifica in profondità i flussi di finanziamento delle prestazioni sanitarie a carico di casse malati e cantoni. Per i pazienti non cambierebbe granché. Ed Efas non incide direttamente su costi della salute e premi. Il cambiamento avrà però un impatto indiretto su questo piano. Di che tipo e di quale portata, non è chiaro: si può ragionare solo per ipotesi, e ognuno ne ha una diversa.
Su cosa votiamo?
Sul progetto detto ‘Efas’ (acronimo tedesco che sta per ‘Finanziamento uniforme delle prestazioni’), presentato come una delle più importanti riforme del settore sanitario dall’entrata in vigore dell’assicurazione malattie obbligatoria (Lamal) nel 1996. In gioco vi è un volume di prestazioni di circa 50 miliardi di franchi l’anno. In Parlamento la discussione – lanciata nel 2009 dalla consigliera nazionale argoviese dell’allora Ppd (oggi: Centro) Ruth Humbel – si è trascinata per ben 14 anni. Fino al settembre del 2023, quando Consiglio nazionale (141 a 42 e 15 astensioni) e Consiglio degli Stati (42 a 3) hanno adottato un’articolata modifica della Lamal, conosciuta appunto come Efas. Il sindacato Vpod ha lanciato il referendum e ha raccolto le 50mila firme necessarie per portare l’oggetto alle urne. Si vota il 24 novembre.
Chi è a favore? Chi è contro?
Consiglio federale, Parlamento e cantoni (tranne poche eccezioni: il Ticino è fra queste) raccomandano di votare sì (vedi sotto per gli argomenti pro e contro). Al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati, tutti i gruppi parlamentari – a maggioranza – hanno sostenuto la riforma. I Verdi, che in Parlamento si sono divisi a metà, lasciano libertà di voto (ma numerose sezioni hanno preso posizione a favore, quella ticinese invece contro). Lo stesso dicasi per il comitato centrale dell’Associazione svizzera infermiere e infermieri (Asi) e l’organizzazione sindacale TravailSuisse. Per il resto, Efas è sostenuto da praticamente tutte le organizzazioni dei settori sanitario e delle cure. Tra gli assicuratori malattie, Curafutura è decisamente a favore mentre Santésuisse mantiene una posizione alquanto critica.
Contro la riforma sono schierati unicamente il sindacato Vpod, l’Unione sindacale svizzera (Uss) e il Ps. Una maggioranza della ‘frazione’ socialista alle Camere l’aveva approvata, ma poi i delegati del partito hanno deciso altrimenti. Ciò non impedisce ad alcuni suoi consiglieri di Stato socialisti di fare campagna per il sì; anche diverse sue sezioni cantonali raccomandano di approvare Efas. In casa Udc, invece, più di due parlamentari su tre avevano detto sì. In seguito, la direzione del partito si era espressa per il ‘no’. Alla fine i delegati hanno raccomandato di approvare la riforma, in linea con quanto auspicato da alcuni ‘loro’ consiglieri di Stato responsabili della sanità e dal ‘patriarca’ del partito, l’ex consigliere federale Christoph Blocher.
Cosa cambierebbe?
Efas rende uniforme un finanziamento delle prestazioni sanitarie che oggi invece varia da settore a settore:
La riforma introduce una stessa chiave di ripartizione tra assicuratori e cantoni, valida per tutti e tre i settori: al massimo il 73,1% dei costi verrà coperto dalle casse malati tramite i premi di cassa malati, almeno il 26,9% dai cantoni attraverso le imposte. Popolo permettendo, la nuova chiave di ripartizione si applicherà dal 2028 per le prestazioni ambulatoriali e in regime stazionario, dal 2032 per le cure nelle case anziani e a domicilio.
Con Efas si vuole uniformare il finanziamento di tutte le prestazioni sanitarie
Efas porta con sé un altro cambiamento. Attualmente, cantone e cassa malati rimborsano ognuno per conto proprio la rispettiva, dovuta quota ai fornitori di prestazioni (medici, infermieri, terapisti, farmacisti, ospedali). La riforma invece affida alle casse malati la responsabilità esclusiva del rimborso di tutte le prestazioni a carico della Lamal. Funzionerà così: la cassa malati rimborsa ai fornitori il 100% della prestazione dispensata, contributo cantonale compreso; in seguito riceverà – per il tramite dell’istituzione comune Lamal – il contributo cantonale.
Perché cambiare?
Sostanzialmente per tre ragioni, affermano i sostenitori di Efas:
Vediamo nel dettaglio.
Quali ‘incentivi controproducenti’?
Benché con notevole ritardo rispetto ad altri Paesi, anche in Svizzera si assiste a una chiara tendenza: grazie ai progressi della medicina, un numero crescente di prestazioni viene ormai dispensato in regime ambulatoriale, ovvero senza pernottamento in ospedale. In genere, questo tipo di presa a carico è più indicato dal punto di vista medico, molto meno costoso (fino a tre-quattro volte meno) di quella in regime stazionario e meno gravoso per il personale (niente turni di notte e orari più regolari per infermiere e infermieri, ad esempio).
Molti interventi però continuano a essere eseguiti in regime di ricovero, anche se ciò è superfluo sotto il profilo medico e più oneroso. Una delle ragioni risiede negli incentivi controproducenti creati dall’attuale sistema di finanziamento: da un lato, le casse malati hanno tutto l’interesse a dirottare i pazienti verso lo stazionario, dato che qui assumono solo il 45% dei costi, mentre in ambito ambulatoriale devono accollarseli per intero; dall’altro, gli ospedali hanno tutto l’interesse a ‘difendere’ il loro core-business tradizionale, cioè lo stazionario, con il quale continuano a fare più soldi (o a perderne di meno) che non con l’ambulatoriale. Una chiave di ripartizione uniforme per tutte le prestazioni – a prescindere da come/dove siano dispensate – eliminerebbe o quantomeno ridurrebbe tali incentivi, nella misura in cui sia i cantoni che gli assicuratori avrebbero tutto da guadagnarci nel promuovere le cure più indicate dal punto di vista medico e le più economiche. Remando nella stessa direzione, darebbero così una spinta al passaggio dalle prestazioni stazionarie a quelle ambulatoriali.
La ‘svolta ambulatoriale’, però, dipende essenzialmente da altri fattori. O meglio: è frenata da altri ‘incentivi’, finanziari e di altro tipo, sui quali Efas non ha presa. La decisione se un trattamento dev’essere stazionario o ambulatoriale non la prendono le casse malati, ma i medici (il medico di famiglia, in particolare) e gli ospedali, in collaborazione col paziente. Questa scelta – spiegano in una recente analisi gli esperti del centro universitario losannese Unisanté – viene influenzata, tra le altre cose, dalle tariffe in gioco e/o da eventuali onorari percepiti dal medico in caso di presa a carico stazionaria di un paziente con una polizza complementare privata. Quanto a Efas, “contribuirà a sostenere questa svolta [ambulatoriale]”. Tuttavia, “bisogna essere coscienti che l’evoluzione delle strutture tariffarie o altre misure, come le liste vincolanti degli interventi da eseguire ambulatorialmente, sono più efficaci per incoraggiarla”.
Premi su o giù?
Il passaggio al nuovo finanziamento è nel complesso neutro in termini di costi per i cantoni e gli assicurati. Significa che, a livello nazionale, la riforma non fa aumentare né l’importo totale a carico dei premi né quello a carico delle imposte. La nuova chiave di ripartizione si basa però sulla media dei costi registrati dal 2016 al 2019. Da allora la tendenza verso un maggior numero di trattamenti ambulatoriali si è rafforzata, e verosimilmente continuerà a farlo nei prossimi anni. Vale la formula seguente: più la ‘svolta ambulatoriale’ è marcata, maggiore sarà l’effetto di sgravio sui premi (di converso, più consistente sarà l’aggravio per i contribuenti). I sostenitori di Efas parlano di 1,5-2,5 miliardi di franchi circa all’anno dal 2028 (vedi infografia), quando la riforma dovrebbe entrare in vigore. Da lì in avanti, afferma il Consiglio federale, i premi dovrebbero dunque aumentare meno drasticamente. Secondo il rapporto di Unisanté, ciò si verificherà in particolare in Ticino e nei cantoni romandi, dove la quota di prestazioni dispensate in regime ambulatoriale è particolarmente elevata.
Non tutti però credono a un impatto benefico sui premi. I sindacati che combattono la riforma sostengono che solo in nove cantoni la corsa verso l’alto dei premi potrebbe rallentare, mentre in tutti gli altri si avrà da subito “un massiccio aumento”. La grande incognita qui sono le cure di lunga durata (case anziani e servizi spitex). Sono stati i cantoni a puntare i piedi, minacciando di ‘mollare’ Efas se non fossero state incluse nel progetto. Il loro obiettivo: riequilibrare una bilancia che fino ad allora stava pendendo dalla parte ‘sbagliata’, sgravando eccessivamente le casse malati e chi paga i premi e ‘pesando’ invece eccessivamente su cantoni e contribuenti. Dal 2032, pertanto, gli assicuratori si faranno carico attraverso i premi di una parte maggiore (73,1% anziché 54% circa) dei costi in quest’ambito, dove i bisogni sono e saranno in forte crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione (che, detto en passant, incide pure in ambito ambulatoriale e stazionario).
L’integrazione in Efas delle cure di lunga durata si ‘mangerà’ il previsto effetto benefico della riforma sui premi di cassa malati? I sostenitori del finanziamento uniforme affermano che non sarà così: in termini assoluti, quello rappresentato dal settore ambulatoriale è di gran lunga il principale blocco di costo a carico della Lamal; anche se in futuro i costi delle cure in case anziani e a domicilio dovessero crescere a un ritmo superiore, in cifre assolute resteranno a lungo inferiori a quelli del settore ambulatoriale. In altre parole: l’effetto ‘trasferimento verso l’ambulatoriale’ prevarrà comunque sull’effetto ‘integrazione delle cure di lunga durata’. Alla fine, quindi, il saldo sarà positivo.
Uno studio di Santésuisse era giunto invece alla conclusione opposta: presto o tardi, il secondo effetto prevarrà sul primo. L’analisi di Unisanté non esclude un tale scenario: “L’introduzione delle cure di lunga durata nel perimetro della riforma mitiga l’impatto dell’alleggerimento dei premi di cassa malati e potrebbe persino, secondo l’evoluzione dei costi [nel settore delle cure di lunga durata, ndr] provocare l’effetto inverso a termine”. Un effetto che i sindacati danno per scontato, e al quale per giunta si somma il fatto che i pazienti dovranno pagare di più di tasca propria per le cure in quest’ambito: dalla Lamal verrebbe infatti stralciato il tetto massimo alla partecipazione dei costi (20% dei costi a carico degli assicuratori: massimo 15 franchi al giorno per le cure a domicilio, 23 per i soggiorni in casa anziani), che però il Consiglio federale non potrà aumentare prima del 2036.
Miglior coordinamento?
Favorire il coordinamento delle cure tra i fornitori di prestazioni lungo l’intero percorso terapeutico, in modo da evitare ricoveri ospedalieri non necessari e ritardare quelli nelle case per anziani: è questo il terzo obiettivo dichiarato di Efas.
La logica non è delle più intuitive. Detto in parole semplici: attualmente, i costi del coordinamento delle cure – che interessa soprattutto il settore ambulatoriale – ricadono esclusivamente sulle casse malati (che si accollano il 100% dei costi in quest’ambito), mentre i risparmi (grazie a una riduzione del numero dei ricoveri, ad esempio) sono appannaggio soprattutto dei cantoni (che finanziano il 55% delle prestazioni nel settore stazionario); gli assicuratori possono riportare sui premi solo il 45% dei risparmi potenziali (la quota da loro coperta dei costi delle prestazioni in ambito stazionario). Grazie al finanziamento uniforme, la parte di risparmio realizzata dagli assicuratori (nel settore stazionario) passerà al 73,1%, mentre gli oneri a loro carico (nel settore ambulatoriale) si ridurrebbero (dal 100% al 73,1%). Ciò dovrebbe incentivarli a stimolare il coordinamento delle cure, promuovendo modelli assicurativi alternativi con sconti più consistenti sui premi.
Anche qui l’ipotesi di partenza non sembra delle più solide. Il coordinamento delle cure non è influenzato in primo luogo (ma nemmeno sfavorito, intendiamoci) dall’offerta di modelli assicurativi alternativi da parte delle casse malati, bensì dal comportamento ‘sul terreno’ dagli stessi fornitori di prestazioni. Più che dagli attuali incentivi inappropriati, secondo i ricercatori di Unisanté la portata del cambiamento è dunque “limitata” da “altri ostacoli” che frenano un miglior coordinamento, come l’assenza a volte di una rete di professionisti e istituzioni che hanno “un interesse al risultato della presa a carico piuttosto che al numero di atti che ognuno ha realizzato”; oppure una scarsa disponibilità da parte di alcuni fornitori di prestazioni a organizzarsi in reti di cura, così come la mancanza di propensione di una parte degli assicurati a ‘sacrificare’ parzialmente a loro libertà di scelta in cambio di ribassi sul premio di cassa malati.
L’Ufsp calcola che solo il previsto miglioramento nel coordinamento delle cure dovrebbe generare, nel migliore dei casi, risparmi dell’ordine di 310 milioni di franchi l’anno. A questi se ne aggiungerebbero altri 126, grazie a una riduzione delle inefficienze nel settore delle cure di lunga durata. Il Consiglio federale però avverte: il potenziale di risparmio può essere stimato “solo sommariamente”. Per gli esperti di Unisanté, avanzare la cifra di 440 milioni di franchi “implica essere particolarmente ottimisti”. Una cosa è certa: esiste “una grande incertezza circa l’impatto reale che questa riforma può avere sull’evoluzione dei costi della salute”.
Keystone
La promessa di una diminuzione dei costi (e dei premi)...
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...e quella di un peggioramento delle cure e dell’assistenza agli anziani