Caos Tpc, la Commissione amministrativa del Tribunale d'appello emette il proprio verdetto. Eppure ‘sono emersi aspetti di minore gravità’. Cioè?
Niente mobbing: così ha decretato la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello. Presieduta dal giudice Giovan Maria Tattarletti, la commissione ha emesso il proprio verdetto: nero su bianco, afferma di non aver ravvisato “la presenza di una situazione di mobbing, ovvero di atti di persecuzione psicologica perpetrati sistematicamente e per lungo tempo”. Il caso è quello della segretaria del Tpc, il Tribunale penale cantonale (sezione del Tribunale d’appello), che aveva segnalato ai competenti uffici, come la Sezione cantonale delle risorse umane, di essere vittima di mobbing da parte di una collega. È il caso all’origine del cosiddetto caos Tpc, cioè le successive segnalazioni, contro segnalazioni e denunce fra i giudici dello stesso Tribunale penale.
La nota stampa dei vertici del Tribunale d’appello, autorità di nomina delle due funzionarie, è giunta oggi pomeriggio. Le conclusioni giuridiche cui la Commissione amministrativa è approdata sono state comunicate “considerata la rilevanza mediatica assunta dalla vicenda relativa alla nota segnalazione per possibili molestie inoltrata da una collaboratrice del Tpc verso una collega”.
Nel comunicato si richiama il rapporto stilato dall’avvocata e già procuratrice generale Maria Galliani, incaricata nella primavera di quest’anno dal governo di accertare i fatti. Rapporto che l’ex magistrata ha consegnato poco dopo la metà di agosto al Consiglio di Stato, il quale lo ha poi trasmesso alla Commissione amministrativa del Tribunale d’appello. Ebbene, “tenuto conto degli elementi agli atti e, in particolare, degli accertamenti preliminari effettuati su mandato del Consiglio di Stato dall’avv. Maria Galliani”, la Commissione amministrativa “non ha ravvisato la presenza di una situazione di mobbing, ovvero di atti di persecuzione psicologica perpetrati sistematicamente e per lungo tempo”.
Dall’analisi degli atti, prosegue la nota, “sono tuttavia emersi degli aspetti di minore gravità, che hanno portato negli scorsi giorni all’adozione di un provvedimento di competenza della Commissione amministrativa”. “In data odierna, quale misura di natura organizzativa volta ad alleviare le tensioni in seno al Tribunale penale cantonale”, la Commissione “ha inoltre disposto, con l’accordo dell’interessata e raccolto il consenso del Ministero pubblico, il suo trasferimento presso quest’ultima autorità a far tempo dal 1° gennaio 2025”. Dovrebbe trattarsi, come da noi riferito martedì, della segretaria segnalata dalla collega presunta mobbizzata. Chiusura di rito del comunicato: “A tutela della personalità dei dipendenti coinvolti, non verranno rilasciate ulteriori informazioni”. Domanda: quali sono questi “aspetti di minore gravità” di cui scrive la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello, tali, se abbiamo capito bene, da rendere necessario il trasferimento della funzionaria? Ma per l’appunto... “non verranno rilasciate ulteriori dichiarazioni”.
La storia però non finisce qui. «Di positivo, e per ora è l’unico dato positivo, è che finalmente una decisione è stata presa – osserva, interpellato dalla ‘Regione’, il presidente della commissione ‘Giustizia e diritti’ del Gran Consiglio, il deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò –. Spiace tuttavia, e ciò la dice lunga, che la commissione parlamentare debba apprendere dai media della decisione della Commissione amministrativa del Tribunale d’appello e non tramite i canali ufficiali. Bastava anche solo una mail o una telefonata». Nel merito: «È chiaro che la comunicazione della Commissione amministrativa non può essere ritenuta sufficiente». La ‘Giustizia e diritti’, continua Dadò, «tornerà a riunirsi lunedì e per quanto mi riguarda proporrò che si chieda ancora una volta alla Commissione amministrativa l’accesso agli atti. A questo punto la nostra commissione parlamentare, nell’ambito dell’esercizio dell’alta vigilanza che le compete, deve poter accedere all’incarto completo, anche per capire se tutto sia stato fatto a regola d’arte. Soltanto dopo aver visionato l’intero incarto, rapporto Galliani compreso, saremo in grado di esprimerci con cognizione di causa».
In tempi recenti la ‘Giustizia e diritti’ ha già chiesto alla Commissione amministrativa di trasmetterle il documento messo punto dall’ex pg aggiunta. Ma entrambe le volte la risposta è stata negativa, essendo, aveva spiegato la Commissione amministrativa, la procedura in corso. Afferma il deputato liberale radicale e avvocato, Matteo Quadranti, membro della ‘Giustizia e diritti’, nonché autore di due interrogazioni al governo sul Tpc “in subbuglio”: «Ora che l’inchiesta della Commissione amministrativa del Tribunale d’appello risulta chiusa, non dovrebbero esserci più ostacoli all’accesso agli atti, dunque anche al rapporto Galliani». E di riflesso «all’esercizio dell’alta vigilanza da parte della commissione parlamentare».
Contattato, l’avvocato Andrea Bersani, patrocinatore della segretaria del Tpc che aveva segnalato di essere vittima di mobbing, fa sapere che «per il momento» non rilascia dichiarazioni.
Risale al 2021 la Direttiva del governo concernente le molestie psicologiche, sessuali e le discriminazioni all’interno dell’Amministrazione. Per molestie psicologiche (mobbing), si legge, si intende “ogni atteggiamento ostile che altera il clima di lavoro, in particolare comportamenti, parole, atti, gesti, scritti, che si ripetono in modo frequente e per un certo periodo di tempo, che ledono la personalità e la dignità di una persona e la sua integrità fisica e/o psichica, mettendo in pericolo il suo posto di lavoro”. Anche la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) propone una definizione di mobbing sul posto di lavoro, ovvero “certi comportamenti, individuali o di gruppo, diretti sistematicamente contro una specifica persona allo scopo e/o con l’effetto di allontanarla dall’azienda”.