Così il presidente della Gestione dopo l'audizione del CdS: ‘Serve più responsabilità dai partiti di governo’. E si torna a parlare del salario minimo
«Bisogna essere consapevoli che serve responsabilità e capire che i margini di manovra in relazione all'attivazione del freno ai disavanzi si stanno ulteriormente assottigliando». Il presidente della commissione parlamentare della Gestione Bixio Caprara (Plr) richiama tutti all'ordine, dopo la riunione odierna in cui è stato ricevuto il Consiglio di Stato per parlare del Preventivo 2025. «Le posizioni sono note e sono state chiarite – spiega Caprara –, così come però è stato chiarito che la base di partenza di questo Preventivo è un deficit di 64 milioni di franchi. Che diventano 80, aggiungendo l'adeguamento dei sussidi di cassa malati ai nuovi premi. Che potrebbero aumentare ancora settimana prossima, per decisioni del Gran Consiglio». L'allusione di Caprara è alla tassa di collegamento su cui il parlamento, lunedì, si esprimerà riguardo la bocciatura tout court o meno. E anche qua si parla di 15 milioni annui che verrebbero a mancare. Insomma, si sta andando a sbattere per il presidente della Gestione.
«Dobbiamo davvero comprendere in che situazione siamo», attacca ancora Caprara. Che specifica: «Non vuol dire drammatizzare, sia chiaro. Ma questa situazione deve essere sotto agli occhi e condivisa dai partiti di governo. Non si può prescindere dall'augurarsi, sinceramente, un minimo di umiltà da parte di un Canton Ticino che assieme a tutti gli altri Cantoni lavora su una base legale federale, e umilmente può e deve prendere spunto anche da altri esempi su come ottimizzare, essere più efficiente con le risorse a disposizione e dare un senso alla parola ‘parsimonia’, mettendo così davvero in pratica l'articolo 34 della Costituzione».
E questo è solo l'inizio, perché la slavina è lì lì per sganciarsi. «Non possiamo far finta non stia succedendo niente», rinnova Caprara. Primo, «la votazione su Efas vede il Ticino contrario ma molti altri cantoni favorevoli, perché con gli ospedali in crisi e lo spostamento verso l'ambulatoriale non sorprende. Ma è chiaro che pensando a quello che può essere l'impatto sul Ticino, sicuramente più di 50 milioni di franchi con orizzonte 2028, il discorso preoccupa». Ancor di più se si riflette «sui ragionamenti che sta facendo la Confederazione per il risanamento del proprio bilancio». Per Caprara il punto è uno, e non si scappa: «È ora di finirla col pensare che alla fine c’è sempre qualcun altro che paga, come con la 13esima Avs o altri provvedimenti. C'è sempre quest'illusione che uno decide delle spese poi qualcuno miracolosamente interviene, ma quel qualcuno è sempre il cittadino. Se si pretende, poi, bisogna anche pagare. Con l'aumento dell'Iva? Con l'aumento delle imposte? Diminuendo le prestazioni? È così che si paga, quando le risorse sono quelle che sono». Si vedrà. Su Bellinzona piove tantissimo, e l'autunno è appena cominciato.
Ieri sul tavolo della Gestione c’era anche il messaggio del Consiglio di Stato sul salario minimo, con la proposta di portare la forchetta attuale, compresa tra 19,50 e 20 franchi all’ora, a 20 e 20,50. «Il messaggio governativo – ricorda il socialista Ivo Durisch, che coordina il gruppo di relatori (uno per gruppo parlamentare: Samantha Bourgoin per i Verdi, Matteo Quadranti per il Plr, Sabrina Gendotti per il Centro, Roberta Soldati per l’Udc e Omar Balli per la Lega) – si basa sullo studio dell’Istituto ricerche economiche (Ire, ndr) riguardante l’impatto economico del salario minimo sul mercato del lavoro in Ticino. Dobbiamo andare a novembre in Gran Consiglio con il rapporto, perché le nuove soglie per il 2025 saranno decise a dicembre per permettere alle aziende di adeguarsi». L’ultima forchetta che il Consiglio di Stato prospetta è compresa tra 20 e 20,50 franchi: siete d’accordo? «È una discussione che faremo in commissione, anche perché la forchetta proposta dal governo non riflette il rincaro intervenuto dall'introduzione del salario minimo», taglia corto Durisch.
Sempre ieri, c’è stata l’audizione del direttore dell’Associazione industrie (Aiti) Stefano Modenini e del responsabile del servizio giuridico della Camera di commercio Michele Rossi. «Non muovono contestazioni di fondo al rapporto dell’Ire, hanno però tenuto a precisare alcuni aspetti – dice Durisch –. Una delle loro preoccupazioni concerne i salari medio/alti, che potrebbero rimanere fermi. Visto che la massa salariale ha comunque un impatto sull’azienda, se si va aumentare il salario minimo, questo potrebbe penalizzare altre fasce. È un aspetto tuttavia, rilevo, che non emerge dallo studio. Andrà eventualmente verificato in futuro».
Le associazioni economiche non mettono in discussione lo studio dell'Ire semplicemente perché «è un'analisi che, per stessa ammissione degli estensori, ha una base di dati limitata» spiega Modenini. Quindi, «abbiamo sensibilizzato sull'importanza di continuare a monitorare gli effetti del salario minimo su più tempo, come osservato anche dai ricercatori, e approfondire quanto per il poco tempo trascorso non è ancora stato possibile approfondire: l'impatto sui salari medio alti, cioè quelli dei lavoratori residenti. Perché, checché se ne dica, questo salario minimo all'80% va a beneficio di lavoratori frontalieri». La preoccupazione del direttore di Aiti è che «la massa salariale è una sola, alcune aziende sono riuscite a gestire l'aumento del salario minimo grazie anche al rimbalzo nel 2021 e 2022 dopo gli stop del 2020. Ora però questo rimbalzo è finito... Ci saranno aziende costrette, come già successo, ad agire sui salari più alti rallentandone gli aumenti e ciò può creare effetti indesiderati». Insomma, nessun problema su questa terza forchetta, «ma sarà importante avere dati più approfonditi e aggiornati».
Gli fa eco Rossi: «Abbiamo voluto puntualizzare alcuni elementi da considerare per il futuro monitoraggio del salario minimo, non presi in considerazione in questa prima fase anche per il periodo breve che è trascorso». Rossi ha menzionato «due punti fondamentali: il primo sono i salari medio alti, su cui ancora non si conoscono gli effetti; il secondo è che va tenuto conto, e il rapporto dell'Ire non può averlo fatto perché è materia recente, dell'applicazione del nuovo Accordo sulla fiscalità dei frontalieri, un elemento che influisce sul mercato del lavoro e avrà degli effetti».