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Salario minimo, con l'iniziativa del Ps si va oltre i 22 franchi

Primi calcoli e prime valutazioni di Durisch e della verde Bourgoin, relatori commissionali. Intanto si avvicina la nuova forchetta (fine dicembre)

In sintesi:
  • Il testo proposto dalla sinistra è stato depositato in cancelleria a febbraio con quasi 13mila firme
  • Modenini (Aiti): 'Restiamo scettici…’
  • Rizzi (Dfe): ‘Il monitoraggio dell'attuale salario minimo è in corso’
Si aspetta
(Ti-Press)
9 agosto 2023
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Oltre i 22 franchi l’ora. È questo il montante che dovrebbe prevedere, qualora venisse approvata alle urne, l’iniziativa popolare ‘Per un salario minimo sociale’. Furono più di 12mila le firme consegnate in Cancelleria il 7 febbraio da Ps, Verdi, Pc, Pop, Giso, Vpod, Unia e Syndicom. E adesso, a distanza di alcuni mesi, il capogruppo in Gran Consiglio del Partito socialista Ivo Durisch raggiunto da ‘laRegione’ fa il punto della situazione e parla di... cifre. Anche perché «il testo dell’iniziativa è chiaro: il salario minimo al netto degli oneri sociali non può essere inferiore a quanto riconosciuto dalle prestazioni complementari Avs/Ai».

E quindi il conto è presto fatto: «Parliamo di circa 4mila franchi al mese – riprende Durisch –, a cui bisogna aggiungerne altri 350 circa come spese riconosciute per il conseguimento del salario. Una somma che porta, quindi, a un salario minimo sociale di oltre 22 franchi l’ora che è perfettamente in linea con le proposte pendenti in vari cantoni. Sono in corso le raccolte firme in Vallese per 22 franchi l’ora e a Vaud e Zurigo per 23 franchi orari». In più, aggiunge Durisch, «con questa iniziativa popolare, del salario minimo beneficerebbero molti più residenti rispetto a oggi».

L’iniziativa popolare e le sue quasi 13mila firme sono sui banchi della commissione parlamentare ‘Gestione e finanze’, nella quale «l’obiettivo è arrivare a scrivere e firmare un rapporto favorevole, assieme a Samantha Bourgoin dei Verdi, entro la fine dell’anno». Consci, però, che saranno in splendida solitudine: «Certo, ma l’articolo costituzionale è quello. Se il Gran Consiglio la boccerà, noi andremo avanti per far esprimere il popolo su un salario minimo sociale che è davvero il minimo sindacale, considerando che questo valore ancorato alle prestazioni complementari è calcolato per una persona sola e tipicamente le famiglie non sono composte da un singolo individuo».

‘Aumentati i posti di lavoro, non c’è sostituzione di manodopera’

Intanto però un salario minimo c’è già, quello votato dal Gran Consiglio nel dicembre 2019 e che, alla fine di quest’anno, arriverà alla seconda delle tre forchette: quella a 19,50/20 franchi orari. Per arrivare all’ultima, che scatterà all’inizio del 2025 e sarà di 19,75/20,25 franchi, il parlamento quattro anni fa decise che ci sarebbe dovuta essere una valutazione del Consiglio di Stato e un via libera definitivo del Legislativo stesso. Qualche timore che questo possa rappresentare un ostacolo? «Non credo – risponde Durisch –, perché da quando è stato istituito questo salario minimo sono aumentati i posti di lavoro, la disoccupazione è al minimo, ci sono più posti di lavoro che residenti e l’economia deve attingere al bacino italiano per le persone che sul territorio di fatto non ci sono: non c’è sostituzione, un pericolo paventato da chi si opponeva a questa misura. Così come probabilmente non è vero che il salario minimo ha rappresentato una spinta verso il basso di tutti i salari come sostenevano i contrari all’introduzione del salario minimo».

Una ferita ancora aperta per i socialisti è «il mancato adeguamento all’inflazione del salario minimo, il governo l’anno scorso si è opposto. Il potere d’acquisto è un problema enorme e colpisce principalmente i redditi bassi, per questo abbiamo presentato una serie di altre misure per adeguare all’inflazione reale tutte le misure sociali: è stato deciso un adeguamento del 2,5%, lontano dal 5% da noi richiesto. Ma abbiamo ancora pendenti in commissione diversi atti che vanno in questa direzione, non arriveremo al massimo auspicato ma cercheremo, questo autunno, di migliorare questo adeguamento visto che oltretutto l’inflazione c’è stata anche quest’anno».

Bourgoin (Verdi): ‘L’urgenza non è di certo diminuita’

Conferma tutto, in casa Verdi, Samantha Bourgoin: «Sarò relatrice del rapporto, e contiamo di arrivare a firmarlo entro fine anno: il salario minimo resta una priorità perché il lavoro in Ticino è un’emergenza che va risolta ed è sempre lì, non ha una stagionalità». Il salario minimo sociale, quello già in vigore, «c’è già, è un cordone di sicurezza. Ma ora bisogna lavorare per migliorarlo, e il numero di firme raccolte per un’iniziativa popolare costituzionale è lì a dimostrare che il popolo dovrà esprimersi, a seconda della decisione che prenderà il Gran Consiglio su questa iniziativa: l’urgenza che ha portato alla raccolta firme non è certo diminuita».

Intanto, si diceva, sta per scattare la nuova soglia, come sancito dalla legge cantonale sul salario minimo entrata in vigore il 1° gennaio 2021. Questione di pochi mesi. Infatti, “entro il 31 dicembre 2023” il salario minimo orario lordo “deve essere compreso in un intervallo tra una soglia inferiore di 19,50 franchi e una soglia superiore di 20 franchi”, stabilisce la normativa. Nella quale si spiega, fra l’altro, che “il salario minimo orario lordo per settore economico a livello cantonale ammonta al 55% della mediana salariale nazionale per settore economico: in ogni caso è compreso tra la soglia inferiore e la soglia superiore”. E che il Consiglio di Stato “fissa all’inizio di ogni anno per decreto il salario minimo orario lordo di riferimento per settore economico” secondo i parametri appena citati e “in relazione all’evoluzione della mediana salariale nazionale e dell’indice nazionale dei prezzi al consumo”.

Gargantini (Unia): ‘Le forchette attuali sono troppo basse’

Le soglie del salario minimo sancite dalla legge vigente «sono troppo basse», afferma perentorio Giangiorgio Gargantini. «Nel 2014 – ricorda il segretario regionale di Unia Ticino e Moesa – avevamo lanciato, come sindacato, un’iniziativa che chiedeva, già allora, un salario minimo di 4mila franchi mensili, corrispondenti a 22 franchi all’ora. Un minimo che a fronte dell’aumento del costo della vita dovrebbe ora essere più alto. Tant’è che a livello nazionale come Unione sindacale svizzera abbiamo definito come obiettivo un salario minimo a tendere di 4’500 franchi e di 5mila per le persone con una formazione. In Ticino ancora oggi purtroppo la metà dei lavoratori e delle lavoratrici è attiva in settori economici non coperti da contratti collettivi e nei quali i sindacati hanno oggettive difficoltà a intervenire, per cui è senz’altro necessario avere una legge sul salario minimo. Quello che non ci soddisfa è l’entità degli importi stabiliti dalla normativa cantonale attuale». Per questo, prosegue Gargantini, «abbiamo appoggiato, partecipando alla raccolta delle firme, l’iniziativa popolare lanciata dal Ps. Sosteniamo un’iniziativa che chiede la soppressione della possibilità che contratti collettivi con salari più bassi deroghino ai minimi di legge – e qui siamo d’accordo, basti pensare alla nostra battaglia contro TiSin – e che chiede un salario minimo il più alto possibile nel rispetto del quadro giuridico tracciato dal Tribunale federale. E anche qui siamo d’accordo, considerando che il minimo sia fare il massimo possibile. Ventidue franchi all’ora sarebbe già, rispetto a diciannove franchi, un passo avanti».

Modenini (Aiti): ‘Restiamo comunque scettici...’

Sull’altro fronte, dice il direttore dell’Aiti, l’Associazione industrie ticinesi, Stefano Modenini: «Abbiamo già avvisato le aziende associate dell’arrivo delle nuove soglie, invitandole quindi a prestare attenzione agli importi salariali minimi per ramo economico che il governo segnalerà nel decreto». Come Aiti, aggiunge Modenini, «restiamo comunque scettici sul salario minimo legale ed è uno scetticismo che deriva dalla natura stessa dello strumento. Faccio un esempio: se io imprenditore devo pagare un salario minimo fissato per legge, posso allora anche decidere, quale datore di lavoro, di assumere una persona che ritengo più qualificata di un’altra che ambisce al medesimo impiego. E questo può sfavorire chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro e in generale i soggetti più fragili, come le donne, sul mercato del lavoro».

Non solo. «Secondo noi – riprende il direttore di Aiti – il salario minimo ha avvantaggiato soprattutto i lavoratori frontalieri, che vivendo Oltreconfine hanno anche beneficiato del cambio franco-euro a loro favorevole, e ha frenato la crescita degli stipendi più alti del salario minimo in quelle ditte che, trovatesi in difficoltà per i contraccolpi economici prima della pandemia e poi della guerra in Ucraina, hanno dovuto contenere la crescita della massa salariale. Visto che il minimo è ancorato alla legge, queste ditte hanno in parte agito sui salari più alti. Tuttavia, e questo va precisato, non abbiamo ancora dati certi e attendibili sull’impatto del salario minimo in Ticino. Aspettiamo la valutazione, nero su bianco, che farà il Consiglio di Stato».

Rizzi (Divisione economia): ‘La situazione è già monitorata’

Si avvicina infatti anche un’altra scadenza, pure questa prevista dalla legge. “Entro il 30 giugno 2024” il Consiglio di Stato “valuta l’impatto dell’introduzione del salario minimo sul mercato del lavoro ticinese e sottopone un messaggio al Gran Consiglio”. Un rapporto particolarmente atteso quello del governo e al quale – fa sapere dal Dipartimento finanze ed economia il direttore della Divisione dell’economia Stefano Rizzi – si lavora già. «La Commissione tripartita sulla libera circolazione delle persone, con il supporto dell’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana, sta monitorando la situazione e raccogliendo gli elementi su cui poggerà il messaggio governativo», indica Rizzi. Sempre in base alla normativa ticinese sul salario minimo, la valutazione “deve segnatamente tenere conto dei seguenti elementi: effetti sui salari in Ticino; effetti sulla sostituzione della manodopera residente da parte di manodopera frontaliera; effetti sull’economia ticinese; effetti sulle prestazioni di sicurezza sociale erogate a favore di lavoratori o lavoratrici; effetti sull’occupazione, in particolare giovanile; modifica dei parametri delle prestazioni complementari Avs/Ai”. Così recita l’articolo 10 della legge. Il secondo capoverso afferma che il Consiglio di Stato “può proporre al Gran Consiglio di adattare il salario minimo”, segnatamente “in funzione dell’evoluzione del costo della vita, della congiuntura e della situazione del mercato del lavoro”. Ad ogni modo, in merito al salario minimo e alla sua applicazione il dato relativo al 2022 parla chiaro: come già riferito dal Consiglio di Stato nel mese di febbraio, l’Ufficio dell’ispettorato del lavoro l’anno scorso ha svolto accertamenti in oltre 4’200 aziende attive in tutti i settori dell’economia ticinese: “Solo in rari casi (meno del 3%) sono state riscontrate infrazioni”.