Con un’interpellanza al CdS il gruppo in Gran Consiglio evoca misteriose ricerche econometriche commissionate all’Ire nel 2018 i cui esiti sono ignoti
Con un’interpellanza targata Paolo Pamini, il gruppo Udc Ticino chiede al governo una risposta scritta entro due settimane per poterla discutere in aula del Gran Consiglio durante la prossima sessione. Il gruppo chiede come mai due importanti studi economici sui salari minimi commissionati dal Cantone all’Università Usi/Ire non sono stati pubblicati. “Forse perché la conclusione è scottante? Forse perché dimostrano che il salario minimo dei frontalieri diventa il salario massimo dei residenti?”, si legge in una nota.
Dal prossimo 1° dicembre le buste paga devono essere adeguate alla Legge cantonale sul salario minimo. La prima forchetta è stabilita tra i 19 e i 19,50 franchi l’ora. L’Udc chiede che i due studi econometrici che l’Istituto di ricerca economica (Ire) dell’Università della Svizzera italiana ha prodotto nel 2018, su richiesta del Cantone, “e che dimostrano statisticamente che l’introduzione di salari minimi (come quelli con contratti normali di lavoro) portano all’abbassamento dei salari dei residenti e che contagiano altri settori, siano resi pubblici”, si precisa. Questi approfondimenti, stando ancora alla nota dell’Udc, li hanno visti solo gli addetti ai lavori e della loro esistenza si apprende solo leggendo il rapporto annuale di attività dell’Usi per l’anno accademico 2017/2018. Ma sul web gli studi non risultano reperibili.
Gli scienziati dell’Usi hanno dunque stimato gli effetti dell’introduzione di salari minimi sui posti di lavoro e sulle possibili vie per la fissazione dei salari minimi. L’Udc vorrebbe sapere dal governo “quali erano le conclusioni, e se si possono quantificare i posti di lavoro per i residenti che – come sembra – il salario minimo farebbe perdere o metterebbe a rischio”.