Il governo propone al parlamento di procedere dal prossimo 1° dicembre con la forchetta definitiva di adeguamento tra 20 e 20,50 franchi all’ora
“Il Consiglio di Stato non ritiene vi siano le condizioni per prorogare di un ulteriore anno l’intervallo di attuazione compreso tra una soglia inferiore di 19,50 franchi e una soglia superiore di 20 franchi”. In altre parole, dall’introduzione del salario minimo in Ticino non si riscontrano effetti particolari tali da impedire l’entrata in vigore della forchetta definitiva. Nella seduta di stamane, su proposta del Dipartimento finanze ed economia, il governo ha presentato il messaggio sulla valutazione dell’impatto del salario minimo sul mercato del lavoro ticinese, basandosi su uno studio realizzato dall’Istituto di ricerche economiche (Ire) dell’Università della Svizzera italiana. Studio che non evidenzia effetti negativi per i salari e l’economia. Attraverso questo messaggio l’Esecutivo cantonale propone dunque al parlamento di procedere con l’ultima tappa di adeguamento fissando la forchetta definitiva del salario minimo. Vale a dire passando da quella attualmente in vigore, compresa tra 19,50 e 20 franchi, a una tra 20 e 20,50 franchi a partire dal prossimo 1° dicembre.
Andando con ordine, la Legge sul salario minimo (Lsm), entrata in vigore il 1° gennaio 2021, prevede che entro il 30 giugno 2024 il Consiglio di Stato valuti l’impatto dell’introduzione del salario minimo sul mercato del lavoro ticinese e sottoponga un messaggio al Gran Consiglio. Questo perché, nel caso in cui dovessero emergere effetti negativi per i salari e per l’economia ticinese, il parlamento potrebbe prorogare di un anno i termini di attuazione, mantenendo i livelli attualmente in vigore. Più precisamente, lo ricordiamo, la Lsm contempla un’applicazione graduale, con un aumento progressivo delle soglie salariali minime: tra 19 e 19,50 franchi all’ora entro il 31 dicembre 2021, tra 19,50 e 20 franchi all’ora entro il 31 dicembre 2023 e – l’ultima – tra 19,75 e 20,25 franchi all’ora entro il 31 dicembre 2024. Il governo propone quindi un salto ulteriore di 25 centesimi.
Nel suo rapporto l’Ire rileva che, a seguito dell’introduzione della Lsm, vi è stato un aumento del salario orario medio del 36% nei settori più esposti agli effetti del salario minimo – che prima della legge impiegavano molti lavoratori con uno stipendio al di sotto di quanto previsto dalla Lsm – rispetto ai settori meno esposti, ovvero laddove ai dipendenti veniva già corrisposto un importo superiore al minimo. “Questo aumento – si legge nel messaggio – sembrerebbe interessare tutte le classi di salario attorno al salario minimo. In altri termini, la sua introduzione ha determinato una ricaduta positiva, o ‘effetto a catena’, anche sui salari superiori a quello minimo”.
Il rapporto ha inoltre mostrato un andamento oscillante nel numero totale degli occupati tra il 2018 e il 2022, con un calo nel 2020 e una ripresa dal 2021. Tuttavia, scrive il governo, “l’analisi econometrica non ha rilevato un impatto statisticamente significativo sul numero totale di occupati e sulle imprese”. Tant’è che con riferimento alla disoccupazione, prosegue, “l’analisi evidenzia come il trend della disoccupazione in Ticino si mostri in linea con quello di altri Cantoni svizzeri, sia caratterizzati da un salario minimo cantonale che privi di tale normativa”. Il messaggio evidenzia infatti come il numero di persone in cerca di impiego non abbia subito incrementi nel periodo successivo all’introduzione del salario minimo. Per quanto concerne gli effetti sull’occupazione, l’Ire non ha constatato impatti notevoli sulla probabilità di rimanere occupati, inclusa quella dei giovani, né è stata osservata una diminuzione statisticamente significativa delle ore settimanali lavorate.
Lo studio si è poi concentrato sulla probabilità di entrata nel mercato del lavoro ticinese, “rilevando un effetto positivo sui lavoratori svizzeri, in particolare nell’industria manifatturiera”, ma non riscontrando risvolti rilevanti sui lavoratori stranieri.
Nel messaggio vengono pure fornite alcune informazioni che permettono di meglio contestualizzare il salario minimo in Ticino. In primis la strategia di controllo dell’Ufficio dell’ispettorato del lavoro che, dall’entrata in vigore della Lsm, ha esaminato complessivamente circa 8’700 aziende, per un totale di circa 47mila lavoratori. Considerando che, escludendo le aziende individuali, il settore agricolo e l’amministrazione pubblica, in Ticino sono attive circa 12mila aziende nei settori privi di contratto collettivo di lavoro, “nei primi due anni di controlli sul rispetto della Lsm – afferma il governo – è stato controllato più del 70% delle aziende assoggettate alla legge”. E aggiunge: “A fronte di questo importante numero di verifiche, si rileva un tasso di infrazioni molto contenuto, che si attesta attorno al 3%, di cui un’importante quota è da ricondursi a errori di calcolo”. In secondo luogo, le linee guida sugli stage. Per il Consiglio di Stato, uno strumento che “si è dimostrato di fatto molto efficace, per regolamentare in maniera uniforme lo statuto dello stagiaire e, in particolare, per contrastare il raggiro delle disposizioni sui salari minimi dei contratti normali di lavoro”. Insomma, alla luce dei risultati dei primi due anni di controlli, non sono stati sostanzialmente constatati abusi di questa tipologia di impiego con lo scopo di aggirare la Lsm.
«L’eventuale decisione del Gran Consiglio, che potrebbe peraltro anche non approvare la proposta del governo, deve avvenire il più presto possibile», commenta da noi interpellato il direttore dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti) Stefano Modenini. La forchetta verrebbe infatti adeguata dal prossimo 1° dicembre: «Siccome le masse salariali dell’anno successivo si decidono in autunno – rimarca – le aziende devono essere avvertite in tempo, non si può pretendere di aspettare novembre». Non solo. «Per il resto – osserva Modenini – i beneficiari del salario minimo sono per due terzi residenti all’estero. Riguardando poche migliaia di persone, è normale che l’impatto sia limitato».
Ad accogliere positivamente la comunicazione del governo il sindacalista dell’Ocst e deputato del Centro Claudio Isabella: «Ben venga il messaggio del Consiglio di Stato e ben venga che non abbia creato problemi al mercato del lavoro, come pure che le infrazioni siano state relativamente poche, anche se ogni singola infrazione è una di troppo». Ma, tiene a precisare, «come sindacato puntiamo tuttora sui contratti collettivi per regolamentare il mercato, anche perché il grosso problema che abbiamo in Ticino riguarda i salari in generale. Nel confronto intercantonale siamo di molto al di sotto della mediana svizzera, il salario minimo da solo non basta».
Per il deputato dell’Mps Giuseppe Sergi non è tutto oro quello che luccica: “Il governo – scrive sui social –propone di diminuire il potere d’acquisto di questi salari”, dato che l’incremento di 25 centesimi proposto al parlamento corrisponde “a meno della metà dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo”. «Viene ora dimostrato che il salario minimo legale è uno strumento utile per i lavoratori e non ha controindicazioni per le aziende. Non ha causato perdite di posti di lavoro e non vi è stato un appiattimento su di esso degli stipendi più alti. Resta comunque il problema dei contratti collettivi con salari al di sotto del salario minimo legale», dice il capogruppo del Ps Ivo Durisch. «In commissione Gestione, quando si affronterà il messaggio governativo, vedremo se riproporre e confrontarci sul tema dell’adeguamento del salario minimo all’aumento dei prezzi».