Marchesi alla vigilia dello sciopero: ‘Dobbiamo agire sia sulla qualità sia sulla quantità, per rendere più funzionale l'Amministrazione. Ecco come’
«Dobbiamo agire sia sulla quantità sia sulla qualità dei dipendenti pubblici, perché la spesa per il personale negli ultimi anni è esplosa, senza che ciò sia corrisposto a un miglioramento del servizio per i cittadini». E per agire, si intende il lancio di «una serie di iniziative parlamentari e verosimilmente una o più iniziative popolari». Alla vigilia dello sciopero indetto dai sindacati per difendere le condizioni dei lavoratori nel settore pubblico il presidente dell’Udc Piero Marchesi rompe gli indugi e in un colloquio con ‘laRegione’ spiega la proposta «non solo democentrista, ma di tutto il fronte della destra, con Lega e Mattino» che vedrà presto la luce con l’obiettivo di «rendere più funzionale e meno costosa l’Amministrazione pubblica».
Nel concreto, di cosa si tratta?
Abbiamo due obiettivi. Il primo è avere un giusto numero di dipendenti pubblici, lo studio commissionato all’Idehap di Losanna dimostra che ne abbiamo il 33% di troppo rispetto alla media degli altri Cantoni. Bisogna trovare un sistema che, in modo graduale e dunque senza licenziare nessuno, porti a una riduzione progressiva del numero di collaboratori a una quantità ragionevole. Un esempio concreto per farlo potrebbe essere quello che andrà in votazione nel Canton Soletta domenica, che lega il numero di dipendenti pubblici al rapporto col numero della popolazione. Assieme al discorso quantitativo, ce ne dovrà essere uno qualitativo: cioè pagare in modo migliore e più dinamico i dipendenti pubblici. Il sistema attuale degli scatti automatici è un meccanismo preistorico e superato. Vorremmo fare in modo che si possa rivedere il sistema di remunerazione, tenendo conto di aspetti meritocratici, quindi dando di più a chi merita. Sarebbe una risposta concreta ai giovani che entrano nell’Amministrazione con salari molto bassi, favorendo inoltre anche gli avanzamenti di carriera, oggi spesso frenati. Oppure incentivare chi è già in carriera a non “sedersi” perché ha la certezza di beneficiare ogni anno di un aumento automatico di salario. Si aumenterebbe così la qualità dei dipendenti pubblici, il buon lavoro dell’Amministrazione, la riduzione della burocrazia, migliorando di conseguenza il servizio erogato ai cittadini e alle Pmi.
E come intendete arrivare a formulare queste proposte?
Verosimilmente con un doppio percorso. In parlamento, con una o più iniziative parlamentari. Ma anche agendo abbastanza presto con il lancio di una o più iniziative popolari, perché l’iter parlamentare impiega troppo tempo. L’Udc, in particolare grazie a Sergio Morisoli, si è già mossa per confezionare una proposta cercando alleati: la Lega, che si è detta interessata a copromuovere i progetti e così anche ‘Il Mattino’, nota macchina da raccolta firme, oltre che importante media. Il tutto a dimostrazione che la nostra alleanza è basata sui temi.
D’accordo, ma converrà che il terreno è fragile. Il Preventivo ’24 è stato molto depotenziato sia dalle proteste di piazza, sia dalla maggioranza del Gran Consiglio, che non solo ha alleggerito alcuni tagli proposti dal governo, ma è anche andato contro dei vostri emendamenti che chiedevano di essere più incisivi nei risparmi proposti dalla Gestione. Domani ci sarà lo sciopero dei sindacati. Non sembra ci sia un grande sentimento verso proposte come quella da lei illustrata.
Credo invece il contrario e porto tre considerazioni alle sue domande. La prima è che l’Udc e la destra non hanno l’obiettivo di mettere in difficoltà chi lavora per lo Stato, semmai sostenerlo, perché se la macchina statale lavora bene, allora offre anche buoni servizi. Ma non si può far finta che il problema non esista: negli ultimi sei o sette anni i dipendenti pubblici sono aumentati di oltre 750 unità, il costo per il personale è passato da 900 a oltre 1’160 milioni di franchi in 14 anni. Le imposte pagate dalle persone fisiche non sono più sufficienti per fare le paghe del personale. La seconda considerazione è che proprio perché in parlamento ci sono dinamiche che portano a non trovare soluzioni, agiremo verosimilmente anche con una o più iniziative popolari. Capisco le rimostranze di chi lavora nel pubblico, ma ricordiamo sempre che lì le condizioni di lavoro sono nettamente migliori che nel privato: la media è attorno ai 100mila franchi di salario, nel privato non si superano i 70mila e la garanzia del posto fisso è nota. Sono diversi i dipendenti pubblici che si sono recentemente lamentati con noi della situazione creatasi nell’Amministrazione pubblica e ci chiedono soluzioni, non scioperi. La terza considerazione con cui le rispondo è che se domani ci sarà uno sciopero, è altrettanto vero che ci sono 170mila persone che ogni giorno nel privato lavorano senza avere in molti casi da anni rincari o aumenti, pagando le imposte che servono anche per gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Ma allora perché non migliorare le condizioni nel privato invece che, come alcuni vi accusano, tendere al ribasso con il servizio pubblico?
Questa critica arriva in modo incoerente proprio da chi ha fatto di tutto per peggiorare le condizioni di lavoro nel privato, sostenendo a spada tratta la libera circolazione delle persone. Una volta, senza questo accordo, la situazione nel privato era migliore, sia a livello di salari, sia di condizioni, sia di confronto con la Svizzera interna. Chi ci accusa non ha fatto niente, decidendo di non applicare le votazioni popolari del 9 febbraio e ‘Prima i nostri!’ e rifiutando qualsiasi azione concreta di sostegno ai lavoratori ticinesi.
Ciò però non toglie che i bisogni della società aumentano e aumentano quindi anche i compiti dello Stato. Come è possibile fare di più con meno?
La spesa sociale negli ultimi 10/15 anni è esplosa, e malgrado questo i ticinesi non stanno meglio. È la dimostrazione che l’impegno dello Stato nella società non si misura unicamente con quanti soldi, a volte, butta nel sostegno a cittadini di determinate fasce. Mi riferisco a quanto emerso nel recente dibattito sul Preventivo, ci sono famiglie con 150/160mila franchi di reddito con tre figli che percepiscono sussidi di cassa malati. Ma vi pare normale? Questa non è socialità, ma è, appunto, buttare soldi dalla finestra. Se si vuole aiutare chi ha bisogno, si deve essere anche in grado di dire che non bisogna più dare sussidi a chi li ha ricevuti senza averne bisogno. Non è aumentando i dipendenti pubblici che faremo gli interessi dei cittadini, semmai snellendo e rendendo più moderna l’Amministrazione pubblica.
C’è chi vi considera affamatori del popolo. Come replica?
Che diversamente siamo i difensori di chi paga le imposte e che non va necessariamente in piazza a manifestare.