Il Gran Consiglio dopo una lunghissima discussione dà il via libera al pacchetto di revisione della legge tributaria. Ps e Verdi pronti al referendum
Dopo mesi di discussioni – e un rinvio a gennaio proposto dal Centro e sfiorato per quattro voti – è stata approvata dalla maggioranza del Gran Consiglio (45 favorevoli, 24 contrari e 12 astenuti) la riforma della Legge tributaria che prevede, tra le altre cose, la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito dell'1,66% per compensare il ritorno del coefficiente cantonale d'imposta dal 97% al 100% e la riduzione dell'aliquota massima dal 15% al 12% da qui al 2030. Proprio questo punto, il più controverso, è stato al centro del dibattito in parlamento e lo sarà anche nei prossimi mesi con la sinistra che ha già annunciato l'intenzione di lanciare un referendum.
Comunque c'è stata battaglia, e mica poca. Nel dibattito che ha preceduto il voto, è la capogruppo del Plr e correlatrice del rapporto commissionale Alessandra Gianella a rimarcare come «se rimanessimo fermi, il ritorno del coefficiente cantonale d’imposta al 100% porterebbe a un aggravio fiscale di 45 milioni di franchi». E, parlando dei quattro assi portanti della riforma, Gianella ha sottolineato che «questi interventi fiscali hanno l’obiettivo di modernizzare la Legge tributaria ferma al palo da troppi anni, migliorare l'attrattività fiscale passando comunque dal 21esimo al 16esimo posto per l’imposta sul reddito, garantire ai contribuenti una fiscalità il più possibile in linea con gli altri Cantoni, neutralizzare il ritorno del coefficiente d’imposta al 100%». E poi la stoccata al Centro, che prima ha chiesto il rinvio della discussione per svolgerla contestualmente al Preventivo ’24 e poi si è astenuto. Nel dibattito sul rinvio, l’attacco secco: «Il Centro ha collaborato ad alcune misure presentate e discusse in questo rapporto, per poi dileguarsi, non firmare e chiedere addirittura il rinvio». Poi, rimarca: «Questa è la nostra proposta, non è più tempo di tergiversare. Decidere di non decidere non è una soluzione».
L’altro correlatore presente, il capogruppo leghista Boris Bignasca, è serafico come sempre: «Non posso chiamarla riforma perché non è una riforma, non è un vero sgravio perché la riduzione delle aliquote va assieme all’aumento del moltiplicatore. Volevo chiamarla minestra, ma la Gestione ha cambiato la ricetta…». Eppure via Monte Boglia la sostiene, «perché con 45 milioni a disposizione, e con questi ingredienti, era impossibile avere una minestra migliore. Al popolo decidere se accettare questo compromesso o alzarsi le imposte».
Sugli scudi è il capogruppo del Ps Ivo Durisch, armato dei grafici d’ordinanza e «parecchia indignazione». Perché «in Ticino l’1% dei contribuenti più ricchi possiede il 50% della sostanza, e il 10% dei contribuenti guadagna il 50% totale dei redditi. Questa è la piramide delle disuguaglianze, è inutile dire che pochi pagano tante tasse. È perché pochi hanno la maggior parte della sostanza». E attacca a testa bassa: «Non possiamo permetterci una manovra di risanamento sulle spalle dei più fragili e una legge tributaria a favore dei più ricchi, quale parlamento civile voterebbe una cosa del genere?». Finito? No: «I milionari non stanno scappando, anzi. Questa riforma pone un problema politico, ma anche etico e morale: se i più facoltosi pagano 35mila franchi in meno di tasse l’anno, e a 35 famiglie si tolgono mille franchi di sussidio di cassa malati, mi chiedo con che serenità andrà a letto la sera quel milionario, se ha una coscienza».
«Solo un intervento significativo sarà adeguato ai tempi», ribatte la liberale radicale Simona Genini: «Chi vuole la socialità senza il gettito, o pensa a ridurla o a finanziarla col debito».
Il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni tiene fermo il punto: «Ribadisco, la nostra richiesta di rinviare è motivata dal volere un esercizio complessivo in cui nessuno ci perda. Dal punto di vista fiscale va bene, abbiamo corretto le distorsioni del messaggio. Adesso resta il ceto più fragile, che riceve prestazioni dallo Stato che potrebbero essergli tolte. Avremmo appoggiato volentieri questa riforma, con la certezza di ridiscutere gli elementi più problematici del Preventivo, ma non è successo. Valuteremo e misureremo il nostro impegno nel sostenerla in votazione popolare». Intanto, è astensione.
Riparte secco alla carica il copresidente socialista Fabrizio Sirica: «Si chiede una solidarietà verso l’alto, i tagli ai salari dei dipendenti pubblici e nella socialità vanno a finanziare questi sgravi».
Per contro il capogruppo dell’Udc Sergio Morisoli saluta con un sommesso «finalmente» quello che definisce «pacchettino» fiscale, dal momento che «sono briciole, ma comunque si darà respiro ai contribuenti e risponde alla nostra priorità di alleggerire il carico fiscale».
La verde Samantha Bourgoin evidenzia che «quanto vi apprestate a sostenere non è stato discusso né concordato con i Comuni, da un lato chiedete loro attenzione per i servizi di prossimità, dall’altro li mortificate con decisioni simili». In un contesto dove «dovranno tagliare i servizi o aumenteranno il moltiplicatore, saranno sempre gli stessi cittadini a pagare con minori servizi o un aumento delle imposte a tutti. Sentire discorsi da salvatori della patria dalla maggioranza non cambia la realtà dei fatti».
Con la bocciatura di Amalia Mirante (Avanti con Ticino e Lavoro), Tamara Merlo (Più donne), Massimiliano Ay (Pc) e Giuseppe Sergi (Mps) – e dopo aver registrato il sì di Massimo Mobiglia (Pvl) – arriva il via libera parlamentare. Tutti consapevoli che il lancio del referendum da parte della sinistra è questione di giorni, e il discorso non è chiuso.
Un ruolo importante potrebbero giocarlo i Comuni, che già nelle scorse settimane si sono espressi criticando la riforma. E che chiedevano di essere maggiormente coinvolti visto che la riforma va a incidere direttamente sui loro gettiti. A tal proposito, segnaliamo che il deputato liberale radicale Nicola Pini, municipale di Locarno, ha votato sia a favore del rinvio della discussione a gennaio, sia contro il rapporto di maggioranza nella votazione finale.
«Bisogna fare chiarezza su un punto – afferma in apertura del suo intervento Christian Vitta, direttore del Dipartimento finanze ed economia (Dfe) –. Non stiamo andando a sottrarre risorse fiscali in più. Si può discutere sul contenuto della riforma, ma affermare che va a svuotare le casse dello Stato è sbagliato». Il direttore del Dfe ha poi riconosciuto come il messaggio presentato in luglio dal Consiglio di Stato fosse «più tecnico che politico. Nel dicembre 2020 è stato costituito un tavolo di lavoro tecnico per identificare misure, tecniche, da apportare alla legge tributaria. Ne è scaturita una riforma per ammodernare il nostro sistema fiscale e per renderlo più concorrenziale. Il messaggio riflette questa analisi tecnica».
Il lavoro della commissione della Gestione, ha aggiunto Vitta, «ha invece svolto un'analisi più politica. Il compromesso, lo riconosco, è politicamente più accettabile visto il contesto attuale». A proposito di accettabilità politica: «Non è stato presentato un messaggio da 60 milioni proprio perché si è tenuto conto del contesto. Anzi, per i primi anni l'impatto della riforma sarà minore di quello preventivato inizialmente e permetterà di recuperare delle risorse».
Sul punto più discusso dei quattro contenuti nella riforma, l'abbassamento dell'aliquota massima dell'imposta sul reddito, il direttore del Dfe ricorda che «nei prossimi anni le aziende avranno l'aliquota minima del 15%. La concorrenza fiscale si sposterà sempre di più da quella sulle imprese a quella sui manager. Figure professionali che poi decidono la localizzazione delle aziende. Non è quindi solo questione di partenza e arrivo degli altri contribuenti, ma anche delle aziende, con conseguenze su posti di lavoro ed economia». Vitta ha poi ricordato al Gran Consiglio che avrà la possibilità di accelerare (o rallentare) la riduzione dell'aliquota massima prevista dal 2025 al 2030.
Poche le parole spese per quanto riguarda le critiche, anche dure, ricevute dai Comuni sull'impatto che la riforma presentata dal governo e i correttivi della Gestione comporterà. «L'impatto della riforma avrà una distribuzione diversa tra i Comuni. Le preoccupazioni ci sono, lo sappiamo, e andranno seguite con grande attenzione».