La maggioranza commissionale (Plr, Lega e Udc) mantiene il compromesso senza convocare i Comuni. Foletti: 'Prendiamo nota della considerazione...’
La Commissione della gestione tira dritto. Nonostante le dure critiche arrivate ieri dai cinque Municipi dei Centri urbani – Chiasso, Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Locarno – e dall'Associazione comuni ticinesi (Act), la maggioranza dei commissari ha sottoscritto il rapporto di Plr, Lega e Udc sulla riforma tributaria presentata in luglio dal Consiglio di Stato. In aula arriverà «un compromesso» ha spiegato il presidente dalla Gestione, il leghista Michele Guerra. Compromesso che si distanzia in contenuti e tempistiche rispetto al messaggio iniziale elaborato dal Dipartimento finanze ed economia diretto da Christian Vitta. Le proposte principali contenute nel rapporto di maggioranza sulle quali si esprimerà il Gran Consiglio in dicembre sono la riduzione dell'aliquota generale d'imposta dell'1,66% come compensazione dell’aumento del 3% del coefficiente cantonale d'imposta (che tornerà al 100%, adesso è al 97), l’incremento della deduzione delle spese professionali fino a 3’500 franchi e la riduzione, spalmata su un periodo di sei anni, dell’aliquota per i redditi più alti dal 15 al 12%. «Abbiamo analizzato e tematizzato quanto ci hanno scritto i comuni – precisa Guerra –, la maggioranza della commissione ha però deciso di non sospendere l’iter per sentirli in audizione». Questo nonostante la richiesta, degli stessi sindaci dei Centri urbani e dell'Act, “di essere coinvolti prima di intraprendere eventuali iniziative”.
«I Municipi avevano a disposizione solo il messaggio del governo, che parlava di un impatto per i Comuni di 33 milioni. La proposta della maggioranza della commissione è diversa», spiega la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella, co-relatrice del rapporto. «Fino al 2028, compreso, ci sarà una minore contrazione del gettito. Gli ultimi due anni costerà qualcosina in più. Il punto chiave – aggiunge Gianella – è che dal primo gennaio 2024, se non si facesse una riforma, ci sarebbe un aggravio per tutti con il ritorno del moltiplicatore al cento. Il nostro ragionamento è stato: andiamo a neutralizzare questo aumento tagliando dell'1,66% le aliquote per tutti e ‘spalmiamo’ la riduzione dell’aliquota massima su un periodo maggiore». I Municipi, quindi, «non disponevano di tutte le informazioni sul tavolo della gestione. Non si può dire che la nostra proposta è peggiorativa rispetto al messaggio del governo, contro il quale nessun comune si era mosso, anzi. Ricordo inoltre – conclude la capogruppo Plr – che dal 2025 ci sarà la possibilità di diversificare il moltiplicatore tra persone fisiche e persone giuridiche».
«Con il messaggio del governo, al quale i Comuni avevano sostanzialmente aderito, gli si attaccava al collo una pietra grossa, col nostro compromesso questa pietra sarà più piccola. Probabilmente c’è stato qualche problema di comunicazione e un maggiore coinvolgimento avrebbe aiutato». Ma, afferma ancora l’Udc Paolo Pamini, pure lui relatore, alla sua ultima seduta commissionale prima di lasciare il parlamento cantonale per quello federale, «il punto dal quale si è partiti è che non ci possono essere cittadini che pagano più imposte di adesso e l’unico modo per farlo in maniera ‘pulita’ era abbassare tutta la scala delle aliquote. Inizialmente si pensava del 3%, dopo aver sentito alcuni Comuni si è deciso di optare per il minimo indispensabile: l’1,66». La discesa scaglionata dell’aliquota massima è per Pamini «un gesto di ‘Realpolitk’, anche se ammetto che non mi fa fare i salti di gioia». Sulla critica di aver solo rimandato il problema dal 2029 in poi il democentrista risponde: «Stiamo parlando di quello che succede fra sette anni. Di acqua sotto i ponti ne deve ancora scorrere e si spera che il Pil aumenterà».
Ps e Verdi non ci stanno, e sempre oggi hanno sottoscritto il rapporto di minoranza stilato dal capogruppo socialista Ivo Durisch che, raggiunto da ‘laRegione’, evidenzia «l’assurdità di quanto hanno proposto. Pur spalmando in più anni il passaggio al 12% dell’aliquota massima perché avevano paura del referendum, risanano le finanze tagliando. Appena saranno risanate, arriveranno altri ammanchi. E si dovrà risanare quegli ammanchi dovuti agli sgravi per le persone più ricche».
Il copresidente del Ps Fabrizio Sirica rilancia: «Questa riforma fiscale è come una macchina che perde pezzi. Il primo è stato il sostegno di un partito (il Centro, ndr), il secondo è quello dei Comuni che prima non si erano espressi negativamente e adesso hanno sferrato un vero e proprio attacco a questa riforma fiscale, il terzo pezzo che perderà spero sia il popolo quando sarà chiamato alle urne se il Gran Consiglio avallerà questo rapporto di maggioranza». Sirica sottolinea come ci sia «un aggravio netto per i Comuni, a partire dal 2029, di 7,7 milioni di franchi in più rispetto al messaggio governativo. Non si può guardare solo questi anni, dal 2030 questo deficit aggiuntivo sarà strutturale. Si risponde dicendo che allora i Comuni aumenteranno il moltiplicatore? Questo è deresponsabilizzarsi, e scaricare sui Municipi la responsabilità. Poco corretto, poco giusto e non sta in piedi».
Poi è chiaro, «il passaggio dell’aliquota massima dal 15 al 12% è l’elefante nella stanza. Si chiede un contributo di solidarietà alla gente comune tra taglio degli stipendi, mancato riconoscimento del rincaro e sforbiciata ai sussidi di cassa malati e andiamo a regalare soldi? Nel 2030, quando sarà a regime, regaleremo 31 milioni di franchi a chi ha una busta paga netta di più di 30mila franchi».
Da qui parte anche la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin: «Dicono ai Comuni di pagarsi questo aggravio perché il loro unico scopo e obiettivo è sgravare i più abbienti: il resto sono briciole di un panino che vogliono dare a tutti, ma per dare il caviale a chi guadagna già tanto».
E cosa dice il capogruppo del “primo pezzo mancante” citato da Sirica, il centrista Maurizio Agustoni? «La nostra richiesta era discutere la riforma tributaria contestualmente al preventivo, perché proprio nel preventivo ci sono diverse misure che toccano in modo importante il ceto medio». E quindi, riprende Agustoni, «ci sembrava corretto che l’esercizio rimanesse coerente. Se si voleva rendere più attrattivo il Cantone con la riduzione dell’aliquota massima, che per noi ci può stare, sarebbe stato incoerente allo stesso tempo tagliare i sussidi di cassa malati del ceto medio. Era quindi preferibile avere un esercizio complessivo da sottoporre, nel caso, al voto popolare. Così si scorpora il tema fiscale senza sapere cosa si deciderà sugli altri». Insomma, il Centro non figurerà tra i relatori. «Ci sarà chi sosterrà questo rapporto, ci saranno degli emendamenti… ma non ce la siamo sentita di avallare una misura che farà mancare alle casse cantonali decine di milioni di franchi senza sapere cosa succederà al ceto medio».
«Prendiamo nota del grado di considerazione che la Gestione ha dell’istituzione comunale…» commenta caustico e sull’arrabbiato andante il sindaco di Lugano Michele Foletti, da noi interpellato per un commento. Ed è un crescendo rossiniano: «Siamo all’oscuro di tutto, non ho avuto modo di discutere niente con i commissari della Gestione mentre con il Consiglio di Stato, e gliene do atto, abbiamo fatto diverse riunioni dove abbiamo discusso i vari scenari e le compensazioni». Difatti il sostegno al messaggio governativo c’era, «ma l’aumento delle detrazioni per le spese professionali era inteso a compensare l’aumento del coefficiente cantonale, chi produce lavoro non è giusto che abbia un aggravio di imposta. Adesso la Gestione – tuona Foletti – ha compensato questo rialzo al 100% del coefficiente cantonale con un taglio lineare delle aliquote mantenendo le detrazioni. Questo va a toccare non poco i Comuni, che sono, ripeto, all’oscuro di tutto». Il sindaco di Lugano attacca a testa bassa: «Quando si va a toccare la Legge tributaria si deve sapere che ci sono due attori in gioco: il Cantone, ma anche tutti i Comuni. Il buonsenso vorrebbe che ci fossero degli incontri e del dialogo, io sto aspettando di sapere dai media cosa è stato deciso». E ancora: «Un’altra questione da capire riguarda l’impatto che avranno queste modifiche sull’attuale sistema perequativo: il rischio è che i Comuni che ricevono rischiano di ricevere di meno, c’è in ballo il doppio moltiplicatore a partire dal 2025, ci sono le misure progressive fino al 2030… Si è persa completamente la visione complessiva del tema».
A Bellinzona le nubi sono altrettanto scure. Il capodicastero finanze Fabio Käppeli raggiunto da ‘laRegione’ risponde secco: «Prendiamo atto che la Gestione dopo aver stravolto la riforma ha voluto tirare dritto senza considerare la posizione corale arrivata da Città e Comuni. Da ex granconsigliere non mi sarei mai immaginato una valutazione così sommaria di quello che è l’impatto sulle nostre finanze, non solo tra sei o sette anni. Ma già fra un mese». Ciò che dà ancor più fastidio, riprende Käppeli, è che «noi abbiamo allestito il preventivo nei termini di legge potendoci basare solo sul messaggio governativo, per cui abbiamo calcolato qualche centinaia di migliaia di franchi di impatto, che era ancora sopportabile. Oggi ci troviamo invece, a preventivi fatti, con 1,4-1,5 milioni in meno, mentre altri Comuni stanno ancora cercando di capire come si abbatterà sui loro conti. Non è possibile lavorare in questo modo tra istituzioni – aggiunge stizzito Käppeli – e spero che il plenum del parlamento se ne renda conto. Se questa è la considerazione e il rispetto che si ha per l’operato degli Enti comunali le prospettive di un altro cantiere, la riforma ‘Ticino 2020’, mi sembrano tutt’altro che serene». Il fronte dei Comuni si è fatto sentire anche in Gestione però, con il municipale locarnese Nicola Pini che non ha firmato il rapporto di maggioranza.
Due rapporti sono stati firmati anche per quanto riguarda le imposte di circolazione dell’anno prossimo, con la maggioranza della commissione che sostiene il nuovo calcolo proposto dal Consiglio di Stato. Un calcolo che, a differenza di quanto votato alle urne un anno fa, tiene conto anche di peso e potenza del veicolo e permetterà al Cantone di incassare 91 milioni di franchi, dieci in più del 2023. «C’è una maggioranza che vuole sovvertire il verdetto popolare e aumentare il prelievo. Probabilmente perché ritiene i cittadini non abbastanza intelligenti. Nonostante questo non hanno la minima idea di quanti automobilisti saranno chiamati a pagare di più». È tutto all’attacco il commento di Maurizio Agustoni (Centro), con il suo partito che ha redatto un rapporto di minoranza insieme all’Udc per mantenere l’attuale formula, che tiene in considerazione solo le emissioni. D’altro avviso Samantha Bourgoin (Verdi) che sostiene il rapporto di maggioranza: «Si sapeva che questa formula con solo il CO2 come criterio sarebbe scoppiata, perché non può garantire le entrate».