Ticinesi tampinati da agguerrite società di incasso per multe nei Balcani prese da chi ha falsificato la loro targa. La storia di due donne del Sopraceneri
Ticinesi ‘perseguitati’ da società di incasso elvetiche che, anche al ritmo incalzante di due lettere al mese, minacciano di passare alle maniere forti, se non si paga un presunta ‘multa’ in Serbia per posteggio. È successo a due donne del Sopraceneri che in Serbia non sono mai state. Allegato al sollecito di incasso – che non è emesso dalla locale polizia ma da una società privata di parcheggio – ci sono più foto che ritraggono un’autovettura con targhe ticinesi, in un posteggio che non è stato pagato. Ci sono data, ora e luogo dell’infrazione. E la ‘minaccia’ di passare ad un precetto esecutivo, se non si paga subito.
Nei due casi che vi raccontiamo, chi ha ricevuto le ‘multe’ da onorare, non è mai stato in Serbia, non ha mai immatricolato le autovetture fotografate, ma ha effettivamente quei numeri di targa, che qualcuno ha falsificato e usa nei Balcani.
Entrambe le conducenti, per mesi non hanno dato seguito alle richieste pressanti, che in un primo momento arrivavano da una società di incasso inglese. La somma aumentava di missiva in missiva, raggiungendo importi da centinaia di franchi. Nel 2018 le pratiche sono passate a società di incasso elvetiche (eCollect di Baar in un caso e Inkassolution di Hünenberg nell’altro).
A questo punto, entrambe le ticinesi hanno deciso di dimostrare la loro estraneità ai fatti per evitare fastidi maggiori. Oltre al danno di avere la propria targa clonata che circola all’estero, anche lo stress di dover dimostrare la propria innocenza e togliere la miccia alle agguerrite società di incasso, che sono incaricate da terzi di recuperare i crediti.
Qualche caso è arrivato anche al Touring Club Svizzero, al giurista Paolo Ferrazzini. Il responsabile Servizio giuridico Bellinzona di Assista Protezione giuridica SA ci spiega che cosa è meglio fare in questi casi. «Spesso si tratta di posteggi gestiti da ditte private, quindi ci muoviamo in ambito civilistico e non penale, non essendoci un’infrazione del codice stradale serbo e una multa emanata dalla polizia», spiega il giurista.
Chi è certo che la sua vettura non era in quel posto, deve farsi avanti con la ditta di incasso e dimostrarlo: «È opportuno inviare una lettera raccomandata, allegando le prove che quel giorno la vettura era in Svizzera. Ad esempio una testimonianza di un parente o meglio ancora di un conoscente con una copia di un documento d’identità».
Consigliabile reagire subito, piuttosto che stracciare e gettare via le richieste di incasso. «Così se vi sarà un seguito, si avrà a disposizione un valido elemento per controbattere», spiega.
Se la questione non dovesse risolversi ci sono altre piste da tentare.
Se la targa è corretta ma non l’autovettura, si può coinvolgere la Sezione della circolazione chiedendo di confermare che con quella targa non era immatricolato quel mezzo ritratto nella fotografia. E per evitare qualsiasi altro problema, il giurista Ferrazzini, consiglia anche una denuncia in polizia contro ignoti per falsificazione di targhe.
«Così se quel veicolo con targhe falsificate dovesse creare problemi, il vero titolare di quella targa avrà le carte in regola», conclude.
«Mi ha molto infastidito scoprire che le mie targhe fossero state clonate da qualcuno in Serbia. È disarmante sapere che uno sconosciuto ha i tuoi dati e li sta usando illecitamente per chissà quale scopo. Ti chiedi come ha fatto ad appropriarsene. Ti senti impotente e ti chiedi che cosa sa di te», dice Marta (identità nota alla redazione), una casalinga cinquantenne del Bellinzonese.
Dal 2016, mese dopo mese, per quasi due anni, si è vista bombardare di richieste di pagamento da società di incasso, prima estere poi svizzere, per un posteggio scoperto a Valjevo. Una cittadina da 58mila abitanti, che la donna non ha mai visitato in vita sua. «Non sono mai stata in Serbia e quella non è la mia autovettura, solo le targhe coincidono», precisa.
Guardiamo insieme la documentazione. Ci sono numerosi solleciti di pagamento, poi le foto di una Hyundai con le targhe della bellinzonese (che invece è titolare di una Fiat) posteggiata nella cittadina serba dove non è stato pagato il posteggio. Ad ogni sollecito la somma da pagare aumenta.
Per evitare di avere problemi la bellinzonese si rivolge in polizia sporgendo una denuncia contro ignoti per il reato di falsificazione di targhe di controllo. Un passo per scongiurare ulteriori problemi, che viene comunicato alla società di incasso svizzera. Le missive continuano comunque come nulla fosse. La donna lascia passare ancora qualche mese e poi si rivolge di nuovo alla polizia giudiziaria che prenderà contatto con la società di incasso per segnalare l’avvenuta falsificazione delle targhe della donna.
Nelle foto si vede una Volkswagen blu targata Ticino in un posteggio su una via pubblica. Siamo in Serbia a Stojana Novakovica. Il 9 maggio del 2017, alle 10.30, la VW sostava senza mostrare un permesso o aver pagato il posteggio (vedi foto). La multa è di 43 franchi.
Quel numero di targa è di una donna della Riviera, che non è mai stata in Serbia. Dall’estate 2017, la donna riceve pressanti richieste di incasso. Le prime missive arrivavano da una società di Londra, ma dal 2018 il dossier è passato ad una società di incasso di Baar che tempesta la donna di lettere, ventilando di passare alle maniere forti, si parla di precetto esecutivo. Dai 43 franchi iniziali, di mese in mese, si è saliti a 154 franchi. «Il numero di targa è il mio, ma non ho mai avuto una Volkswagen blu e non sono mai stata in Serbia», spiega la donna, mentre ci mostra la documentazione. Questa situazione ha messo a dura prova la sua pazienza. Essere il bersaglio di pressanti richieste di pagamento per un’infrazione mai commessa è scocciante. «All’inizio in polizia mi hanno detto di stracciare tutto», racconta. Per qualche mese si mette il cuore in pace, ma vista l’insistenza della società di incasso elvetica, che le scrive ogni due settimane, decide di reagire. Si rivolge alla Sezione della circolazione di Camorino. «Hanno attestato che il giorno dell’infrazione le mie targhe non erano su una VW. Ho girato tutto alla società di incasso a metà dicembre ma continuano a scrivermi». Anche la polizia cantonale ha scritto alla società di incasso chiedendo di interrompere la procedura. La risposta: non capiamo l’italiano, comunichiamo solo in tedesco e in inglese. Anche la polizia è rimasta di stucco!