Il Dipartimento istituzioni vuole vederci chiaro su procedure e legittimazione
Società che incassano multe per conto, sostengono le stesse, degli Stati dove è stato violato il codice stradale: il Dipartimento istituzioni vuole vederci chiaro. La Sezione cantonale della circolazione ha così scritto di recente a Berna, ponendo all’Ufficio federale di giustizia (Settore assistenza internazionale) una serie di domande. Perché – annotano nella lettera Cristiano Canova e Michele Isolini, rispettivamente responsabile e capo dell’Ufficio giuridico della Sezione – “a scadenze più o meno regolari siamo confrontati con il problema, che non sembra avere una soluzione chiara e definitiva”.
Il problema? Una ditta privata, svizzera o estera, trasmette al conducente residente in Svizzera “un avviso di contravvenzione commessa all’estero, chiedendone il pagamento”. All’importo della multa, rileva ancora la Sezione della circolazione, “si aggiungono spese (a volte esorbitanti) e interessi”. Anche la comunicazione “è sovente lacunosa”. Ovvero: “non è chiara l’autorità” per cui la ditta agisce, “non viene garantita un’adeguata risposta” a eventuali richieste di precisazioni, lo scritto “presenta errori ortografici e una grafica poco professionale”. Fatto sta che “sono numerosi i conducenti” che, alla luce di queste situazioni, “si rivolgono” al Cantone. Come ha fatto anche il Fat, il Fronte automobilisti Ticino.
Nella missiva indirizzata all’Ufficio federale di giustizia, la Sezione della circolazione chiede fra l’altro se, per essere valida, l’intimazione di una multa debba essere fatta dalla competente autorità o possa essere delegata a una società privata. Se l’intimazione è stata correttamente effettuata dall’autorità, in caso di mancato pagamento “la procedura d’incasso può essere assunta da una società privata?”. E ancora: “Vi è una differenza” se la società d’incasso è svizzera o estera? La società “può richiedere tasse e spese supplementari? Entro quali limiti? E interessi?”. L’articolo 271 del Codice penale svizzero, quello sugli atti compiuti nel nostro Paese senza autorizzazione per conto di uno Stato estero, “è applicabile alla presente fattispecie? A che condizioni?”. Altri quesiti: “È ipotizzabile un invito al Ministero pubblico della Confederazione a voler prestare particolare attenzione a questi casi?”. Ed “è possibile avere un elenco degli Stati con cui è stato concluso un accordo per regolamentare simili procedure?”. Si attendono risposte da Berna.
«Il nostro obiettivo è capire che legittimazione hanno queste società, se agiscono effettivamente per questo o quel Paese – afferma il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi –. Vogliamo evitare, a tutela dei nostri cittadini, che si commettano abusi e truffe». Soddisfatto della lettera il presidente del Fat. «È necessario e urgente – dice Andrea Censi – che si faccia chiarezza».