Mendrisiotto

Malessere in Polizia a Mendrisio, parlano gli agenti

Una lettera è stata inviata negli scorsi giorni all'esecutivo. Missiva voluta per puntualizzare le 'non soddisfacenti' risposte del Municipio

È (anche) una questione di comunicazione
(Ti-Press)
22 giugno 2020
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Ha parlato (e risposto) l'esecutivo. Lo stesso ha fatto la politica, interrogando a più riprese e da più schieramenti politici. In merito, inizialmente, si era espressa anche la sezione momò della Federazione svizzera dei funzionari di polizia. L'argomento? Il malessere all'interno del Corpo della Polizia della Città di Mendrisio. Una questione che tiene banco ormai da mesi e per la quale, la Città, ha deciso di avvalersi dei servizi di una dottoressa del lavoro. Consulente esterna chiamata ad analizzare lo stato di salute dell'ente di primo intervento e suggerire i correttivi affinché torni il sereno sopra il Centro di Pronto Intervento. All'appello, però, ne manca ancora uno, ovvero la base del Corpo: gli agenti impiegati e i loro capogruppo. Un 'vuoto' che, stando a nostre informazioni, è stato colmato nel fine settimana. Una missiva è stata infatti inviata negli scorsi giorni all'esecutivo cittadino. Una lettera firmata dai 5 capogruppo del Corpo, chiamati a un esercizio di responsabilità verso i colleghi, per dare loro voce. 

Alla base della decisione di prendere carta e penna e rivolgersi all'intero Municipio vi sono le risposte di quest'ultimo all'interrogazione inoltra dai consiglieri comunali pipidini Davide Rossi e Gianluca Romanini. Documento nel quale si chiedevano ulteriori lumi sullo stato di salute all'interno della Polizia. Risposte che, si apprende, non soddisfano.

Sotto la lente (ancora) la comunicazione interna

Che vi fossero dei problemi di comunicazione interna, soprattutto tra il Comando e gli agenti, è noto. Lo scrive, il 5 giugno, lo stesso Municipio nel rispondere all'interrogazione, menzionando come si intravvedano “dei segnali confortanti che indicano una maggiore conoscenza e conseguente capacità di comprendersi fra dirigenza e collaboratori” e – si legge ancora – “ne consegue che uno dei principali nodi da sciogliere riguarda e riguarderà l'efficacia della comunicazione interna”. Malgrado gli sforzi profusi da tutte le parti coinvolte e il lavoro della consulente esterna assunta all'incirca un anno fa, per gli autori della lettera la comunicazione non è migliorata, ne quella ufficiale né, tanto meno, il semplice scambio di opinioni tra il Comando e gli agenti. 

Tra clima di lavoro e inchieste amministrative

A dare i primi segnali che non vi fosse un clima sereno tra le mura del Cpi era stato un sondaggio interno, anonimo, sottoposto ai dipendenti nell'autunno del 2018. Questionario non obbligatorio al quale avevano risposto all'incirca il 90% degli interpellati. Già allora, soltanto una minima percentuale aveva dichiarato che il clima di lavoro fosse 'buono'. Ad oggi, secondo la 'base' del Corpo, vi sarebbe ancora “una sorta di accanimento” del Comando nei confronti degli agenti. Il riferimento va anche alla quindicina di inchieste amministrative aperte nei confronti dei dipendenti, negli ultimi due anni.  Situazioni che, a mente di chi ha redatto la lettera, potevano essere risolte senza la necessità di aprire dei 'dossier'. Una rigidità che avrebbe fatto aumentare la demotivazione del personale, culminata anche con diversi spostamenti o trasferimento di agenti in altri Corpi.

Tra le inchieste amministrative avviate, inoltre, v'è stata quella nei confronti di uno dei quattro membri del Comando. Persona che ora ricoprirebbe un altro ruolo all'interno del Corpo, un nuovo ruolo. “Perplessità”, in questo caso, vengono sollevate sul fatto che la nuova funzione sia stata attribuita al già citato membro del Comando senza aver fatto alcun “concorso, interno o esterno”. Cosa che invece, si sostiene, verrà fatta negli altri casi.

Nel rispondere all'interrogazione del 5 giugno, v'è un ulteriore punto che ha creato malumori. Dall'istituzione dei gruppi di lavoro chiamati a risolvere le problematiche interne, l'esecutivo menziona che "in totale si sono annunciati 19 collaboratori" e che i rimanenti "non hanno ritenuto di rendersi parte attiva". Affermazioni che vengono contestate: gli agenti, nella missiva, ribadiscono infatti la completa disponibilità che, per un determinato gruppo di lavoro, non hanno potuto fornire il proprio apporto a causa del numero chiuso imposto.

Vi è, infine, un auspicio che va a inserirsi in alcune questioni (come ad esempio l'implementazione del Rugras, il Regolamento concernente l’uniformazione dei gradi e delle condizioni di stipendio dei corpi di polizia cantonale e comunali, in 'sospeso' dal 2018) che si protraggono da troppo tempo e che ancora non hanno portato a delle decisioni ufficiali. Per questo, si esorta una “maggior celerità” nelle prese di posizione, nelle decisioni e nelle implementazioni degli eventuali cambiamenti.

Resta immutata, per contro, la voglia (di tutto il Corpo) di sistemare i problemi che, beninteso – e lo ha sottolineato a più riprese anche il capodicastero Samuel Maffi – non hanno inficiato l'operatività e l'efficenza del servizio («verso l’esterno i risultati del Corpo della Polizia della Città sono più che ottimali»). Tutti, però, auspicano che al più presto possa tornare definitivamente il sereno. 

 

 

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