Bordate (sui social) sul malessere emerso all'interno del Corpo. Maffi: 'Le massime istanze comunali erano state informate'
Il malessere venuto a galla dentro le stanze della Polizia comunale di Mendrisio ha acceso i partiti locali. Scoppiato il caso – anticipato ieri da ‘laRegione’ – non si sono risparmiate frecciatine e bordate, soprattutto sulle reti sociali. Sotto accusa non ci sono finiti così solo un clima di lavoro teso all’interno del Corpo e i comportamenti (di un ufficiale e taluni agenti) alla lente di inchieste amministrative (una quindicina in tutto), ma anche il modo stesso di cavalcare i temi della politica. Sullo sfondo c’è, del resto, il traguardo delle elezioni comunali dell’aprile 2020, che aggiunge pepe al confronto partitico.
Su un punto, anzi due, in ogni caso, non si può recriminare: l’agire dell’autorità comunale ha dimostrato che non vi sono intoccabili, ma soprattutto la politica sapeva dell’esistenza di un dossier e di un problema, e a più livelli. Ne era informato il Municipio in corpore. E ne era stata messa al corrente, già a maggio, la Commissione della gestione, di fatto l’organo di sorveglianza dell’esecutivo. Da qui lo stupore di una parte dell’arco istituzionale nel vedere in calce alle due interrogazioni depositate, ieri di buon mattino, sullo ‘stato di salute’ del Corpo cittadino da Ppd e Lega-Udc-Ind., i nomi di due membri della Gestione (Davide Rossi, autore dell’atto consiliare con Davina Fitas, e Massimiliano Robbiani). È rivelatore, in tal senso, il post su Facebook di una collega di Commissione, Claudia Crivelli Barella dei Verdi, che dichiara peraltro la sua “piena solidarietà” alla polizia di Mendrisio: “Certe interrogazioni di Lega e Ppd che violano le discussioni commissionali – scrive – parlano di un modo di fare politica che non condivido”.
Quindi chi sapeva dentro le istituzioni? «Posso dire – ci risponde il capodicastero Sicurezza pubblica Samuel Maffi – che le massime istanze comunali erano già informate di tutta le situazione». Informate e vincolate dall’obbligo di riservatezza (articolo 104 della Legge organica comunale). Dunque, ha prevalso la trasparenza. Che effetto possono avere, però, queste interrogazioni? «Si tratta – ci dice ancora Maffi – di una tematica interna: la gestione del personale è di competenza del Municipio. Queste interrogazioni, molto tempestive, possono essere un segnale di preoccupazione, da non sottovalutare e soppesare con tutte le responsabilità e gli approfondimenti del caso. Personalmente fa un po’ male, perché l’immagine e la credibilità della polizia rischiano di essere sempre più compromesse».
E ancora una volta le tensioni in polizia danno agio alla politica per rilanciare un’altra tematica, peraltro controversa sul piano distrettuale: la Polizia unica a livello ticinese. I tempi cambiano, motiva Robbiani sempre su Facebook; ergo, meglio far gestire il servizio dal Cantone. Davanti al ‘caso’ mendrisiense al Dipartimento delle istituzioni (da noi contattato), per il momento preferiscono stare alla finestra. D’altro canto, il Corpo (tutto intero) della Polizia della Città non solo ha la fiducia dell’esecutivo, ma in questi ultimi anni (come ci ha fatto notare ieri da queste colonne Maffi) segnala una diminuzione dei reati. Sul terreno, insomma, i risultati si sono visti e a testimoniarlo ci sono le statistiche e la percezione della popolazione. Non va trascurato, poi, che proprio la decisione di affidarsi, mesi fa, a una consulente esterna non solo mira a trovare soluzioni a un clima difficile, ma si prefigge al contempo di migliorare le modalità gestionali e operative della Polizia, chiamata a vigilare su un comprensorio regionale, che va da Mendrisio a Bissone (Val Mara inclusa).