Tra mazzette e tattiche buco-tappa buco, viene confermato il reato di truffa per i tre principali imputati
Al termine di un processo estremamente complesso, è arrivato il verdetto sul caso Banca Wir-Adria costruzioni, che una decina di anni fa scosse l'ambiente finanziario e immobiliare ticinese. Sotto la lente dell'inchiesta una miriade di operazioni in tutto il Sottoceneri, da Novazzano a Paradiso, da Riva San Vitale a Sonvico. Nonostante diversi proscioglimenti su singoli episodi, l'accusa principale di truffa è rimasta in piedi. Yves Wellauer, 55 anni, allora direttore di Banca Wir a Lugano, è stato condannato a 5 anni e 9 mesi di carcere. L'accusa aveva chiesto 7 anni. Adriano e Filippo Cambria, padre e figlio, titolari della società Adria costruzioni, sono stati entrambi condannati a 5 anni e 3 mesi. I tre sono infine chiamati a un rimborso di 30 milioni di franchi. Gli altri imputati, ulteriori quattro persone, si sono trovati in una situazione molto più leggera, cavandosela con pene sospese, dagli 8 mesi sospesi a scendere fino a una semplice infrazione stradale per uno di essi. Questa la sentenza della Corte delle Assise criminali, presieduta dal giudice Marco Villa. Ma sono già certi ricorsi in Appello: ce lo ha confermato l’avvocato Eero De Polo che difende l'ex direttore di banca.
I fatti menzionati dall'atto d'accusa si consumarono in poco più di un anno, tra l'aprile del 2014 e il maggio del 2015. Molto sommariamente, si potrebbe parlare di investimenti immobiliari andati a finire male, con cantieri abbandonati e case messe all'asta. Ingenti le cifre in gioco: 115 milioni di franchi, la banca Wir alla fine accuserà un danno inizialmente quantificato in 22,46 milioni di franchi, cui andavano aggiunti altri due milioni e mezzo persi tra ipoteche legali e soldi provenienti dalle prevendite. A sentenza come detto molti episodi sono ‘caduti’, in buona parte per insufficienza di prove, o ‘in dubio pro reo’, ridimensionando il danno di cui sono direttamente responsabili gli imputati a una cifra decisamente inferiore, che dovrebbe situarsi attorno ai 15 milioni in attesa di un ricalcolo dettagliato.
Sotto la lente sono finiti numerosi investimenti sostenuti dalla banca, operazioni immobiliari che poi risultarono sostanzialmente ‘scoperte’ e in realtà ad altissimo rischio, come emerse successivamente. Anche perché i ‘mezzi propri’ di cui avrebbero dovuto disporre i Cambria erano spesso provenienti da altri prestiti, o da finanziamenti ricevuti per operazioni diverse. E qui il ruolo del principale imputato, Wellauer, è stato al centro dell'inchiesta. A decidere la concessione dei crediti di costruzione era la sede centrale di Banca Wir a Basilea, però, questa l'accusa, decisive furono le indicazioni del direttore luganese, secondo cui le domande non andavano sottoposte ad analisi approfondite essendo il gruppo Cambria da ritenersi affidabile, siccome in affari con un noto immobiliarista, stimato cliente della banca stessa, disponendo di importanti mezzi propri, e valutando che la soglia delle richieste quote di vendita fosse raggiungibile. Errori fatti in buona fede? Fiducia mal riposta? Un forte sospetto arriva dal versamento di emolumenti, qualcosa di molto simile a bustarelle, per complessivi 285mila franchi, dai Cambria direttamente a Wellauer. Quest'ultimo per tutta la durata dell'inchiesta ha ribadito che la responsabilità della concessione dei crediti spettasse ai funzionari della sede centrale Wir. La banca, a sua volta, si ritiene ingannata dal suo ex direttore luganese e nel processo si è costituita accusatore privato.
La Corte delle Assise criminali come detto ha ratificato, almeno nel suo impianto complessivo, l'atto d'accusa. «Wellauer è stato tutt'altro che un semplice postino, o un passacarte come ha sempre cercato di far credere» ha detto il giudice Villa, attribuendogli «una parte estremamente propositiva e direttiva in tutta questa vicenda», Quanto alle presunte leggerezze della sede centrale Wir, «i Cambria e Wellauer hanno ben approfittato per conseguire più facilmente dei crediti e, il direttore della filiale, delle mazzette-premio. I Cambria sostengono che avrebbero potuto terminare i cantieri, ma ci si dimentica che al momento dell'intervento dell'autorità la situazione delle ditte era fallimentare a causa del loro comportamento scellerato». Crediti utilizzati per attività e spese che niente avevano a che vedere con l'attività di Adria. «Con i se e i ma non si va da nessuna parte. In realtà c'è stato un continuo buco-tappa-buco a danno della Banca Wir. La Corte è giunta al chiaro convincimento che, per la banca, il rapporto di fiducia con Wellauer e i Cambria escludeva di principio la necessità di qualsiasi controllo, peraltro all'atto pratico impossibile da effettuare».
Attenuanti sono giunte per il lungo tempo percorso e per l'esposizione mediatica dei protagonisti di questa storia. La Corte (con Villa, a latere, c'erano i giudici Emilie Mordasini e Monica Sartori-Lombardi) non ha però riconosciuto la violazione del principio di celerità. Accolta per contro un'altra istanza della difesa, sul diritto di essere sentiti, che ha comportato l'assoluzione dei Cambria dai reati di amministrazione infedele aggravata e cattiva gestione. È stata poi respinta la richiesta di una carcerazione di sicurezza, presentata dalla pubblica accusa, rappresentata dalla procuratrice Chiara Borelli. Come detto, di questa intricata vicenda si riparlerà in Appello, e pure in sede civile dove sono state rimandate le pretese della Banca Wir. Questo anche alla luce dell'intervento dell'assicurazione e del rischio, ha detto il giudice Villa, di un doppio rimborso.