Dibattimento terminato con le ultime scaramucce tra avvocati difensori e accusatrice privata, poi la parola è passata agli imputati, prima della sentenza
«Nel 2014 avevo 23-24 anni, e la banca ci concesse quasi 100 milioni di franchi di crediti. Quell’anno mi sembrava di sognare a occhi aperti, chiedevo e mi veniva dato, chiunque in Ticino voleva starmi vicino, anche i più grandi promotori e le imprese di oggi, che mi invitavano ai loro tavoli. Volevano conoscere me, mio padre e la nostra realtà. In poco più di 24 mesi siamo diventati dei protagonisti del settore immobiliare. Tengo a ribadire che non ho mai pensato né ho mai voluto fare una truffa alla banca. Avevo a cuore il destino dei miei quasi 105 collaboratori, volevo crescere per loro e diventare un grande imprenditore. Sono stato catapultato in una realtà che non conoscevo e Wir ci ha concesso 115 milioni di franchi in crediti. Ma nel 2015 in poche ore ci è stato tolto tutto. Potete scommetterci che i palazzi li avremmo tirati su, come abbiamo fatto per tante altre opere. Quando ero in carcere quasi dieci anni fa, l’unica speranza che avevo era la mia allora compagna divenuta poi mia moglie e di questo la ringrazierò sempre e mi scuso con lei per averla fatta soffrire mio malgrado. Ho imparato dai miei figli che bisogna saper godere del momento, perché il presente è l’unica cosa che conta. Oggi provo frustrazione, non per la pena che potrei ricevere, ma per la paura di deludere i miei figli, ai quali prometto che ci sarò sempre. Soprattutto la più grande che ha sette anni, è molto sensibile e ha capito cosa sta succedendo. Negli ultimi giorni ha imparato cosa significa la parola carcere. Ogni mattina la accompagno a scuola e lei piange e mi chiede: ‘Papà ci vediamo stasera, vero?’ Io la saluto rassicurandola. Attendo con fiducia e massimo rispetto la vostra decisione».
Queste sono le parole pronunciate, con commozione, oggi pomeriggio, di fronte alla Corte delle Assise criminali di Lugano da Filippo Cambria, 34 anni, ex dirigente di Adria Costruzioni, nei confronti del quale la procuratrice pubblica Chiara Borelli ha chiesto il carcere di sicurezza e una pena di sei anni e quattro mesi di reclusione, al termine del processo giunto alla quarta settimana di dibattimento. Un processo in corso nella sala del Consiglio comunale di Paradiso sul caso della ditta edile che fece clamore nell’autunno 2015, anche per la presunta truffa di oltre venti milioni di franchi ai danni di banca Wir.
Ha voluto dire qualcosa anche Yves Wellauer, 55 enne, ex direttore della filiale ticinese dell’istituto di credito, a carico del quale Borelli ha chiesto la carcerazione di sicurezza e una pena di sette anni di prigione: «Per la mia famiglia questo procedimento è stato molto difficile e di grande sofferenza. Soprattutto per mia moglie confrontata, ogni giorno, sul posto di lavoro a vedere gli articoli di giornale. Eppure, non si è mai data malata in questo periodo di processo. Ho piena fiducia in questo lodevole tribunale e su quanto ha detto a mia discolpa il mio avvocato». Adriano Cambria, 61enne, come il figlio ex dirigente di Adria, nei confronti del quale la pp ha pure chiesto la carcerazione di sicurezza e una condanna a sei anni e quattro mesi di reclusione, ha detto: «Mi permetto unicamente di dire che 115 milioni di franchi dati a un perfetto sconosciuto come me, anche se capace di lavorare e a un ragazzino di 23 anni fanno gola a moltissime persone. Mi è stato vietato di fare nomi e cognomi, ma nel mio cuore ho una mia ‘sentenza’ personale. Ringrazio tutti voi e gli avvocati della difesa che hanno interpretato bene ciò che è successo in questa vicenda e vi auguro di prendere una decisione giusta. Io e mio figlio non ci rimproveriamo nulla, non abbiamo tentato né era nelle nostre intenzioni truffare la banca o amici. Sono grato alla Svizzera che ci ha concesso la possibilità di esprimerci, e stavamo raggiungendo una buona reputazione. Mi rimetto al vostro giudizio e vi ringrazio per l’attenzione». Parole di ringraziamento sono state indirizzate alla Corte anche dagli altri quattro imputati, ai quali, come vuole la procedura, è stata data l’ultima parola. Prima di chiudere, il giudice e presidente della Corte Marco Villa ha annunciato la sentenza per venerdì 4 ottobre alle 14 nell’aula principale di palazzo di giustizia.
In mattinata, ha ripreso l’arringa l’avvocata Sabrina Aldi, legale del 61enne, secondo la quale l’atto d’accusa non spiega quale sia stato il ruolo che Adriano Cambria avrebbe avuto nell’ingannare la banca, ma si limita a imputare una consapevolezza generica che è in contrasto con il principio accusatorio: «In realtà, Adriano Cambria era al corrente dei vari cantieri e delle operazioni ma non ne conosceva i dettagli e questo basta per escludere il coinvolgimento del mio cliente nella truffa. Adriano Cambria non parlava con Wellauer e neppure parlava con altri funzionari. Era principalmente Filippo che parlava con la banca, che non aveva nulla da nascondere né aveva bisogno del direttore di filiale luganese per ottenere i crediti». Con soli tre verbali, ha proseguito Aldi, per Adriano Cambria è stata richiesta di pena quanto mai esagerata, così come appare sproporzionata, a quasi dieci anni dai fatti, la carcerazione di sicurezza, che si giustificherebbe solo con una sentenza cresciuta in giudicato. L’avvocata ha ritenuto spropositata la parcella dei legali di banca Wir, che nel mese di luglio era di 2,3 milioni di franchi e, siccome ha chiesto il proscioglimento del suo assistito, di riflesso le istanze di risarcimento vanno respinte o, in via subordinata, rinviate al Foro civile.
Poi ha preso la parola Elio Brunetti, legale del 46enne imputato, l’unico tra i sette a non essere attivo in ambito immobiliare, negli confronti del quale la pp ha chiesto una condanna a 12 mesi di reclusione, sospesa con la condizionale per due anni. L’avvocato ha criticato l’inchiesta lacunosa che non ha prodotto accertamenti su cosa in realtà sapesse il suo assistito e quali fossero le intenzioni. L’imputato è stato interrogato solo due volte in maniera sbrigativa e ha sempre dichiarato di non essere a conoscenza di eventuali illeciti, non ha mai visto alcun contratto. Secondo Brunetti, il 46enne ha soltanto firmato, va pertanto prosciolto. Anche l’avvocato ha chiesto alla Corte di respingere le pretese di Wir.
D’altro canto, nella replica, l’avvocata Chiara Orelli, legale di banca Wir, ha considerato azzardate le tesi difensive. Agli atti, c’è la corrispondenza tramite chat ed e-mail tra gli imputati, che esclude la loro buona fede decantata dai sette avvocati e gli atti sconfessano il presunto disinteresse della banca per i mezzi propri a sostegno delle richieste di credito. Orelli sostiene che i sistemi di controllo di banca Wir sono stati aggirati e vanificati dall’agire in combutta degli imputati, che hanno omesso informazioni nelle domande di credito e hanno così ingannato Wir. L’avvocata ha richiamato una sentenza del Tribunale federale, in base alla quale una banca deve poter fidarsi dei propri collaboratori, ma non può evitare che facciano squadra con i clienti per truffarla.
In duplica, gli avvocati Aldi, Borradori e De Polo hanno ribadito di comprendere l’imbarazzo della banca in questo processo e, in sostanza, hanno riconfermato le tesi, che la legale dell’accusatrice privata ha contestato.