L'avvocato Carlo Borradori chiede il proscioglimento del giovane direttore e parla con disagio della carcerazione di sicurezza proposta dalla pp
«Filippo Cambria ha ammesso di aver utilizzato nelle operazioni mezzi propri prevenienti da crediti di altri cantieri, da prestiti e sotto forma di lavoro. Lo afferma sin dal primo verbale di interrogatorio (autunno 2015, ndr), era convinto in buona fede di poterlo fare. Come lo hanno fatto altri due impresari che lo hanno presentato i dirigenti delle società a Wellauer, introducendolo nel sistema Wir». Questo è un passaggio dell’arringa di Carlo Borradori, legale del 34enne, al processo odierno sul caso Adria Costruzioni e sulla presunta maxi-truffa di oltre venti milioni di franchi ai danni di banca Wir. Un passaggio, quello evocato dall’avvocato, che ha messo in discussione l’impianto accusatorio costruito dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli.
In estrema sintesi e in conclusione, l’avvocato ha chiesto l’assoluzione del suo assistito da tutti i capi d’imputazione, tranne la violazione della legge sulla circolazione stradale. Allo stesso modo, sempre secondo Borradori, è da respingere, in via principale, la richiesta di risarcimento di banca Wir, che è contestata perché non sussiste il nesso causale tra l’agire di Filippo Cambria e il danno a Wir. Ma, nella denegata ipotesi che la Corte ritenesse colpevole l’imputato, Borradori ha richiesto di rinviarla al Foro civile e soprattutto ha chiesto una massiccia riduzione di pena proposta dalla pubblica accusa (6 anni e 4 mesi di carcere), che includa la sospensione condizionale. L’avvocato ritiene ci sia una con-colpa di Wir e ha proposto alla Corte delle Assise Criminali di Lugano di verificare l’indennizzo ottenuto dall’assicurazione. Poi, Borradori ha stroncato la richiesta di carcerazione di sicurezza formulata dalla procuratrice pubblica: «A quasi dieci anni dai fatti, provo un certo disagio a parlarne, il lungo tempo trascorso è già una condanna». Borradori ha inoltre chiesto alla Corte, nella commisurazione della pena, di tener conto dell’eco mediatico di questa vicenda penale.
L’avvocata Sabrina Aldi, a tutela di Adriano Cambria, 61enne, papà di Filippo, dapprima, ha messo in evidenza che per la ricerca della verità in questo libro, bisogna stabilire chi sapeva cosa e quando. Alla banca, ha sostenuto Aldi, non sono state omesse informazioni né fornite comunicazioni false. «Wir avrebbe potuto conoscere i dettagli, quelle bugie definite così dall’Accusa, avrebbero potuto essere verificate». Come i suoi colleghi, l’avvocata ha ricordato che Wir deve sottostare a regole con un approccio prudenziale, perché presta soldi non suoi ma dei clienti e si è chiesta come sia possibile la concessione di oltre 100 milioni di franchi in crediti in poco più di un anno. Il mancato controllo da parte della banca, ha sottolineato l’avvocata, era strutturale, i crediti venivano concessi facilmente senza alcuna verifica né interessava ai vertici di Wir che ci fossero i mezzi propri per finanziare le operazioni. Aldi non ha intravisto alcun elemento sul quale possa fondarsi l’ipotesi di reato di truffa e ha cominciato ad affrontare la varie operazioni immobiliari contenute nell’atto d’accusa. Aldi continuerà la sua arringa domani, ma ha fatto presente che l’inganno astuto dei Cambria non sussiste.
Nel corso di tutta la giornata, Borradori ha citato vari documenti, tra i quali uno stralcio della perizia commissionata dal compianto pg John Noseda sullo stato di cantieri e sui prezzi indicati da Cambria, dalla quale risulta che erano nella norma. Filippo Cambria, ha aggiunto l’avvocato, «è un cliente di Wir e ha sempre adempiuto alle richieste per ottenere il credito. Se non lo avesse fatto, avrebbe rischiato di non ricevere i finanziamenti». L’avvocato ha contestato la presunta pressione del direttore di filiale per agevolare la concessione dei crediti, perché la banca avrebbe potuto e dovuto verificare, rispettando i protocolli interni e quelli della Finma: «Filippo Cambria funge da capro espiatorio in questa storia, eppure non si comporta in maniera diversa rispetto a quello che fanno altri». In particolare, altri due impresari i cui nomi sono emersi quasi tutti i giorni al processo e sono pure citati nell’atto d'accusa. Due impresari che lo introducono al sistema Wir e lo presentano a Wellauer, a cui peraltro danno più soldi. Ebbene questi ultimi sono stati scagionati dalla truffa: Borradori si è chiesto perché i Cambria dovrebbero invece essere condannati e come mai l’inchiesta abbia sorvolato sui ruoli dell’architetto fiduciario di Wir e almeno uno dei dirigenti della banca di Basilea che si occupava dei crediti.
Sui singoli cantieri, Borradori ha citato i verbali di un paio di dirigenti di Wir e ha posto l’attenzione sul fatto che non dovessero bastare le promesse di vendita, per erogare i crediti. Non solo. «Non ha rilevanza penale che Wellauer abbia sponsorizzato Cambria a Basilea, era un ottimo cliente per la banca. I soldi che ha ricevuto Wellauer, tramite bonifico, sono definite bustarelle e sarebbero il movente della truffa agli occhi dell’Accusa – Borradori contesta questa interpretazione –. Tutti i cantieri dei Cambria sono stati bloccati dal Ministero pubblico. E li avrebbero conclusi, perché era nell’interesse della banca». Borradori afferma che Cambria non abbia mai fornito informazioni false, mentre ogni fattura era firmata dall’architetto fiduciario di Wir. I suoi fondi erano rintracciabili, ma la forza finanziaria del promotore non interessava alla banca perché gran parte delle operazioni si finanziavano con le vendite. A sostegno della truffa, l’avvocato ritiene che non possano bastare le «e-mail e le chat girate tra Cambria e Wellauer, perché non sono comunicazioni formali. Cambria sapeva che Wellauer non aveva il potere e la capacità di concedere i crediti di costruzione, questo spettava a Basilea. È l’atto d’accusa stesso a dimostrare quanto spregiudicata fosse stata la banca nella liberazione dei crediti, come risulta dalla ricostruzione finanziaria della polizia».
Borradori ha ribadito che per alcuni cantieri, «la domanda di credito viene inoltrata da un alto dirigente di Wir, non da Wellauer, bensì dalla persona nei confronti della quale è stato deciso un decreto di abbandono per l’ipotesi di reato di truffa. Non si capisce per quali ragioni, per lo stesso reato possano essere accusati Filippo e Adriano Cambria e Wellauer. La banca ha lavorato male e ciò esclude l’inganno astuto». L’avvocato ha contestato anche le altre ipotesi di reato, tra cui l’amministrazione infedele: «Per quanto possa apparire strano, il leasing per le due Ferrari è un investimento, proprio perché sono modelli di difficile reperimento e per accenderlo sono stati usati soldi provenienti dal reddito creato dai derivati». Borradori ha spiegato che la sponsorizzazione della moto GP è da collegare al marchio Athina, mentre l’operazione immobiliare di Abu Dhabi, al quale hanno in seguito rinunciato, era un tentativo di investimento, così come la diversificazione fatta sulla sala gioco e sullo Yacht, che ha creato 78mila franchi di utile, e per l’acquisto di un appartamento in Costa Azzurra.