Sportellate

Il girovita non certo banale del nostro Stricker Dominic

La nuova stella del tennis rossocrociato, come molti altri atleti prima di lui, deve combattere una naturale tendenza alla pinguedine

5 settembre 2023
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Il sabato mattina, non so da quanti anni, il caffè vado a berlo in libreria a Chiasso, sede di un club senza tessera la cui socia più giovane – giusto per dare un’idea dell’età media – sta per cominciare il suo cinquantesimo giro attorno al sole. Siamo una dozzina, arriviamo alla spicciolata, ritiriamo i volumi ordinati la settimana precedente, inoltriamo le nuove richieste e buttiamo giù un espresso in compagnia.

Molti sono (o erano) docenti, alcuni fanno (o hanno fatto) l’infermiere, ci sono un paio di ristoratori in pensione e c’è l’ex proprietaria di un chiosco di giornali. La lingua usata è per lo più il dialetto, ma ci sentiamo persone di mondo perché, fra confrères et soeurs, possiamo vantare un ex giocatore di Lna (fôdbal), due sodali che ‘vengono dentro’ nientemeno che dall’Italia e uno che addirittura scende da Agra, ben al di sopra del ponte di Melide.

Dopo un accenno a meteo e cantieri stradali – invecchiamo, l’ho detto – per un paio d’ore ci prendiamo per i fondelli e parliamo soprattutto di cibo e ricette mediche, lasciando a politica, letture e sport ben poco spazio. Siccome ognuno è uscito di casa anche per fare la spesa, tutti arrivano con pane e companatico, e così a una certa ora stappiamo pure il bianco, che qualcuno ama sporcare col bitter.

L’ultima volta, quando stavamo ormai per tornarcene alle nostre private incombenze, il discorso è finito sullo strepitoso Dominic Stricker, che almeno la metà di noi – quelli con le occhiaie più evidenti – aveva visto in tv giocare e vincere fino a notte fonda.

Elencate tutte le sue qualità tecniche, ci siamo trovati concordi nel dire che il ragazzo ci è molto simpatico anche perché nei suoi riguardi Madre natura non è stata troppo benigna. Gli ha infatti fornito un telaio che proprio non fa di lui un cosiddetto atleta naturale. Al contrario, il tennista bernese, che nel frattempo a New York è stato eliminato ma con moltissimo onore, deve fare i conti con una naturale tendenza alla pinguedine, fardello di cui gli sportivi professionisti farebbero volentieri a meno, perché li obbliga a produrre sforzi – dentro e fuori dal campo – ben superiori a quelli richiesti ai colleghi più filiformi.

Per ovviare almeno in parte al problema, si possono adottare diete alternative o forme di allenamento particolarmente faticose. Ma si sa, a questi agonisti meno fortunati basta un giorno di riposo per vedere riapparire su chiappe e girovita quei due o tre chili che erano testé riusciti a perdere soltanto a costo di sacrifici disumani. Un giorno forse l’astro nascente del tennis nostrano lo chiameremo Stricker Dominic, col cognome anteposto come si usa nella lotta svizzera, disciplina che dalle sue parti va per la maggiore e alla quale, quando si stuferà di stare a regime, potrà magari dedicarsi con profitto: stazza e grinta certo non gli mancano.

Gli esempi di campioni che hanno combattuto con la bilancia sono parecchi, e spesso si tratta di atleti di prim’ordine, addirittura fra i migliori in assoluto: a sfoggiare una panza da giornalista per tutta la carriera è stata infatti gente come Maradona, Babe Ruth o Charles Barkley.

E così, prima di salutare il libraio, ci siamo messi a elencare, a memoria, le taglie forti viste nelle varie discipline sportive. Su tutti spicca William “Fatty” Foulke, portiere del Chelsea che pesava un quintale e mezzo e che passò la vita a subire pesantissimi sfottò dai tifosi rivali: cinque o diecimila persone che, tutte insieme, gli ricordavano di continuo quanto fosse grasso.

Cosa succederebbe – ha chiesto uno dei presenti – se tale trattamento venisse riservato a un’atleta donna? Non ci sarebbe nessuna reazione – ha risposto sicuro il socio di Agra – perché una cosa del genere non accadrebbe mai. Che manchino del tutto le calciatrici sovrappeso? – abbiamo ipotizzato. O forse le donne sono più educate e meno avvezze a ciò che oggi si chiama body shaming? Acqua, ha detto l’amico: è impossibile che avvenga semplicemente perché, nel calcio muliebre, per vedere cinquemila persone sugli spalti dovreste mettere insieme almeno trenta partite.