‘Siamo tutti proiettati verso il raggiungimento di un grande risultato, ai ragazzi non pongo limiti nel sognare. Non parlo di politica, penso ai Mondiali’
Per la Nazionale svizzera la campana della verità suonerà giovedì 24 novembre. Nel debutto mondiale contro il Camerun, la squadra di Murat Yakin non avrà il diritto all’errore. Una vittoria sarà di primaria importanza in attesa delle sfide contro Brasile e Serbia.
Consapevole del peso delle aspettative, Murat Yakin ha parlato a lungo con Keystone-Ats prima del volo per Doha. «Non intendo porre limite alcuno a quei giocatori che sognano di vincere la Coppa del Mondo», ha detto. La stessa determinazione la si ritrova nella volontà di concentrarsi esclusivamente sull’aspetto sportivo di un Mondiale molto chiacchierato. «Ho le mie idee – ammette –. Ma preferisco tenerle per me, in modo da potermi concentrare, in queste settimane, unicamente sul calcio».
A che stadio della competizione potremo ritenere il Mondiale un successo per la Nazionale rossocrociata? «Il nostro gruppo è molto forte. Ma non dobbiamo dimenticare che anche i nostri avversari ci vedono come una squadra che può creare loro problemi. Sono sicuro che i brasiliani ci stanno studiando senza sosta. Sono felice di constatare che l’asticella sia stata posta molto in alto. Come i miei ragazzi, ho l’ambizione di tornare a casa con la Coppa. Credo che la mia squadra sia abbastanza forte per battere un avversario come il Brasile».
La Svizzera ha vinto tre partite di Nations League contro Spagna, Portogallo e Repubblica Ceca. Si ha la sensazione che per l’appuntamento in Qatar la forma sia la miglior possibile... «Ovviamente, la squadra è stata trascinata dall’euforia per la conquista dei quarti di finale a Euro 2021. Un’euforia che ho dovuto cercare di mantenere viva, con l’obiettivo di rendere il gruppo più forte e capace di imporre la sua volontà anche nelle partite più delicate. L’eliminazione della Francia l’anno scorso è stata impagabile. Oggi i giocatori sanno di poter battere squadre altrettanto forti e di poter contare sui loro compagni. Ma so anche che la Coppa del Mondo ha le sue regole. Quello che ci aspetta in Qatar non sarà paragonabile a quanto abbiamo vissuto negli ultimi mesi».
Quattro anni dopo la vittoria per 2-1 a Kaliningrad, la Svizzera affronterà nuovamente la Serbia. Quale sarà l’approccio a questa partita, che per Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, autori delle due reti nel 2018, sarà diversa da tutte le altre? «La prepareremo nel modo giusto. Questa partita deve essere limitata al suo aspetto sportivo. Spero che tutte le persone coinvolte diano il loro sostegno a questo progetto. Se le emozioni prendono il sopravvento, tutto diventa più complicato. Con certi giocatori non farò l’errore di parlare troppo del contesto particolare di questa sfida, per evitare che entrino in campo troppo tesi. Voglio che la squadra si concentri solo su ciò che deve fare in campo. Voglio che affrontino la partita come le prime due contro Camerun e Brasile».
Quando si tratta di gestire impegni particolarmente importanti, il peso dell’esperienza è ovviamente fondamentale. Ma quali altri fattori entrano in gioco? «Questo livello di intensità è ciò che i calciatori sotto sotto cercano e che è imprescindibile per uscire dal campo vittoriosi. Dobbiamo ispirarci alle grandi squadre per migliorare sotto questo aspetto. D’altra parte, i nostri giocatori che riescono a strappare ingaggi e ad affermarsi nei grandi club, permettono di compiere un enorme passo avanti a tutto il movimento. Un Manuel Akanji può contribuire ancora di più dopo il suo trasferimento al Manchester City. Così come Granit Xhaka, che sta vivendo una stagione fantastica con l’Arsenal, Breel Embolo, che si è affermato al Monaco, e Djibril Sow, che in primavera ha vinto l’Europa League con l’Eintracht Francoforte. Quando arrivano in Nazionale, questi giocatori sono pieni di fiducia, i loro successi ci permettono di aumentare le nostre ambizioni».
In passato, la squadra ha sofferto il "Röstigraben" e i problemi di identità suscitati dall’arrivo in gruppo dei "secundos". Oggi questi dibattiti sembrano lontani... «Come giocatore, ho sperimentato il Röstigraben e l’aspetto dei "secundos". Per contro, oggi percepisco un enorme rispetto tra i giocatori, tutti proiettati verso un unico obiettivo, la conquista di un grande risultato. La generazione attuale è ormai molto lontana da questi temi che in passato avevano fatto tanto discutere».
La Coppa del Mondo si svolge in una nazione che fatica ad abbracciare i nostri valori. Qual è la sua posizione in merito alle critiche mosse all’organizzazione dei Mondiali in Qatar? «Per le persone che si concentrano solo sull’aspetto sportivo, è estremamente complicato esprimersi su questioni politiche. Vorrei ricordarvi che non abbiamo scelto noi la sede di questa Coppa del Mondo e che alimentare questo dibattito non può che allontanarmi dallo scopo della nostra presenza qui nel Golfo. L’Associazione Svizzera di Calcio ha preso una posizione molto chiara sulla questione dei diritti umani in Qatar, da due anni a questa parte si è mostrata molto attiva. Sosteniamo pienamente questi sforzi, che hanno dato davvero i loro frutti. I giocatori e l’allenatore sono liberi di essere coinvolti direttamente in questo dibattito o di rimanere concentrati esclusivamente sullo sport. A causa del compito da svolgere, ho scelto la seconda opzione».