Il ferrarista mette fine al lungo dominio della Red Bull con una gara controllata dall'inizio alla fine. L'olandese si salva con il quinto posto
Guanyu Zhou non credeva ai suoi occhi. Nel quarantasettesimo giro della corsa sul circuito cittadino di Singapore, negli specchietti della sua Alfa Romeo Sauber è comparsa la sagoma di Max Verstappen. Il campione del mondo non era lì per doppiarlo, ma per mettersi in battaglia, contestargli la posizione. Se glielo avessero detto prima, Zhou ne avrebbe riso. Tutto è andato per il verso storto al pilota olandese, fin dal venerdì. La sua Red Bull era lenta e nervosa e gli ingegneri, divisi tra la pista e la factory di Milton Keynes, non hanno saputo trovare un rimedio. La nuova specifica del fondo piatto è stata immediatamente scartata dai piloti, l’instabilità in frenata è però rimasta. Sono queste le ragioni dello scadente undicesimo posto in qualifica del campione del mondo. È curioso che il primo weekend “no” per la Red Bull arrivi quando la Federazione internazionale battezza la direttiva tecnica 018, un giro di vite sulla rigidità di tutte le parti aerodinamiche. Come dire: a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina.
Verstappen, così come il suo compagno Sergio Perez, è stato forzato a una condotta di gara aggressiva. Ha tenuto le gomme dure anche quando, al diciannovesimo giro, l’uscita di pista di Logan Sargeant su Williams ha portato dentro la safety car. I primi in classifica hanno fatto ricorso alle cure dei meccanici, Verstappen è invece restato fuori sulle coperture usurate e meno prestazionali. Ha scalato delle posizioni, ha sofferto i sorpassi degli altri, poi è precipitato giù in classifica quando è toccato a lui andare ai box. A quel punto, con una mescola di differenza rispetto agli altri, ha cominciato a scalare posizioni. Il quinto posto finale è quanto di meglio potesse sperare di ottenere dal weekend singaporese.
La safety car ha sparigliato le carte, o almeno ci ha provato. I primi in classifica si sono marcati stretti. Sainz, Leclerc, Norris, Russell e Hamilton hanno lasciato la pista allo stesso momento. Ne è uscito con le ossa rotte Charles Leclerc, che ha perso due posizioni ai box e un’altra ancora quando, innervosito, è tornato in pista e ha commesso un errore di guida. Tutti hanno iniziato a gestire gli pneumatici con i quali dovevano arrivare al traguardo, a meno di imprevisti.
Un circuito cittadino riserva sempre delle sorprese. Esteban Ocon si è fermato in pista per un guasto al motore, dopo aver infiammato la gara nelle retrovie con la sua Alpine. Il nuovo regime di bandiere gialle dava spazio per un altro giro di soste. Leclerc era atteso ai box, distanziato com’era dal suo inseguitore, un depresso Fernando Alonso, a bordo della Aston Martin che non ha esitato a definire «inguidabile». Il ferrarista ha proseguito dritto e, nel giro successivo, le Mercedes hanno preso in mano il loro destino. Russell e Hamilton, con gomme fresche, hanno trasformato la loro gara in un pazzo inseguimento alla testa della corsa. Caduto Leclerc in fretta, i due si sono presentati sotto le mura colorate di arancio della McLaren di Norris. Carlos Sainz a quel punto ha indovinato la mossa: invece di dare in pasto Norris ai due della Mercedes, e allungare per non farsi acchiappare, ha rallentato di proposito per dare la scia al secondo classificato, e tenere così una macchina in più tra sé e gli inseguitori. Scommessa vinta: Sainz si è impadronito della vittoria, la sua seconda in rosso, al termine di un weekend per lui perfetto. Lo spagnolo è il primo pilota non Red Bull ad aggiudicarsi un Gran Premio dopo quindici gare. Russell ci ha rimesso il podio nell’inseguimento, finendo con la sua Mercedes contro le barriere.
Zhou non è riuscito a mantenere il piazzamento a punti. Fresco di rinnovo, il cinese è passato sotto la bandiera in dodicesima posizione. Si è concluso in maniera peggiore il weekend di Valtteri Bottas, ritiratosi al cinquantunesimo giro, dopo aver tentato una carta alla Verstappen nella gestione dei suoi pit stop. Nei punti è finito Liam Lawson, classe 2002, ennesimo frutto della scuola di pilotaggio della Red Bull. Prima di finire nelle sue mani, il volante della Alpha Tauri è passato per quelle di Nick De Vries e Daniel Ricciardo. A Lawson sono bastate due gare di ambientamento, al terzo tentativo è entrato nei migliori dieci. Se dovesse continuare a inanellare buone prestazioni, ora che Ricciardo tornerà dall’infortunio al polso, sarà difficile chiedere a Lawson di schiodarsi dal sedile.