Verstappen a Monza vince di nuovo: superato il record che condivideva con Vettel
Una corsa d’auto è tutta questione di ritmo. Tra una curva e l’altra, i piloti spostano il peso della monoposto come ballerini che conducono la propria dama in una danza. Non chiedono altro che di essere seguiti, che la macchina abbia un comportamento prevedibile, che a un dato angolo di sterzata corrisponda sempre un certo grado di inserimento in curva, e così via. Nel budello di Zandvoort, sette giorni fa, la Ferrari si è smarrita, nei continui destra-sinistra i piloti hanno perso il senso della musica dettata dallo spartito d’asfalto. A Monza si è ritrovata, serviva l’aria di casa per riaccendersi. Nelle sessioni di prove libere e poi nelle qualifiche, Carlos Sainz è stato il pilota più in palla e per millesimi ha negato la pole position al cannibale Max Verstappen e al suo compagno Charles Leclerc. Una pista, quella dell’autodromo brianzolo, congeniale alle caratteristiche della monoposto rossa, come lo era stata quella di Montreal e come forse sarà quella di Singapore, tra quindici giorni. Un circuito cosiddetto «start & stop», con lunghi rettilinei spezzati da poche curve lente, dove i cavalli del motore la fanno da padrone e dove freni e trasmissioni sono estremamente sollecitati. Dunque al via della domenica ci sarebbe stata una Ferrari davanti a tutte, nonostante il brivido che aveva percorso le schiene dei tifosi nelle qualifiche. Sia Leclerc che Sainz non avevano rispettato il tempo massimo stabilito dalla giuria per completare il giro di lancio. Gli stessi giudici, proprio mentre dagli spalti il pubblico italiano ruggiva di gioia, hanno scagionato i ferraristi, la lentezza dei piloti era giustificata per questioni di sicurezza.
Monza è una pista dove poco è concesso ai ragionamenti, non c’è possibilità d’errore o margine di recupero, l’unica possibilità è spingere sull’acceleratore. Le macchine in pista seguono il ritmo della “Samba de uma nota só” di Antonio Carlos Jobim, un unico suono alto e ripetitivo, l’urlo del motore con la farfalla aperta per la maggior parte del tempo. Un’unica incertezza è costata la gara a Carlos Sainz, partito bene dai blocchi, al pari di Leclerc che però ha dovuto alzare il piede per evitare il tamponamento alla prima curva e si è lasciato sfilare così da Verstappen. Il pilota spagnolo ha tenuto la Red Bull del campione del mondo dietro di sé finché gli hanno retto i nervi. Al quindicesimo giro, alla prima variante un bloccaggio degli pneumatici ha compromesso la stabilità della Ferrari e all’uscita di curva a Sainz è mancata una manciata di chilometri orari per difendersi dall’attacco rapace di Verstappen. A quel punto l’olandese ha iniettato il proprio veleno sulla corsa, che lento e progressivo ha fatto il suo effetto. Mentre dietro infuriava la lotta per le posizioni meno nobili del podio, Verstappen usciva fuori dalle inquadrature della regia internazionale per ricomparire un’ora dopo, al traguardo, sotto alla bandiera a scacchi. Dieci vittorie consecutive, un filotto mai riuscito a nessun pilota prima e per il quale, parole del team principal della Red Bull Christian Horner, persino il freddo Max dovrebbe andare orgoglioso.
Sergio Perez sull’altra Red Bull ha fatto il suo. Da animale da gara qual è, ha recuperato in pista lo svantaggio dato da una posizione in griglia non felice e da una strategia ai box che lo ha penalizzato, perché avrebbe avuto bisogno di un cambio gomme nel momento in cui Red Bull era più preoccupata di proteggere Verstappen dalle Ferrari. La sua risalita è stata lenta e inesorabile, il duello con Carlos Sainz è stato duro e appassionante. Eppure il sorpasso è sembrato inevitabile, con le gomme posteriori dello spagnolo che, surriscaldate, scivolavano sempre di più. Alle spalle di Sainz è arrivato quindi Leclerc, che fino a quel momento era stato spettatore interessato della disputa con Perez. Rinfrancato per aver risparmiato qualcosa della prestazione della sua auto e supportato dai tifosi adoranti, Leclerc ha provato a prendersi il podio nella lotta fratricida. Ha rischiato il tutto per tutto e si è arreso solo sul filo di lana, lasciando a Sainz la passerella davanti agli stendardi della Ferrari alzati in suo onore.
I valori visti in pista sono destinati a restare congelati fino alla fine della stagione. Nessuno è disposto a investire denaro adesso, i budget sono stati tutti spostati sui nuovi progetti. Le posizioni possono variare, ma solo perché certe piste sono sgradite a una casa, mentre altri circuiti le favoriscono di più. A Monza si è rivista la Ferrari; ha tenuto botta la Mercedes, con George Russell e Lewis Hamilton freschi di rinnovo e baldanzosi in pista; ha sorpreso ancora una volta la Williams di Alex Albon. Al contrario sono calate le Aston Martin e le McLaren, monoposto più adatte a circuiti tortuosi da alto carico. Doveva essere la pista peggiore per le caratteristiche della Alfa Romeo Sauber, invece Valtteri Bottas ha portato a casa un punto iridato. Il finlandese ha sfruttato al massimo una strategia alternativa, che in partenza avevano scelto in pochissimi: una prima parte di gara con indosso le gomme dure, tanta sofferenza per poi ribaltare il tavolo dopo l’unica sosta ai box, dopo aver montato gli pneumatici più performanti. È stato invece anonimo il weekend di Guanyu Zhou, quattordicesimo al traguardo. La conferma per il pilota cinese in questo momento sembra sempre più lontana.
Finisce l’estate e con essa la parentesi europea del Mondiale di Formula 1. Si abbandonano le piste storiche e si va in Asia, a Singapore per l’appunto, su un circuito cittadino, che è il terreno di caccia d’elezione di Sergio Perez. Fu sua la vittoria lo scorso anno, con entrambi i ferraristi finiti a podio. Ci sarà da divertirsi, sempre che Verstappen lo permetta.