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Southgate se ne va, storia di un perdente di successo

Il ct inglese, alla seconda finale europea persa, si dimette. I tifosi non lo volevano più, la Federazione sì: anche perché prima di lui andò molto peggio

Due tifosi con un cartonato dell’ormai ex allenatore dell’Inghilterra
(Keystone)
17 luglio 2024
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Se n’è andato, alla fine, Gareth Southgate, per niente rimpianto dagli inglesi, che non gli hanno mai perdonato la faccia da impiegato della City che a fine giornata salta la birra al pub con i colleghi per dedicarsi a qualche hobby solitario.

Gli avevano perdonato il rigore – decisivo – sbagliato nella semifinale di Euro ’96, a Wembley, contro la Germania, quando di mestiere faceva ancora il difensore, e anche la finale di tre anni fa, giocata – sempre a Wembley – contro l’Italia e persa nonostante un gol di vantaggio dopo tre minuti. Col tempo gli avevano perdonato perfino i rigoristi scelti via algoritmo, che li dichiarava infallibili, senza aver tenuto conto di Donnarumma. Gli stavano perdonando anche questo torneo giocato che peggio non si poteva, come se la squadra – prima di iniziare – avesse tirato su una Carta Obiettivi in stile Risiko! con scritto “conquista l’Europa segnando il minor numero di gol possibile e annoiando il pubblico”. Perché tutto si perdona in nome di una vittoria, soprattutto se sei quello che pensa di dover vincere quasi per diritto divino (“It’s coming home” e dintorni) e poi non vince mai.

Davanti alla dimostrazione di inferiorità mostrata dagli inglesi contro la Spagna, e nonostante siano arrivati a tanto così dai supplementari, Southgate ha detto basta come faceva, sfinito, Bill Murray in “Ricomincio da capo” quando si accorgeva di trovarsi sempre a vivere lo stesso giorno, indipendentemente da quel che faceva. Southgate aveva un contratto in scadenza a dicembre e una Federazione – notoriamente in difficoltà nel trovare un ct all’altezza del compito – pronta a prolungargli il contratto fino al Mondiale del 2026. Lui, però, si è arreso dinnanzi a quest’aura da perdente che si portava appresso sin da giocatore, mai approdato in una grande (Crystal Palace, il decaduto Aston Villa e Middlesbrough, le sue squadre) e sconfitto nell’unica finale europea giocata con un club, il Middlesbrough, per di più da capitano: contro una spagnola (il Siviglia) con una doppietta di un italiano (Maresca), tanto per lasciare indizi di quel che sarebbe successo poi.

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Dopo il rigore sbagliato a Euro ’96

Meglio di lui solo Ramsey

Eppure il ct dimissionario dell’Inghilterra è stato il più vincente o, sarebbe meglio dire, il meno perdente della storia dopo Sir Alf Ramsey, l’unico riuscito ad alzare un trofeo, la Coppa del Mondo giocata in casa nel 1966 e vinta grazie al clamoroso errore dell’arbitro svizzero Dienst e di un altro arbitro, il sovietico Bachramov messo per l’occasione a fare il guardalinee. I due convalidarono la rete di Geoff Hurst nei supplementari che diede il “la” alla vittoria sui tedeschi nonostante il pallone non fosse entrato in porta. Col senno di poi quel successo è stato una sorta di patto col diavolo: vinci in casa il tuo Mondiale, sotto gli occhi della regina Elisabetta, ma in cambio saranno solo dolori. E solo dolori sono stati.


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Il gol (non gol) di Hurst contro la Germania ai Mondiali del ’66

La lista dei fallimenti inglesi è lunga e dolorosa e passa da batoste inattese con statunitensi, irlandesi, svedesi, costaricani e islandesi oltre che dalla mano e dal talento di Maradona.

Agli Europei, gli inventori del gioco hanno visto alzare la coppa a sovietici, spagnoli, italiani, tedeschi, francesi, olandesi, portoghesi e perfino a cechi, danesi e greci. Fino a tre anni fa – e quindi all’era Southgate – non erano nemmeno mai arrivati in finale. Con lui l’hanno giocata due volte di fila, mettendoci in mezzo pure un quarto posto al Mondiale del 2018, la miglior prestazione di sempre (al pari dell’Inghilterra di Bobby Robson a Italia ’90), se si esclude il patto col diavolo del 1966, che non solo ha chiesto poi il conto, ma lo ha fatto anche in modo beffardo, nel 2010, quando l’arbitro – nell’ottavo con la Germania – non vide entrare il pallone calciato da Frank Lampard, che proprio come quello di Hurst sbatté prima sulla traversa e poi al suolo, ma stavolta oltre la riga.

Stranieri, affaristi e facce da pub

In panchina c’era Fabio Capello, scelto in quanto vincente, perché agli inglesi non importava più il come. A tal punto che prima di lui ci fu lo svedese Eriksson, primo straniero a guidare la squadra di quelli che pensavano di non dover imparare niente da nessuno. L’esperienza inglese di Eriksson fu bella, a suo modo, e ovviamente traumatica (fuori nel 2002 per un tiro da centrocampo di Ronaldinho e nel 2006 ai rigori, contro il Portogallo); quella di Capello fu un fiasco tale da portarlo alle dimissioni poco prima dell’Europeo del 2012, quando arrivò Hodgson, altra faccia da caratterista inglese che si fece voler bene e nulla più, senza trovare una quadra al talento a disposizione.


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Capello ct inglese, brutti ricordi

C’è chi fece peggio, come Steve McClaren, capace nell’impresa al contrario di non staccare il pass per Euro 2008, con l’Inghilterra di Rooney, Lampard, Gerrard, Campbell e Beckham superata da Croazia e Russia in un girone dove si qualificavano ben due squadre. La sconfitta decisiva, sempre a Wembley, arrivò con la Croazia, sotto la pioggia. McClaren, che si riparava con un ombrello, immobile, guardando la squadra affondare, venne ribattezzato, prima dal Daily Mail e poi da tutti “The Wally with the Brolly”, lo “scemo con l’ombrello”.


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Sam Allardyce, ct per 67 giorni

Per rimpiazzarlo era già pronto uno con la faccia da pub, Harry Redknapp, nel frattempo arrestato per un caso di corruzione. Per una gara, nel 2012, in panchina ci andò anche a Stuart Pearce, detto Psycho. Anche Sam Allardyce rimase solo il tempo di una gara. Eppure aveva un contratto di due anni annunciato sul sito della Federazione con questo incipit: “L’altamente rispettato 61enne…”. Dopo 67 giorni il Daily Telegraph rese noto il dialogo tra due giornalisti presentatisi ad Allardyce come faccendieri del pallone, e il ct che spiegava loro come fare soldi con i cartellini dei giocatori, proponendo un affare da 400mila sterline. E la panchina dell’“altamente rispettato” saltò. Arrivò Southgate, prima come soluzione provvisoria e poi definitiva, talmente definitiva da restare lì otto anni. Ora, per sostituirlo, si parla di Frank Lampard, Eddie Howe, Graham Potter e di nuovo di uno straniero, il tedesco Thomas Tuchel. Magari funzionerà. Vinceranno. Chissà. Però, vedendo i predecessori, era davvero così male?


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Per la seconda volta in tre anni a una passo dalla coppa