L'Asf ha deciso di onorare il contratto e non cambiare guida tecnica, nonostante le recenti delusioni. Tami: ‘Convinti che sia ancora l'uomo giusto’
La Nazionale svizzera si presenterà agli Europei della prossima estate (14 giugno-14 luglio) con Murat Yakin in qualità di selezionatore. L'Associazione svizzera di football (Asf) ha infatti deciso di onorare il contratto che la lega al tecnico basilese, rinnovatosi in maniera automatica dopo il raggiungimento della qualificazione a Euro 2024.
Con la qualificazione per il Mondiale 2022, il raggiungimento degli ottavi di finale in Qatar, la salvezza nel gruppo A di Nations League e l'ottenimento di un ticket per l'Europeo in Germania, Yakin ha raggiunto tutti gli obiettivi previsti dal contratto. «Anche se abbiamo ottenuto quattro pareggi e una sconfitta nelle ultime partite di qualificazione, Murat Yakin ha la nostra piena fiducia. Ha il nostro sostegno per poter partecipare all’Europeo con la migliore squadra e il miglior staff possibile», ha dichiarato il presidente dell’Asf Dominique Blanc.
Dal canto suo, Yakin vuole rispettare il suo contratto, che dura fino all'estate 2024. «Faremo tutto il possibile per essere pronti a rappresentare con successo il nostro Paese. Per questo motivo, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, esamineremo a fondo tutte le aree in cui possiamo migliorare e apportare cambiamenti. Vogliamo tracciare la rotta per il futuro».
«Murat ci ha mostrato soluzioni concrete su come vuole portare avanti la squadra e lo staff – afferma il direttore delle squadre nazionali, Pierluigi Tami –. Ci ha convinto di essere ancora l'uomo giusto per il ruolo di allenatore».
Avanti con Yakin, dunque. Tuttavia, la conferma non ha cancellato i punti interrogativi venuti a galla negli ultimi mesi. In particolare, non ha risolto il conflitto che oppone il tecnico ad (almeno) una parte dello spogliatoio. Nonostante le parole espresse da capitan Xhaka al temine dell'ultima sfida in Romania, con le quali si auspicava una conferma di Yakin, è chiaro che il centrocampista del Bayer Leverkusen, così come alcuni suoi compagni (ad esempio Manuel Akanji), avrebbe visto di buon occhio l'allontanamento di un selezionatore con il quale il feeling era scomparso da tempo. Difficile pensare che nei pochi giorni trascorsi dalla fine delle qualificazioni, Pier Tami e i suoi collaboratori abbiano avuto l'opportunità di parlare con i “ribelli” e trovare un modo per appianare la situazione. Un compito che andrà assolutamente assolto prima del mese di marzo, quando la Nazionale tornerà a riunirsi per la prima delle amichevoli che condurranno all'appuntamento con l'Euro. Il rischio è di arrivare in Germania con un problema irrisolto e un clima andato ancor più deteriorandosi. A meno che tutti coloro i quali non vedono in Yakin un tecnico all'altezza, vuoi per carisma, vuoi per esperienza, decidano di sotterrare per davvero l'ascia di guerra, almeno nei sei mesi nei quali il basilese rimarrà alla guida della principale selezione dell'Asf.
A partire da luglio, Murat Yakin non sarà più il selezionatore rossocrociato, questo appare ovvio, per quanto non ancora confermato. E allora, questi sei mesi per la federazione rappresenteranno un banco di prova. Avrà il coraggio di spalleggiare fino in fondo – come non ha fatto in questi turbolenti mesi – il tecnico da lei scelto, fino ad arrivare, eventualmente, alle estreme conseguenze (lasciare a casa i rivoltosi)? Oppure preferirà non incrinare i rapporti con i pezzi da novanta dello spogliatoio, ai quali vorrebbe affidarsi anche per gli anni a venire? Come troppo spesso accaduto nella casa del calcio svizzero, la pietanza scelta rischia di non essere né carne, né pesce. La politica del colpo al cerchio e del colpo alla botte può andare bene quando tutto fila liscio, ma serve a poco nelle occasioni in cui occorrerebbe essere decisi, compiere scelte anche drastiche e schierarsi da una parte o dall'altra. L'Asf deve assolutamente fare chiarezza tra Yakin e lo spogliatoio, per trovare un modus vivendi che venga incontro, soprattutto, alle esigenze dei giocatori, considerata la permanenza a tempo del basilese sulla panchina rossocrociata. Sempre che i buoi non siano già scappati dalla stalla, nel cui caso si rischia di andare in Germania per una toccata e fuga di tre partite.
Di errori, Murat Yakin ne ha commessi parecchi, a cominciare dalla trasferta ad Andorra, quando aveva deciso di lasciare a riposo Akanji, reduce dalla conquista della Champions League, salvo poi cedere al diktat del difensore del City, fermamente intenzionato a scendere in campo. A livello di scelte e di gestione del gruppo, insomma, il basilese è senza dubbio attaccabile, ma l'atteggiamento in campo di troppi giocatori lo è altrettanto. Adesso l'Asf assicura che Yakin rimane l'uomo giusto al posto giusto, tuttavia la scelta sembra indirizzata dalla mancanza di alternative valide e dal poco tempo a disposizione per pensare a una strategia a lungo termine. L'Asf, insomma, si concede sei mesi di tempo per riflettere sul futuro e cercare l'uomo giusto, non facile da trovare in considerazione del trilinguismo (calcistico) del Paese e del “melting pot” culturale della Nazionale. Come da secolare tradizione elvetica, si è dunque preferito andare avanti con i piedi di piombo, accettando il rischio di rovinare la fase finale di Euro 2024, pur di avere il tempo necessario per scegliere l'uomo adatto a guidare la Svizzera verso la Coppa del mondo 2026. Da noi, le scelte azzardate non hanno mai trovato terreno fertile, nello sport come in politica o in economia. Tra sei mesi capiremo se la scommessa odierna dell'Asf sarà stata vincente.