Dopo l’impresa con lo Young Boys i bianconeri a febbraio sfideranno il Thun nei quarti di un trofeo che ha perso per strada tutte le sue ‘big’
Il Lugano sogna e ne ha ben donde. La splendida serata di mercoledì che ha visto i bianconeri, trascinati dai quasi seimila sostenitori accorsi a Cornaredo – anche grazie alla bella iniziativa del club di offrire l’entrata gratuita –, superare 2-1 negli ottavi di finale di Coppa Svizzera nientemeno che lo Young Boys, ha confermato che sì, la squadra di Mattia Croci-Torti ha tutte le carte in regola per andare in fondo a una competizione posta anche dalla nuova dirigenza quale obiettivo stagionale. E ad alimentare i sogni dei ticinesi, il fatto che per il terzo anno consecutivo nei quarti che si disputeranno a febbraio e che vedranno Sabbatini e compagni sfidare in trasferta il Thun (seconda forza della Challenge League), saranno presenti solamente altre tre formazioni della massima serie: Losanna (che si recherà in casa della penultima di Challenge, l’Yverdon), Lucerna (impegnato a Bienne, Promotion League) e San Gallo (che pure sfiderà in trasferta una formazione della terza divisione, l’Etoile Carouge). Ovvero le formazioni che occupano gli ultimi tre posti in Super League, mentre le tre che stanno davanti a tutte, proprio negli ottavi ci hanno lasciato le penne, nell’ordine il Basilea (sconfitto dal Carouge), l’Yb e lo Zurigo (battuto ai rigori dall’Yverdon), a cui si aggiunge anche il Servette ko a Thun.
Una situazione questa che sorprende solo in parte, considerato come per le compagini che hanno il campionato quale obiettivo principale o addirittura disputano anche le competizioni europee, l’ex trofeo Sandoz spesso rappresenta più una distrazione o l’occasione per dare spazio alle seconde linee, che un reale obiettivo nel quale investire ulteriori energie.
A maggior ragione in stagioni come queste rese molto intense oltre che dai numerosi impegni con le nazionali, anche dalla pandemia, e in tal senso si spiegano in parte anche le illustri eliminazioni a livello internazionale (Bayern Monaco fuori dalla Coppa di Germania, Manchester City da quella della Lega inglese).
A confermarlo, anche le formazioni con cui le “big” rossocrociate sono scese in campo in questa tornata di partite, nella maggior parte dei casi decisamente rimaneggiate rispetto all’ultimo turno di campionato: i renani ad esempio rispetto al successo di domenica sul Lugano hanno cambiato ben otto effettivi su undici, tra cui il capocannoniere Cabral (poi inserito inutilmente a gara in corso); il Servette è sceso in campo a Thun con sette elementi che non erano titolari contro il Sion; lo Zurigo si è presentato a Yverdon confermando solo cinque giocatori; sei sono anche le modifiche all’undici titolare operate dallo Young Boys (rispetto al successo 3-2 sul Losanna) per la sfida con la squadra di Croci-Torti, che dal canto suo ha deciso (quanto per necessità, quanto per scelta è un altro discorso) di cambiare solo tre elementi rispetto a quelli mandati inizialmente in campo tre giorni prima al St. Jakob; qualche modifica in più (5 in totale) per il San Gallo che ha eliminato a fatica il Chiasso, mentre Fabio Celestini ha mandato in campo a Sciaffusa esattamente lo stesso Lucerna che domenica aveva sconfitto 2-0 la squadra di Zeidler. Statistica in controtendenza infine per il Losanna, vittorioso ad Aarau nonostante ben otto cambiamenti.
Come dire che in Coppa è rimasto chi ci tiene per davvero, come d’altronde emerso anche sul terreno di Cornaredo, dove i padroni di casa hanno fatto la differenza soprattutto a livello di abnegazione, grinta e capacità (voglia) di soffrire. Il premio? La possibilità forse più grande che mai di conquistare un trofeo reso ancora più appetibile per chi è rimasto in corsa da un’altra statistica, che si somma a quella relativa all’assenza delle attuali tre migliori compagini del campionato: per la prima volta dall’edizione 2004-2005, nei quarti non sarà presente nessuno tra Grasshopper (19), Basilea e Sion (13 entrambe), ovvero i club che hanno messo più volte le mani sul trofeo e che se lo sono spartito tra loro in sedici delle ultime venti edizioni. Fuori anche lo Zurigo (10 successi), la formazione meglio piazzata nella speciale classifica è il Losanna, quinto con nove trionfi.
Il Lugano dal canto suo è fermo a quota tre vittorie finali dal 1993, anno in cui sconfisse all’ultimo atto 4-1 il Grasshopper (gol di Andrioli, Fornera e doppietta di Subiat) dopo aver eliminato proprio negli ottavi lo Young Boys. Cinque invece le finali perse, l’ultima nel 2016 al Letzigrund, dove la squadra allora diretta da Zdenek Zeman si era inchinata 1-0 ai padroni di casa sbagliando anche un rigore (sullo 0-0) con Mattia Bottani e vedendo il tentativo di rimonta infrangersi sul palo colpito da Donis. Quella è rimasta anche l’ultima occasione in cui la società bianconera ha superato lo scoglio dei quarti di finale, raggiunti quattro volte in sette edizioni dal ritorno in Super League nel 2015. Per centrare la seconda semifinale da 21 anni (nel 2000 la corsa dei sottocenerini era stata fermata al penultimo atto dal Losanna) a questa parte, i ragazzi di Croci-Torti dovranno superare quel Thun che nella stagione 2018/19 li aveva eliminati proprio ai quarti imponendosi 3-2 sul sintetico della Stockhorn Arena (prima di venir fermato solo in finale dal Basilea) ma nel frattempo retrocesso nella lega cadetta.
Avversario e terreno insidiosi, sì, ma non certo insormontabili per un Lugano che arrivato a questo punto, e in considerazione oltretutto dei rinforzi attesi dal mercato di gennaio, ha non più il diritto, bensì il dovere di crederci.