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Lisa, Paola e Rachele: tre donne nel cuore delle Alpi

Un’igienista dentale, una fisioterapista e una mamma nonché istruttrice di pilates raccontano l'emozione di affrontare la mitica Patrouille des Glaciers

16 aprile 2024
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Bertol, Col de la Chaux, Col de Riedmatten, Rosablanche, Tête Blanche. Un percorso di quasi 58 chilometri ricco di passaggi spettacolari, capaci di estasiare, ma, pure, incutere paura. Non manca di superlativi: la più affascinante, la più dura, la più estenuante, la più lunga. La Patrouille des Glaciers è circondata da una coltre magica grazie, in primis, a chi s’inerpica nel cuore delle Alpi cercando di addomesticare queste sommità. Chi soffre in religioso silenzio e chi esulta. Fatica, e abbagliante felicità... A cadenza biennale centinaia di persone (fra cui anche militari) sfidano quella catena montuosa, messa in sicurezza dall’esercito. Le pattuglie contribuiscono in questo modo a innescare nuove leggende alpine. Ogni singolo partecipante, di passate o correnti edizioni, ha il proprio trascorso personale. Non possono fare astrazione Lisa Boschetti, Rachele Dotti e Paola Pervangher. Un’igienista dentale, una fisioterapista e una mamma nonché insegnante di pilates legate dalla stessa passione. Le corse di resistenza in quota. Una cordata storica giacché formata da sole donne, per di più ticinesi.

Fra pelli di foca, cordini e zaini, le tre ripassano il tracciato e controllano l’equipaggiamento: farmacia, imbracatura, lampada frontale. Le battute lasciano spazio a qualche preoccupazione, quel ‘fatidico’ giorno è ormai prossimo. Nel pieno della notte, in sintesi l’una e trenta di sabato 20 aprile, comincerà il loro cammino. Il battito accelera, lì, sulla linea di partenza. Minuscole, vulnerabili. «Ho già intrapreso la Patrouille nel 2016 in una squadra mista – evidenzia Paola –, ma ho sempre cullato il sogno di sfidare ancora quelle montagne accompagnata da altre due ragazze». Nel 2020 la pandemia ha paralizzato il pianeta, e pure la mitica corsa, senza comunque demoralizzare la quasi 43enne. Il destino ha incrociato le strade di Paola e Rachele «e da qui è nata l’idea di completare il Mezzalama, ossia la Maratona dei Ghiacciai (su territorio italiano, ndr). Qualche inconveniente ha scompaginato il programma» e, così, le due hanno ripiegato sull’attraversata delle Alpi vallesane. Il problema, la terza componente. Ma, «parlando del più e del meno, Lisa si è subito dimostrata entusiasta». Rachele, la più giovane, ha una lunga esperienza di corse in montagna. Non è infatti raro leggere il suo nome, e quello dell’appena citata Lisa, sulla ‘lista di partenza’ di competizioni agonistiche. Un background piuttosto differente, eppure le tre sono abituate a percorrere chilometri. Nel mese di novembre hanno inoltre scelto alcuni weekend così da effettuare allenamenti congiunti e «affinare l’affiatamento. Quell’indispensabile spirito di cameratismo, di solidarietà».

Un percorso di collaborazione

Il giorno inizia lentamente a prendere a pugni la notte, mentre i raggi del sole cercano di abbagliare il buio e colorare di eternità questo rosario di cime intento a ridestarsi. «È una manifestazione capace di trasudare storia da ogni poro, leggendaria. Chi pratica questa disciplina spera di riuscire a domare il tracciato, perlomeno, in un’occasione. Un sogno che si realizza, insomma». Quei gradini intagliati (con precisione svizzera) fra due ali di folla. Corni, e tromboni. L’inferno si dissolve in lontananza, offuscato dal paradiso. «Nella zona è una ricorrenza quasi sacra. Quando conquisti la Rosablanche, percepisci un’emozione difficilmente ripetibile: circondata da innumerevoli persone che mangiano la raclette – e che offrono a ogni passante – oppure la fondue muniti di caquelon a gas». Un’esperienza da pelle d’oca... Non bisogna però dimenticare l’incantevole panorama «lungo tutto il percorso, condizioni atmosferiche permettendo». Lisa, Paola e Rachele sono tre donne. E, pure, ticinesi. Un onore, «fonte d’orgoglio. Qualche pensiero comincia lentamente a ‘balenare’ nella testa, ma sono delle preoccupazioni sane. Che riportano alla nuda e cruda realtà, la Patrouille non è assolutamente da prendere alla leggera. Il senso di responsabilità nei confronti delle compagne di squadra è parecchio. Nessuna intende pesare sulle altre, si cerca sempre di essere all’altezza della situazione». Il tratto più impegnativo, secondo Paola, sarà quello sino alla Tête Blanche in quanto, come Rachele, soffre particolarmente il freddo. Lisa, invece, regge di più le basse temperature «dunque conteremo su di lei», ridono. D’altronde le competizioni di resistenza sono anzitutto una questione di collaborazione. Ogni componente spicca in determinati punti, «a seconda delle sue caratteristiche. E, allenandosi tutte insieme, questo affiatamento è qualcosa di sempre più cristallizzato». Non mancano comunque momenti di sconforto, «in cui si è propense a cedere alla fatica. La condizione atletica è dunque scalzata dalla forza mentale. Di volontà». Una capacità di cui non difettano Lisa, Paola e Rachele. Tre donne cocciute, determinate. Il sostegno reciproco «è imprescindibile! La Patrouille des Glaciers accomuna tutta la vita, anche quando la fune non c’è più».

‘Non cerchiamo il rischio, le montagne non scappano’

Il cerimoniale di (quasi) ogni pattuglia è di superare il traguardo di Verbier mano nella mano, lasciando talvolta cadere qualche lacrima. Un’immensa soddisfazione personale, ma la considerazione iniziale «è mai più! Il percorso, l’impresa, la folla. Non è raro percepire un senso di vuoto, qualcosa che manca. D’altronde hai raggiunto il culmine». Le tre hanno una tempistica entro cui sperano di concludere la corsa, malgrado l’imprevisto sia costantemente in agguato. Dal mal di pancia sino alla rottura di un bastone, tutto si complica. Ed «è facile impiegarci di più. Non è infatti possibile controllare ogni evenienza». Le imponenti montagne fra il Dent d’Hérens e il Cervino a cullare i sogni di centinaia di alpinisti, eppure, talora, la natura detta la sua legge. Quello scenario incantevole si trasforma in teatro di un dramma. A inizio marzo cinque persone, e una purtroppo tuttora dispersa, hanno perso la vita sulla Tête Blanche innescando una vera e propria bufera. «Non siamo impreparati o eternamente in cerca del rischio». Lisa, Paola e Rachele hanno già fatto dietro-front, senza remore. Nonostante le numerose conoscenze, le Alpi celano sempre qualche tranello e, di conseguenza, «è necessaria (maggiore) attenzione in termini di pericoli e sicurezza». Fra bollettini meteo e attrezzatura resistente a qualsiasi condizione. «Nessuno intende sfidare il destino. Siamo in grado di fermarci, in ogni momento». La manifestazione riceve il nullaosta, solo quando la sicurezza del percorso e dei corridori è garantita. Nel 1986 è stata interrotta a causa delle condizioni meteorologiche alquanto proibitive, nel 2012 annullata e due anni or sono posticipata di 24 ore. «Il rischio zero non esiste, ma cerchiamo di essere il più organizzate possibile in modo da evitare calamità. D’altronde le montagne non scappano, soprattutto quando si hanno due bambini piccoli a casa», conclude Paola.

Quarant’anni, o quasi, di leggenda

La manifestazione ha radici ben piantate nella storia militare rossocrociata: dispiegata sul fronte sudoccidentale in caso di conflitto, la Brigata 10 di montagna è stata persuasa dai capitani Roger Bonvin e Rodolphe Tissières a coprire la tratta fra Zermatt e Verbier senza rifornimenti. Un lungo giorno di marcia. E non quattro, com’era solita richiedere. Nel 1943 nacque finalmente la Patrouille des Glaciers. La terza edizione fu però funestata da una sfortunata fatalità. Il 10 aprile 1949 la pattuglia 7, composta da tre scaltri alpinisti, scomparve nei pressi del Mont Miné. Dall’euforia iniziale alla desolazione più assoluta. Un maledetto crepaccio scrisse l’epilogo della loro storia, e quello della competizione. O, almeno, finché, decenni più tardi, le discussioni si placarono. L’attrazione della corsa, epica fin dall’inizio, era irriducibile. Nella calda notte fra il 5 e il 6 aprile 1984 la ‘magia’ ricominciò grazie all’esercito, incaricato di mettere in sicurezza il tracciato; circa 190 pattuglie scattarono da Zermatt, inerpicandosi nel cuore delle Alpi. Da quel momento la competizione si ripete ogni due anni, mentre le donne hanno ricevuto il benestare solo nel 1986... La Patrouille si è sempre di più rafforzata, tant’è che in questa edizione ricorrono due appuntamenti: il quarantesimo dal suo disgelo nonché i Mondiali di scialpinismo di lunga distanza. Le 1’600 pattuglie, ossia 4’800 persone in rappresentanza di 28 Paesi, sono intervallate. Da stasera fino a sabato la cittadina ai piedi del Cervino sarà un susseguirsi di uomini. E donne. Il tracciato propone due alternative. Una lunga (57,5 chilometri e dislivello positivo di 4’386 metri) e una più corta da Arolla fino sempre a Verbier (29,6km, e dislivello positivo di 2’200m). Non mancano i record, realizzati sia in campo maschile che femminile sei anni or sono. La squadra italiana composta da Matteo Eydallin, Michel Boscacci e Robert Antonioli ha fermato il cronometro in 5 ore e 35 minuti. Fra le donne, invece, la cordata franco-svizzera composta da Laetitia Roux, Axelle Mollaret e Jennifer Fiechter ha chiuso la sua fatica in 7 ore e 15 minuti. Nonostante le infinite turbolenze, il futuro della Patrouille des Glaciersi sembra garantito a lungo termine.