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Il giro del mondo pedalando e remando di Louis Margot

Partito da Morges quasi un anno fa, il 32enne conta di completare il viaggio in solitaria, e con la sola forza muscolare, in meno di tre anni

Se dovesse riuscirci, sarebbe il primo svizzero a completare un’impresa riuscita a pochissimi nel mondo (Human Impulse)

Partito da Morges quasi un anno fa, il 32enne conta di completare il viaggio in solitaria, e con la sola forza muscolare, in meno di tre anni

31 luglio 2024
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Lima, a questo punto, è ormai dietro l’angolo. Una manciata di chilometri: ‘solo’ poco più di un centinaio. Perché è lì, nella capitale peruviana che si chiude la terza tappa del giro attorno al mondo di Louis Margot. Non un giro del mondo qualsiasi, visto che il vodese lo sta compiendo in solitaria e aiutato dalla sola forza muscolare. In bicicletta sulla terraferma e in barca a remi, a bordo di una speciale imbarcazione, quando affronta gli oceani: prima l’Atlantico e poi il Pacifico.

Il tutto, impresa nell’impresa, con l’obiettivo di portare a termine questo estenuante percorso nel tempo record di meno di tre anni, quando l’attuale primato parla di 5 anni e 11 giorni. Dovesse riuscirci, sarebbe il primo svizzero a realizzare un’impresa che al mondo è riuscita pochissimi: quelli che ce l’hanno fatta si contano sulle dita di una mano.

Human ImpulseIl giro del globo in cinque tappe (e tre anni)

La partenza, 3 settembre 2023

Di tempo ne è passato parecchio da quando il 32enne vodese, con alle spalle un titolo mondiale Juniores nel canottaggio (quattro senza timoniere) si è imbarcato in questa avventura. Il 3 settembre 2023, dopo tutti i preparativi, con tanto di corso accelerato per imparare a governare la speciale imbarcazione messa a punto proprio per questo genere di viaggio, Louis ha inforcato la bicicletta e si è lasciato alle spalle le stradine della sua Morges, in riva al Lago Lemano, per pedalare in direzione di Portimão, nell’estremo sud del Portogallo. Dove ci è arrivato 24 giorni (e 2’424 km di pedalate) più tardi. Da lì il 6 novembre è poi salpato a bordo della sua barca per la traversata dell’Atlantico, passando dalla Martinica, per poi dirigersi verso la Colombia attraverso il Mar dei Caraibi, per raggiungere Santa Marta il 30 aprile, diventando il primo svizzero a completare quest’impresa. Poi il suo viaggio è ripreso, stavolta in bici, in direzione di Lima, passando dalle strade di Colombia, Ecuador e, infine, Perù. Una terza tappa di circa 4’500 km per un dislivello complessivo stimato in 40’000 metri.

Quando, venerdì scorso, lo abbiamo raggiunto al telefono per farci raccontare della sua avventura, era impegnato in un mini tour de force per completare la tappa nei tempi prefissati, a ritmo di oltre 150 km quotidiani (fra cui 180 km pedalati nel deserto peruviano circondato dal nulla). «Ora sono a circa 500 km da Lima: l’obiettivo di arrivarci entro il 1° agosto è impegnativo, ma fattibile – racconta Louis Margot –. Arrivare laggiù per il Natale della patria sarebbe qualcosa di simbolicamente forte, anche perché a Lima vive una grande comunità di svizzeri. E nei giorni seguenti dovrei pure incontrare il console svizzero in Perù: non posso proprio mancare! Secondo la mia tabella di marcia dovrei arrivare in tempo, ma dovrò fare un po’ di straordinari in sella: diciamo che c’è un buon 90% (abbondante) di possibilità che sarò presente alla festa a Lima».

Human ImpulseAlle prese con i ‘capricci’ del Mar dei Caraibi

Le sfide, del resto, si qui non gli sono certo mancate. Come nell’ultimo tratto della traversata dell’Atlantico: «Dopo una sosta di qualche giorno in Martinica per recuperare le energie, ho affrontato il Mar dei Caraibi; mi ci son voluti in totale 18 giorni per venirne a capo: remando molto vicino alle coste venezuelane e colombiane ho dovuto prestare particolare attenzione alle correnti e alle ondate di un mare notoriamente parecchio ‘capriccioso’. E di notte, quando riposavo, praticamente dovevo tenere un occhio sempre aperto, per evitare che qualche ondata mi mandasse a sbattere contro uno scoglio».

In Colombia, al suo sbarco sulla terraferma, a Santa Marta, Louis Margot ha poi trovato uno speciale… comitato d’accoglienza: «Ad attendermi c’era la Marina militare colombiana, l’Armada, presente per darmi il benvenuto: è stato un modo davvero simpatico di accogliermi».

Prima di riprendere il suo tragitto, stavolta pedalando, in direzione del Perù, il 32enne vodese ha dovuto occuparsi anche delle questioni logistiche, per organizzare il trasporto via terra e via mare della sua imbarcazione fino a Lima: «Anche questo è stato un bel challenge per me (ride, ndr), soprattutto perché non parlo lo spagnolo… Ho dovuto arrangiarmi e alla fine, grazie anche al supporto della compagnia che mi sostiene dal profilo logistico in questa impresa, tutto è andato per il verso giusto». A giugno si è dunque rimesso in sella, macinando chilometri su chilometri in direzione della capitale peruviana.

La sfida nella sfida

Oltre otto mesi per domare il Pacifico

In quasi un anno trascorso pedalando o remando, c’è stato un momento in cui Louis Margot si è chiesto ‘chi me l’ha fatto fare’? «Me lo son chiesto praticamente ogni giorno, dallo scorso 3 settembre a oggi (e prorompe in un’altra sonora risata). Quando pedali, le cose sono un po’ più semplici: incontri gente, fai due chiacchiere con qualcuno, il tempo scorre più veloce e gli sforzi si sentono meno. Mentalmente, il momento più difficile è l’inizio di una nuova tappa. Pensare ad esempio d’aver di fronte oltre 4’000 km di pedalate in solitaria per le strade dell’America latina non è evidente: all’inizio sembra un muro insormontabile. Di certo non è come farlo sulle strade d’Europa: c’è l’incognita delle condizioni delle strade, e quella del traffico. Tutto è un po’ più complicato… Forse, dall’esterno, si ha come l’impressione che sia un’impresa tutta rose e fiori, magari permeata da un’aura magica, ma i dubbi, quando la vivi ‘da dentro’ ti assalgono quasi quotidianamente. Fortunatamente dietro di me c’è un’organizzazione che mi dà un bel colpo di mano e mi sostiene, specie in quei momenti». E non è che le cose miglioreranno considerato che all’orizzonte si staglia l’enorme distesa blu del Pacifico… «Indubbiamente la traversata del Pacifico costituisce la parte centrale nonché principale di questa mia avventura. Avrò però il vantaggio di affrontarla tutto in un altro stato psicologico rispetto a quando mi sono imbarcato sull’Atlantico: allora ero all’inizio del mio viaggio, e ancora non sapevo cosa mi attendeva durante una navigazione in solitaria così lunga. Quasi sei mesi di navigazione dopo, una certa dimestichezza l’ho acquisita: non si tratterà dunque più di imbarcarmi verso l’ignoto. In più avrò la consapevolezza che una volta portata l’imbarcazione dall’altra parte del Pacifico, non la dovrò più usare… Una volta domato anche il Pacifico, per il quale sono da mettere a preventivo circa 8 mesi abbondanti di traversata, psicologicamente tutto dovrebbe essere più semplice. È vero che davanti a me avrò ancora tanti chilometri da macinare in bici, ma psicologicamente con la prospettiva che quella sarà l’ultima ‘tranche’ del mio percorso, sarà quasi come avere la strada in discesa».

Human ImpulsePedalando per le strade dell’America del Sud

Il peso della lontananza da casa

Qual è stata la sfida più impegnativa che Louis Margot ha dovuto affrontare dall’inizio del suo viaggio? «La cosa che mi pesa di più è la lontananza dai miei affetti: mi mancano i parenti e gli amici… Sono regolarmente in contatto con loro, ma la distanza fisica alla lunga ovviamente pesa. E poi sono praticamente sempre in spostamento: non è come in vacanza, dove ogni momento è buono per contattare parenti o amici in Svizzera. Ho già vissuto per anni all’estero, ma quella era tutta un’altra cosa: lì avevi un punto fisso dove poter mettere le radici, ora, invece, è come se fossi una lumaca, costantemente in viaggio con la sua ‘casa’ sulle spalle. Sul piano fisico, se penso ai Paesi che ho attraversato, quello più duro è stato l’Ecuador, con le sue montagne da salire: alla sera ero davvero stanco… Fortunatamente i giorni di pioggia sono stati relativamente pochi. Ho però patito il freddo, specie quando ho affrontato strade a 3-4’000 m di quota in America del Sud, dove di notte la colonnina di mercurio si abbassa notevolmente, e allora i denti li batti. Generalmente pedalo durante la giornata, iniziando alle 8 del mattino e continuando a farlo fino a sera inoltrata». E di notte? «L’ho fatto una volta, per poi ripromettermi di non farlo più: di notte preferisco riposare per recuperare le energie. Anche perché aggirarsi tutti soli in bici per le strade dell’America del Sud di notte non è certo l’ideale, considerato l’elevato tasso di criminalità. È anche per questo che per la terza tappa non ho preso la tenda con me, optando per trovarmi di volta in volta un alloggio economico». Cosa dire invece della qualità delle strade? «All’inizio ero spaventato dall’idea di cosa mi sarei trovato davanti, ma alla prova dei fatti le strade che ho scelto io si sono rivelate tutto sommato in buone condizioni».

‘Un giorno in Ecuador, sono stato invitato a casa di uno svizzero che vive laggiù e assieme abbiamo mangiato una deliziosa fondue, parlando... dei nostri amici in Comune a Morges!’

Proprio lungo le strade della remota America del Sud, Louis Margot si è trovato a pedalare in compagnia di qualche altro ciclista. Svizzeri compresi: «Non ne ho incontrati molti, ma qualcuno sì. A Mancora, poi, ho incontrato uno svizzero che seguiva la mia impresa sui social media e mi ha invitato a casa, dove abbiamo mangiato una fondue! La cosa buffa è che, parlando, è emerso che aveva pure lavorato a Morges, dove io abito. Avevamo amici in comune: trovarsi a decine di migliaia di chilometri di distanza da casa e parlare di cose accadute sulla riva del Lago Lemano è davvero bizzarro. In Ecuador, invece, un giorno stavo pedalando in compagnia di un canadese, eravamo entrambi stanchi e assetati. Nemmeno il tempo di realizzare che nessuno di noi aveva ancora qualcosa da bere ed ecco che davanti a noi si è fermata una macchina che trasportava un carico di pompelmi: l’autista è venuto verso di noi e ci ha offerto due litri di Sprite con un boccone di pane. È stato come un regalo dal cielo in quel momento!».

Human ImpulseLa partenza da Morges, lo scorso settembre

Mentre Louis Margot si appresta a chiudere la terza tappa di questo suo viaggio attorno al mondo, Human Impulse, l’associazione che sostiene dalla Svizzera il vodese, sta a sua volta per ultimare un’altra missione: quella della raccolta di fondi – che scade oggi – a sostegno finanziario della traversata del Pacifico (il budget ideale complessivo di questo viaggio attorno al mondo è di mezzo milione di franchi). Per saperne di più basta visitare il sito di Human Impulse.