Torna la Nba fra infortuni, squalifiche e incognite varie
La stagione si aprirà nella notte a Boston col match tra i Philadelphia 76ers, fra i sicuri pretendenti al titolo, e i Celtics padroni di casa, lo scorso anno finalisti. Poche ore più tardi invece, sulla costa opposta, uno stuzzicante derby californiano fra i campioni uscenti Golden State Warriors e i leggendari Los Angeles Lakers, un po’ in ribasso dopo l’ultimo campionato vinto soltanto due anni fa.
Boston-Phila è una partita dall’enorme fascino per coloro che si sono avvicinati al basket americano a cavallo fra gli anni 70 e 80, un’epoca in cui le due franchigie si disputavano quasi ogni stagione la supremazia nella East Division, e le battaglie che affrontavano per accedere alle finali assolute – contro i vincitori a Ovest – avevano i crismi delle sfide epiche. Al vecchio Boston Garden, così come allo Spectrum di Philadelphia, erano spesso lotte senza esclusione di colpi, oltre che dall’elevato tasso tecnico. Da una parte c’erano i Celtics, che dopo un decennio di vacche magre stavano per riaprire un ciclo vincente come era successo un quarto di secolo prima. E dall’altra c’erano i Sixers, che qualche titolo nel passato l’avevano vinto pure loro, ma in un altro campionato – quello Aba – prima che le due leghe si unissero a metà degli anni 70 per evitare che sparissero entrambe. Era un basket fatto di fondamentali impeccabili, elaboratissimi schemi offensivi, infinite varianti difensive e grande circolazione di palla: un gioco molto diverso da quello odierno, basato quasi soltanto sulla forza fisica e uno smodato ricorso al tiro da tre punti. Fra gli sport Usa, il basket è quello che negli ultimi 40 anni è cambiato di più, per la delusione dei nostalgici di quell’ormai lontana età dell’oro, molto povera a livello finanziario ma ricchissima dal punto di vista tecnico e strategico.
Archiviato l’amarcord, proviamo a stilare una lista delle squadre favorite per il successo finale, che coronerà i vincitori soltanto dopo le canoniche 82 partite di stagione regolare e un imprecisato numero di gare nei playoff. Iniziamo ovviamente dai Golden State Warriors di Curry, Green e Thompson, campioni in carica e difficilmente superabili a Ovest, i cui nemici più grandi potrebbero essere gli screzi interni: l’ormai celebre cazzotto sparato da Green a Poole lo sta a dimostrare. Dietro gli ultimi vincitori, la compagine più accreditata pare Milwaukee, già campione nel 2021 e oggi ancor più forte visto l’arrivo del veterano australiano Ingles ad affiancare la stella Antetokounmpo. L’ex Barcellona e Maccabi, appena si rimetterà dall’infortunio al ginocchio, potrà dare una grossa mano. Subito sotto potrebbe figurare Philadelphia, che farà affidamento soprattutto sul "Barba" James Harden – che pare in formissima e ha grande voglia di riscatto – e sul funambolico Joel Embiid, uno dei possibili Mvp della stagione.
Infine, menzione proprio per i Celtics – come detto sconfitti nell’ultima finalissima – che con l’arrivo di Gallinari parevano essersi ulteriormente rinforzati. Poi il ginocchio sinistro dell’italiano ha fatto crac (rottura dei legamenti) e le ambizioni di Boston si sono forse un po’ ridimensionate. Tatum, Brown e Smart sono sempre una sicurezza, ma la sospensione per l’intera stagione di coach Udoka – autentica rivelazione in panchina lo scorso anno – per presunte relazioni extraconiugali sul posto di lavoro (severamente proibite dalla Lega) potrebbe aver destabilizzato un po’ l’ambiente. In attesa di sapere se la squalifica del tecnico potrà essere ridotta, squadra affidata al suo assistente, vale a dire Damon Stoudamire, vecchia conoscenza dei parquet avendo militato nel passato con le maglie di diverse franchigie Nba.