laR+ il commento

Linee immaginarie, tragedia reale

Storia della ‘line of dead bodies’. Chi la supera viene ucciso dagli israeliani, che sia uomo, donna, anziano o bambino

In sintesi:
  • La disumanità del comandante della 252esima divisione: ‘I corpi li lasciamo lì, li facciamo mangiare dai cani’
  • I soldati sparano e ridono, si fanno i selfie. La notizia non arriva da fuori, ma dal quotidiano Haaretz
  • Nel suo articolo “La Guernica palestinese” il parlamentare della Knesset Ahmed Tibi chiede disobbedienza civile ma sottolinea con amarezza che nessuno ha rifiutato di eseguire gli ordini e tutto è stato distrutto
Soldati israeliani a Gaza
(Keystone)
30 dicembre 2024
|

La “line of dead bodies” non la troverete su nessuna mappa. È una linea immaginaria tracciata dai soldati israeliani nel Nord di Gaza. Chi la supera, seppur inconsapevolmente, viene ucciso. Uomini, anziani, donne, bimbi. Il comandante della 252esima divisione così spiega nell’inchiesta pubblicata dal quotidiano Haaretz: “Non raccogliamo i corpi, li lasciamo lì, così vengono mangiati dai cani”.

I soldati sparano e ridono, si fanno i selfie. Un gruppo di 4 uomini finisce nel mirino dei loro fucili, uno solo viene lasciato in vita, rinchiuso in una gabbia, denudato, i militi gli spuntano addosso. “Israele sta perdendo la propria umanità” titola il quotidiano, tenace voce della morale ferita di un ebraismo universalista purtroppo moribondo. Dopo aver bombardato l’ospedale Kamat Atwan nel Nord della Striscia facendo 50 morti, tra cui tre medici, l’Idf ordina l’evacuazione totale e immediata: fuori, via in 15 minuti, tutti gettati in strada: malati, personale medico, ricoverati in terapia intensiva, pazienti attaccati a un ventilatore. “Cieca ferocia” commenta Laura Boldrini, ex portavoce dell’Unhcr.

Una dottoressa canadese racconta di bimbi colpiti in testa dai proiettili degli sniper. La coordinatrice di Medici Senza Frontiere Caroline Seguin riesce a rimanere solo tre giorni a Gaza, quanto basta per farle dire: “È l’apocalisse, mai visto nulla del genere”, lei che ha conosciuto gli orrori della guerra in Iraq e Siria. È genocidio sentenziano lo storico della Shoah Amos Goldberg e un accurato rapporto di Amnesty: gli fa eco Human Rights Watch e sembra pensarlo pure Papa Francesco. Liliana Segre, quasi a difesa di una sorta di monopolio della sofferenza contesta, ma ammette: genocidio no, crimini di guerra e contro l’umanità, da entrambe le parti, sì. Quasi fosse in fondo un male minore. “Sono saltate tutte le regole di guerra, oggi assistiamo a uno dei bombardamenti più letali della modernità” si può leggere nell’inchiesta realizzata dal New York Times.

Nel suo articolo “La Guernica palestinese” il parlamentare della Knesset Ahmed Tibi chiede disobbedienza civile ma sottolinea con amarezza: “Nessun pilota ha rifiutato gli ordini, sono stati distrutti ospedali, scuole, chiese, moschee, panetterie”. Sordi tutti o quasi al celebre richiamo di Antigone, che si ribella in nome della morale a Creonte, il re di Tebe: “Io non pensai che tanta forza avessero gli ordini tuoi, da rendere un mortale capace di varcare i sacri limiti delle leggi non scritte e non mutabili”.

Ogni evento storico è un unicum, eccidi compresi. La cautela è un caposaldo storiografico. La distanza tra Auschwitz e Gaza è enorme, scrive Gideon Levy, l’anti-Netanyahu per antonomasia. Ma il giornalista aggiunge “il paragone tuttavia non è più assurdo”: come non pensare all’olocausto quando sentiamo le urla che si alzano da sotto le macerie, dalle fosse comuni, da quella linea immaginaria dell’indecenza che condanna a morte anche bimbi disabili o persone affamate? Paragone infuocato che sarà certamente al centro di innumerevoli diatribe: Netanyahu, temendo l’applicazione del mandato di cattura della Cpi, non si recherà in Polonia in gennaio per la commemorazione dell’80esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Un’assenza che riconcilia con qualche scampolo di giustizia e che forse farà riflettere quella vasta schiera di spettatori che, di fronte a un ipotetico tribunale della Storia, non potrà schermirsi dicendo “non sapevamo”.