laR+ IL COMMENTO

Ritratto di un cantone ostinato a darsi la zappa sui piedi

Buona parte della classe imprenditrice ticinese dipinge ogni misura tesa a proteggere il tessuto socioeconomico locale come se fosse un ulteriore pericolo

In sintesi:
  • La lettura di Modenini va a esacerbare la narrazione primanostrista
  • L’idea di una massa salariale concepita quale entità statica non è altro che una forzatura
  • La pratica di deformazione interpretativa ha raggiunto un nuovo climax grazie a uno studio dell’Ustat
Tutta una metafora
(Depositphotos)
12 ottobre 2024
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Nel cantone con i salari mediani più bassi e gli aumenti dei premi di cassa malati più alti di tutta la Svizzera non si finisce mai di stupirsi. Soprattutto quando l’argomento riguarda la distribuzione del reddito.

Uno dei temi all’ordine del giorno dell’ultima seduta della Commissione parlamentare della gestione riguardava il messaggio del governo sul salario minimo. Messaggio che propone di dare luce verde alla forchetta 20-20,50, ultimo “gradino” dell’applicazione graduale della Legge (Lsm) entrata in vigore il 1° gennaio 2021 e che prevede, appunto, lo scatto conclusivo a inizio 2025. Sentiti in audizione, i rappresentanti del mondo economico non hanno mosso contestazioni di fondo ma sì sollevato qualche perplessità: secondo il direttore dell’Aiti Stefano Modenini l’80% del beneficio del salario minimo va a favore dei frontalieri, mentre non è stato ancora possibile valutare “l’impatto sui salari medio-alti, quelli dei lavoratori residenti”. Aspetto che preoccupa Modenini in quanto “la massa salariale è una sola”. Tradotto: le aziende che si sono viste costrette ad adeguare le (indecenti) paghe minime della manodopera di Oltreconfine potrebbero vedersi anche “costrette” ad attuare una sorta di livellamento verso il basso, cioè andare a compensare il maggior onere degli stipendi minimi appiattendo le retribuzioni medio-alte. Una lettura, quella di Modenini, che va – sicuramente in maniera involontaria – a esacerbare la narrazione primanostrista del “loro” contro di “noi”.

A dire il vero l’idea di una massa salariale concepita quale entità statica non è altro che una forzatura, soprattutto in un contesto che negli ultimi anni ha registrato importanti aumenti dei prezzi e della produttività del lavoro. Quello che invece sembra essere più caro a buona parte della classe imprenditrice ticinese è il concetto (illusorio) di un tasso di profitto che si mantiene inalterato a prescindere dalla congiuntura. Poco importa poi che sia proprio lo sfruttamento della costellazione storica e geografica data da prezzi di vendita svizzeri, fiscalità svizzera e stipendi non svizzeri a permettere di ottenere una determinata redditività. Quel che conta, par di capire, è riuscire a insinuare il dubbio che ogni misura tesa a proteggere il tessuto socioeconomico locale (dando qualche limite all’agire autolesionistico dell’imprenditoria, che nel suo affanno di lucro erode le premesse del suo stesso sviluppo) sia in realtà l’esatto opposto, ovvero un ulteriore pericolo.

Di recente, infatti, questa pratica di deformazione interpretativa ha raggiunto un nuovo climax grazie a uno studio dell’Ustat. Studio che ha permesso a qualcuno di provare a fare passare l’idea che la maggiore “rigidità” dei salari medio-alti in Ticino sia da ricondurre alla diffusione della contrattazione collettiva – parecchio superiore rispetto al resto della Svizzera –, omettendo del tutto il fatto che tale diffusione risponde invece all’esigenza di tutelare i lavoratori nei settori più vulnerabili, quei settori a basso valore aggiunto sui quali si concentra il “miracolo” economico ticinese.

A completezza di questo ritratto di un cantone ostinato a darsi la zappa sui piedi forse vale la pena ricordare la favola TiSin, organizzazione con ai vertici due esponenti di spicco della Lega, che alla vigilia dell’entrata in vigore della Lsm – correva l’anno 2021 – tentò di aiutare alcune aziende del Mendrisiotto a eludere le norme del salario minimo attraverso un contratto collettivo farlocco che “sfruttava” presunti margini consentiti dalla legge medesima. Tutta una metafora.

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