In alcuni Paesi il principio di maggioranza che governa nel rispetto delle minoranze è stato sostituito dal potere della maggioranza che vince e comanda
Chiusi un articoletto, qualche tempo fa, con il disagio di chi ha l’impressione che le democrazie liberali stiano prendendo una brutta piega. Lo disse Pier Luigi Bersani, emiliano sagace e verace dalla faccia onesta che non te le manda a dire a proposito delle inclinazioni autoritarie di una certa destra italica: “Badate bene, in fondo a questa strada c’è Orbàn!”. La statistica gli dà ragione: i sistemi non democratici sono tornati a prevalere e l’insoddisfazione rispetto al funzionamento delle istituzioni democratiche è in aumento. Le democrazie complete sono sempre meno, quelle imperfette sempre di più e si fanno largo le autocrazie elettive dove le elezioni controllate hanno l’unico scopo di confermare chi sta al potere e lì vuol rimanere.
È noto, ma lo ripeto. Il motore della democrazia liberale è il dissenso, il costante confronto delle idee. Le intese fra le parti alla fine si raggiungono con un “armistizio”: si depongono le armi delle idee inconciliabili e si decide di ragionare sulle soluzioni possibili. A legittimare la democrazia liberale è dunque il pluralismo, è il principio della maggioranza che governa nel rispetto delle minoranze e dei principi costituzionali. Il sistema democratico in altre parole è lo strumento che limita i poteri di chi governa (il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato, ci dice la Costituzione federale). E pure la sovranità popolare non ha un potere illimitato come pretendono i populisti (che ci ripetono che il popolo li ha eletti e quindi comandano come vogliono): vi è la Costituzione che pone i paletti da non oltrepassare. Questo – sia detto per evitare obiezioni immediate – vale sul piano dei principi: nella pratica il funzionamento delle democrazie liberali oggi lascia parecchio a desiderare, e occorre una costante manutenzione per riparare a grosse falle in materia di giustizia sociale che ci fanno pensare che il governo a favore dei molti sia diventato negli ultimi tempi un governo a favore dei pochi. Sul tema, Platone (che notoriamente non tifava per la democrazia) ci ragionò parecchio e certe sue riflessioni sulle nozioni di libertà ed eguaglianza come pure sul tema della competenza, della mediocrità in democrazia e della demagogia sono di straordinaria attualità.
Lo constatiamo tutti. In alcuni Paesi la democrazia ha subito una vistosa distorsione: al principio di maggioranza che governa nel rispetto delle minoranze si è sostituito il potere della maggioranza che vince e in nome del popolo comanda e dispone a favore di una parte e non del tutto. I post o criptofascisti con malcelate velleità autoritarie ci fanno intendere che l’opposizione è piuttosto fastidiosa e la critica è poco gradita. Karl Schmitt, giurista e politologo tedesco morto nel 1985, ha parecchio seguito in questi ambienti: insegna che in politica gli avversari sono dei nemici di cui è bene disfarsi per annullare chi perturba “la tranquillità, la sicurezza e l’ordine” interno. In fondo a tutto ciò, vi è la democrazia illiberale, un paradosso, una contraddizione in termini: Norberto Bobbio informa i distratti che non ci può essere democrazia senza libertà, se muore l’una perisce pure l’altra.
Fatti due conti, sono tanti gli esempi di regimi più o meno democratici che stanno imboccando pericolose derive autoritarie e promuovono l’esclusione, l’ingiustizia sociale, la diseguaglianza. Micromega, rivista di approfondimento politico, al tema ha dedicato un volume (3/2023) e fa un lungo elenco dell’incedere poco incoraggiante delle democrazie illiberali: c’è Orbàn, c’è Erdogan, c’è la deriva teocratica di Israele e poi ci sono quelli dell’autoritarismo soft, quelli che governano come la signora Meloni che non vuole saperne di intendere la democrazia come strumento del “governo limitato”: e infatti vuole cambiare la Costituzione. Questa destra del fascio littorio (mai dismesso) non ammette ovviamente i valori dell’antifascismo che sta alla base di qualsiasi Stato di diritto. Continua a professarsi sincera paladina della democrazia ma di una democrazia afascista: siamo all’obbrobrio concettuale.
Consiglio per un’utile lettura: G. Pedullà – N. Urbinati, Democrazia afascista, Milano, 2024.