Il conflitto per il contratto mantello dell’edilizia è solo un esempio dei tempi che corrono: altre situazioni simili potrebbero verificarsi a breve
Mauro Bernasconi* è un impresario costruttore. Il signor Bernasconi deve sostituire i macchinari che i suoi operai utilizzano nei cantieri. Per poterlo fare gli serve un credito bancario: centomila franchi sarebbero sufficienti. Prima dell’estate si era informato e la banca vicina al suo ufficio gli aveva proposto un tasso d’interesse dell’1,5% annuo. In quel momento non era ancora pronto a concretizzare il tutto, per cui ha temporeggiato. Pochi giorni fa è tornato in banca: gli stessi centomila franchi ora "costano" il 3%.
Al signor Bernasconi poi scade a breve l’ipoteca dello stabile principale della sua ditta. In questo caso le cifre sono parecchio più importanti e pure in questo caso i tassi d’interesse sono raddoppiati, o più. Tra le varie preoccupazioni di questo periodo ci sono anche gli annunciati e pesanti aumenti nella bolletta dell’elettricità. Renata*, moglie di Mauro, che si occupa della contabilità dell’azienda, ha già avvertito suo marito che i conti non tornano.
Quando Bernasconi partecipa all’ultima riunione degli impresari costruttori scopre di non essere l’unico a vivere una situazione del genere. Durante l’incontro riceve pure la comunicazione che, al momento, le trattative a livello nazionale con i sindacati per il rinnovo del contratto mantello del suo settore sono bloccate: i rappresentanti dei lavoratori hanno delle richieste "troppo elevate". Pochi giorni dopo Bernasconi annuisce mentre legge su laRegione l’intervento di Nicola Bagnovini, direttore della sezione ticinese della Ssic: "L’inflazione c’è per tutti, anche per le aziende. Gli aumenti dei costi stanno mettendo in serie difficoltà le imprese, peraltro confrontate con un mercato molto aggressivo che non permette di ricaricare gli oneri accresciuti sui prezzi". Il nostro impresario s’infiamma in particolare quando Bagnovini, verso la fine del pezzo, dice che secondo i sindacati "senza lavoratori non si costruisce nulla, ma anche senza le imprese non ci sono posti di lavoro". Lunedì scorso il cantiere principale della Bernasconi Sa* è rimasto fermo a causa della manifestazione degli operai.
La storia del signor Bernasconi, come una fiaba, porta con sé un messaggio: il contesto, già difficile, si vede aggravato dall’inasprimento della politica monetaria deciso dalla Banca nazionale. La stretta monetaria comporta dei grossi rischi, tra cui l’esacerbarsi di certe tensioni "fondamentali". O meglio: di classe. Infatti, non capita spesso di vedere sfilare per le strade della Capitale qualche migliaio di lavoratori, scesi in piazza per manifestare contro la proposta padronale di rinnovo del contratto nazionale mantello dell’edilizia. A Bellinzona, questa settimana, è andata in scena una mobilitazione rumorosa, con tanto di bandiere e toni duri. La parola ‘sciopero’ si è sentita più volte durante il tragitto, specialmente sotto la sede della Società svizzera impresari costruttori.
Il conflitto nell’edilizia è un esempio: altre situazioni simili potrebbero verificarsi a breve nell’industria, nel commercio e nei servizi. L’idea di un rallentamento economico – che più presto che tardi sfocerà in una vera e propria recessione – quale cura contro l’inflazione fa perdere tutti: lavoratori e imprenditori. Col paradosso d’innescare un "si salvi chi può" che alimenta ulteriormente la dinamica inflazionistica.
*nomi di fantasia