Passa l’impressione, nell’ambito della gestione delle finanze cantonali, che si sia deliberatamente pessimisti al momento di presentare i budget
Che le cifre contenute nel Preventivo 2022 e nel Piano finanziario 2023-2025 fossero un po’ troppo pessimistiche, lo si poteva intuire sin da subito. I documenti-guida della politica economica cantonale sono stati allestiti dal Dfe e presentati dal governo a fine settembre 2021; il contesto imponeva allora una certa cautela: gli strascichi della pandemia pesavano sulle finanze pubbliche e non era ancora del tutto chiaro quanto potesse essere vigorosa e duratura la ripresa in corso, con i primi segnali di tensione nella catena degli approvvigionamenti che cominciavano già a manifestarsi.
La cautela è stata pure ribadita questa settimana dal consigliere di Stato Christian Vitta nella presentazione dell’aggiornamento dei conti 2022, aggiornamento che vede più che dimezzato il disavanzo di esercizio per l’anno corrente: un miglioramento di 40,6 milioni di franchi rispetto al preconsuntivo di fine aprile, nonché uno scostamento di oltre 70 milioni rispetto al Preventivo approvato dal parlamento. Anche nel 2021, per citare il caso più recente, è accaduto qualcosa di simile: si era partiti da -231 milioni per poi chiudere a -58.
Meglio così, viene da dire. Ma solo in parte. Perché in effetti un problema di fondo rimane: le previsioni del Dfe sono uno strumento fondamentale per l’elaborazione delle politiche economiche e, in quanto tali, ne condizionano il dibattito. Le ipotesi formulate nei preventivi e nei piani finanziari sono delle stime che scaturiscono dalla ponderazione di diverse variabili, molte delle quali comprendono un ragionamento politico e non soltanto tecnico. Cosa s’intende? Chi abbia mai gestito la ‘cassa’ in un ente pubblico o in contesti non-profit lo sa bene: le cifre hanno il potere di moderare le aspettative. Passa quindi l’impressione, nell’ambito della gestione delle finanze del Canton Ticino, che si sia deliberatamente pessimisti al momento di presentare i budget.
La replica è scontata: le stime si basano su calcoli matematici, che prendono in considerazione i dati a disposizione al momento di elaborare le previsioni. La matematizzazione dell’economia è, in effetti, un "vecchio trucco" del neoliberismo: il rigore scientifico che viene attribuito a schemi e grafici mira a rendere incontestabili le loro conclusioni. Si tenta, insomma, di far passare l’economia per scienza esatta quando questa rimane essenzialmente sociale.
Ecco un esempio concreto delle conseguenze che comporta questo modo di procedere: "Per poter fare fronte ai bisogni della società, occorrerà un intervento attivo della politica per riportare le finanze su un binario di equilibrio", scriveva Vitta a fine settembre 2021. Da lì al Decreto Morisoli ci è voluto un attimo.
Resta il fatto che dopo aver chiuso l’anno scorso a -58 milioni di franchi, con una previsione per il 2022 a -64,7 e con il già anticipato obiettivo di un Preventivo 2023 con un deficit massimo di 80 milioni, lo spauracchio del mancato rispetto già dal prossimo anno del ‘Freno al disavanzo’ diventa completamente infondato.
In tutto questo è imminente, si dice, la presentazione del Messaggio per la riforma della Legge tributaria, quella che regola la principale fonte di entrate dello Stato. "I decreti lacrime e sangue si fanno dopo il preventivo, gli sgravi ai ricchi dopo il consuntivo", ha scritto in questi giorni dal suo rifugio social un acuto osservatore della realtà ticinese. Non sia mai che abbia pure ragione.