In Gran Consiglio si conferma il quadro uscito dalla Gestione, anche se l‘Udc pare più fredda. Gli 80 milioni di deficit saranno accettati, ‘ma vincolati’
Tutto secondo copione, per ora. Il compromesso trovato dalla maggioranza della Commissione parlamentare della gestione sul Preventivo 2023 pare reggere anche il dibattito in Gran Consiglio e si avvia, domani, a essere approvato. Quello ai 79,5 milioni di franchi di disavanzo sarà un semaforo verde condizionato, ricorda Fiorenzo Dadò (Centro) presidente della Gestione e relatore del rapporto sottoscritto da Lega, Plr, Centro e Udc. Con i democentristi sugli scudi a difendere l’indirizzo di non superare il deficit previsto, e stando a quanto raccolto nei corridoi da ‘laRegione’ non più così graniticamente convinti nel sostenere il rapporto comunque firmato in Gestione. Si vedrà.
In più, al massimo con il Preventivo 2023 – recita il Decreto legislativo che sarà approvato assieme alla previsione dei conti – il Consiglio di Stato dovrà sottoporre al Gran Consiglio un Piano d’azione che preveda nel 2024 un deficit massimo di 40 milioni, e nel 2025 l’equilibrio di bilancio. E c’è l’invito a non superare gli 80 milioni in questo esercizio. Ma tutto ciò era già nei piani del governo. Meno lo era senza dubbio quanto prevede l’articolo 4 del Decreto allegato al Preventivo: "Il Consiglio di Stato incarica un ente esterno e indipendente di svolgere un confronto della spesa pubblica del Cantone con altri Cantoni della Confederazione".
Questo audit esterno sulla spesa per il presidente della Gestione è necessario, dal momento che «l’esperienza insegna come è da ritenersi impossibile un esercizio sulla rivisitazione dei compiti dello Stato e della spesa da parte di governo e parlamento senza il supporto di analisti esterni con occhio disinteressato. Non capisco eventuali paure: perdere sacche di potere dipartimentale? È lampante a tutti che ovunque la macchina statale tende a gonfiarsi, autoalimentarsi e autoconservarsi: serve il coraggio di affidarsi a chi questo esercizio è in grado di farlo. Poi, le scelte finali, spetteranno alla politica».
È una bocciatura su tutta la linea quella che arriva dal relatore del rapporto di minoranza Ivo Durisch. Il capogruppo del Ps, infatti, annota come «manchino la trasparenza e la prudenza necessarie: questo Preventivo si confronta con esigenze della popolazione cui non può rispondere, perché la stessa politica si è dotata del bavaglio del contenimento della spesa e, da anni, attua sgravi fiscali che hanno solo peggiorato la situazione delle finanze».
La contestazione di Durisch muove dal fatto che «l’aumento dei premi cassa malati era già noto, quando è stato licenziato il Preventivo. Così come si sapeva già del disavanzo importante della Bns: eppure, non c’è traccia di tutto questo nelle previsioni dei conti. Chiaro, sotto elezioni nessun partito vuole esporsi, ma si è celata alla popolazione la reale situazione delle finanze pubbliche, e che subito dopo le elezioni i partiti di maggioranza dovranno mettere mano alle forbici per ossequiare il ‘Decreto Morisoli’, incuranti di quello che il paese reale sta vivendo tra incertezza sociale ed economica».
Considerazioni che non fanno breccia nella maggioranza. A partire dalla capogruppo del Plr Alessandra Gianella: «Come parlamento dobbiamo dare un segnale di responsabilità, e bocciare i conti non è essere responsabili». La rotta è tracciata: «Il risanamento delle finanze rimane una priorità importante, la situazione di equilibrio è fondamentale. E interventi correttivi saranno necessari anche nei prossimi anni». In un contesto che non sarà sereno, ricorda Gianella: «Usciamo da una legislatura difficile, con due anni di pandemia e una guerra. E la prossima sarà ancora più complicata: i bisogni della popolazione aumentano, ma i cantieri aperti da anni sono troppi. Sono tante le sfide importanti da affrontare con questo stesso spirito».
A prendere la parola per il Plr «dopo la filippica del Partito socialista» è anche il presidente Alessandro Speziali: «Occorre non tanto spendere, ma investire, dandosi priorità chiare perché una società che cresce può anche redistribuire. Serve investire in infrastrutture, sanità, digitalizzazione, mercato del lavoro. Ci aspettano anni del dovere e del coraggio, le terre che parlano sempre e solo di pretese sono povere di frutti da raccogliere».
Il capogruppo leghista Boris Bignasca dà il via libera al Preventivo «con la soddisfazione per il fatto che ci sia l’indicazione di diminuire la spesa per la gestione degli asilanti, c’è un invito del parlamento a frenare la spesa pubblica e la politica si muove verso altri sgravi. Siamo soddisfatti non tanto per i contenuti, ma per il cambio di rotta che si prospetta».
Dal canto suo invece il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni trova «alcune voci poco convincenti, altre inverosimili. Ma non abbiamo messo mano al risultato nel suo complesso perché non condividiamo come ci si è arrivati, però il totale a -80 milioni è ragionevole». Certo, però «non si intravedono proposte governative sulla spesa». Quindi ben venga questo audit esterno per Agustoni, che «non è mettere sotto tutela il governo, ma al di là di parole gagliarde e sicure non abbiamo mai assistito a un passo verso la revisione della spesa». E, prendendo per buone le cifre del governo, «non servirà una rivoluzione in questo ambito, ma un adattamento senza eccessivi sacrifici».
Netto come da prammatica il democentrista Paolo Pamini che, pure lui, si è scagliato sulla spesa: «Dal 2012 non è stato fatto alcun intervento sistematico, su 12 esercizi contabili solo tre si sono chiusi in attivo. Gonfiando così a dismisura il debito pubblico. La speranza per il 2023 è che non ci sia più un consiglio di direttori di Dipartimenti ma un Consiglio di Stato che veramente prenda il toro per le corna e diriga la barca in maniera congiunta. Almeno un quinto del governo cambierà». Il sì al Preventivo, dicevamo, è dettato dall’indirizzo di non superare gli 80 milioni di deficit messo nero su bianco. Ma da qui a premere il pulsante verde c’è ancora una notte di mezzo.
Il no dei Verdi è motivato così da Samantha Bourgoin: «Non vengono affrontate le sfide che preoccupano la popolazione, come cambiamento climatico e previdenza vecchiaia, e sull’audit esterno sulla spesa significa davvero mettere sotto tutela il governo. Ma a farlo sono i partiti della maggioranza in Consiglio di Stato».
Secco no anche da Mps e Più donne. Per Simona Arigoni «niente giustifica la carnevalata di questo rapporto», per Tamara Merlo «le donne non hanno ancora raggiunto la parità salariale, e sono state respinte due nostre proposte in questa direzione».
Per il presidente del Consiglio di Stato si tratta di un Preventivo da contestualizzare: «Va evidenziato che è stato elaborato in tempi difficili – afferma Claudio Zali –, ovvero nel post-Covid e in un momento in cui infuria la guerra in Europa che ha dato origine a una fiammata inflazionistica dopo 10 anni di deflazione e un periodo segnato da tassi negativi». Nonostante ciò, «il nostro Cantone ha retto, il governo in modo coeso ha saputo tenere dritto il timone in acque difficili. Nessuno è stato lasciato indietro, si sono fatti investimenti e si sono mantenuti gli obiettivi finanziari delle tappe di rientro». Ma in futuro, ammonisce, «non sarà più così», dicendosi al contempo dispiaciuto per lo scetticismo espresso dai gruppi riguardo alle cifre in quanto «l’unica vera incognita è sui soldi della Bns». Per poi aggiungere che «è inutile dolersi su ciò che non c’è in questo Preventivo, ben maggiori sarebbero state le doglianze se si fossero presentate delle misure ora. A breve ci saranno le discussioni per decidere come rispettare gli obiettivi di equilibrio pattuiti per gli anni a venire. Ed è giusto che le facciano i rappresentanti in governo e in parlamento eletti per la prossima legislatura».
Il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta ricorda che siamo confrontati con un nuovo problema, «più di natura strutturale e quindi forse più insidioso». Come governo «ci associamo alla volontà politica del rapporto di maggioranza per un rientro massimo di 40 milioni di disavanzo per il 2024 e un equilibrio per il 2025. Quanto al 2023 ci impegneremo a contenere la crescita della spesa con un obiettivo che deve essere raggiunto secondo l’evoluzione sul fronte economico e della Bns». Dunque tenendo veri i -80 milioni, ma senza un tetto vincolante nel caso non arrivassero i soldi della Bns. Una bussola per capire come agire «l’avremo con il primo preconsuntivo trimestrale di marzo. Lì vedremo l’aria che tira. Sarebbe sbagliato precipitare delle misure drastiche a corto termine, anche se nel frattempo stiamo rallentando le spese». E a questo proposito sottolinea che «serve uno sforzo trasversale anche da parte di tutte le forze politiche in parlamento. Una condivisione non solo rispetto alle misure per il riequilibrio ma anche per la valutazione di temi dell’agenda politica che possano generare nuove spese o minori ricavi». Vitta dunque chiede «coerenza nel prendere decisioni. Se no perdiamo credibilità e capacità di azione per rispondere al meglio alle esigenze di cittadini e aziende nel momento del bisogno».